Attualità
Stiamo sottovalutando la luce
Questione estetica, ma anche ambientale e biologica, la luce artificiale deve essere ripensata con nuovi criteri: ne abbiamo parlato con Bianca Tresoldi, lighting designer.
Il rapporto tra uomo e luce artificiale non è così antico. Dall’invenzione della lampada ad arco in poi, negli anni ’20 dell’Ottocento, la tecnologia ci ha permesso di sconfiggere il buio, ma forse ne abbiamo abusato. Il Nobel per la Medicina del 2017 si è occupato di un tema che ha che fare anche con il modo in cui la luce ha rivoluzionato le nostre vite moderne: quello del ritmo circadiano, ovvero del rapporto tra sonno e veglia. Sempre più ricerche inoltre dimostrano che il modo in cui abbiamo super-illuminato le nostre città ha modificato i comportamenti di alcune specie (compresa la nostra). Secondo Bianca Tresoldi, lighting designer e consigliera dell’Apil, Associazione dei professionisti dell’illuminazione, «occorre ripensare la luce con nuovi criteri» dal macro fino all’interno delle nostre case. L’abbiamo intervistata per parlare di luce.
ⓢ Di che cosa si occupa uno specialista della luce?
Progettare la luce nei luoghi in cui vivono gli uomini, gli animali e le piante: un campo professionale in cui architettura, design, natura, colore, psicologia, sociologia, arte, storia, antropologia, tecnica, normativa, tecnologia convivono e si concretizzano in un unico epilogo “on/off “. Il progetto di luce è uno studio interdisciplinare tra arte e scienza dove le qualità personali, che trascendono dalla specializzazione accademica, sono di primaria importanza. Lo specialista della luce ha un percorso formativo legato all’arte e/o alla scienza ed è una figura professionale che opera nell’indipendenza delle scelte per rispondere a problemi-necessità di migliorare la qualità dell’ambiente e del vivere. Lo specialista di luce non dà consigli per gli acquisti ma risolve tematiche che il committente non è in grado di risolvere. Sempre più “progetti di luce gratis” sono affidati a realtà commerciali e non agli specialisti indipendenti; le conseguenze di questo metodo sono sotto i nostri occhi.
ⓢ Com’è cambiata la percezione della luce e della sua importanza nel corso di questi cento anni?
È una storia iniziata nel XIX secolo con il chimico Humphry Davy e la lampada ad arco, chiamata così perché inviava la corrente elettrica in un arco attraverso uno spazio, un’intensa luce bianca simile a quella di una torcia da saldatore. Questa lampada veniva utilizzata per l’illuminazione pubblica, Lione, Indiana. Nella metà dell’Ottocento nella città di San Jose in California fu costruita una torre alta 24 piani con sopra delle lampade ad arco e gli uccelli confusi ci andarono a sbattere. Ma è da Thomas Alva Edison, con la sua lampada incandescente “illumina il mondo”, che il tramonto non esprime più la fine della vita sociale anzi ne demarca l’inizio. Da allora l’industria ha messo sul mercato infinite lampade a tecnologie sempre più performanti: alogena, scarica, fluorescente, xenon, e ora OLED e LED, illuminare la notte a giorno fino a farla quasi scomparire è stata una bella conquista in termini di progresso e tecnologia, finalmente abbiamo sconfitto il buio, l’oscurità, la notte non è più sinonimo di paura. Nelle fiabe quando il destino deve colpire in modo spietato è sempre la notte presente, la foresta oscura, nani e folletti escono dalle grotte dopo il tramonto, al calare della notte. Questa apprensione e paura è generata dall’ignoto. Illuminare serve ad addomesticare l’ignoto e ad allontanare la paura. Osservando le nostre città si direbbe che nei Paesi industrializzati la paura dell’ignoto sia aumentata negli ultimi decenni: si illuminano chilometri di strade, piazze, parchi, giardini in modo esasperato; la quantità di luce che si sparge nelle città è ormai fuori controllo e va oltre le normali esigenze dell’uomo. Se consideriamo oggi il paesaggio notturno vediamo che si sta trasformato in una confusa, diffusa e talvolta abbagliante luminosità; gli aerei vedono il bagliore delle città da 300 chilometri di distanza, la maggior parte delle città negli Stati Uniti e non solo hanno una quantità di luce per la quale il cielo risulta 10 volte più luminoso di quanto sarebbe normalmente, decine di migliaia di uccelli e insetti sono confusi da questo eccessivo bagliore e muoiono ogni anno schiantandosi sui grattacieli.
ⓢ Come può la luce cambiare le nostre vite? E in che modo?
La vista e quindi la luce condiziona molto la vita quotidiana, anche se la vista è solo uno dei sensi che l’uomo ha in dotazione e non è l’unico responsabile dei cambiamenti della nostra vita. La luce è un materiale da costruzione architettonico, impalpabile ma con una forte struttura; la luce penetrando, diffondendosi sulle strutture ne caratterizza spazio, forma e colore, in accordo con intensità, saturazione e modulazione, la luce è in grado di creare forti impatti emotivi contribuendo al benessere psico-fisico dell’individuo. La luce può diventare una “mappa cognitiva” capace di guidare l’individuo a esplorare l’ambiente aiutandolo ad interpretare la realtà. L’architetto Le Corbusier ha scritto «l’architettura è il gioco sapiente rigoroso e magnifico dei volumi sotto la luce». È per questo motivo che l’uomo ha sempre dato grande importanza alla luce naturale ed elettrica, architetti, ingegneri, lighting designers di tutto il Mondo se ne sono sempre occupati.
ⓢ Quali sono le ricerche più interessanti che in questo momento ci permettono di vedere il tema della luce sotto, per così dire, un’altra luce ?
Numerosi rapporti e ricerche scientifiche in questi ultimi decenni hanno modificato il punto di vista di far luce. Nel 2000 alcuni ricercatori evidenziano e segnalano l’inquinamento luminoso notturno sul nostro pianeta, nascono leggi, nuove prescrizioni e apparecchi illuminanti tecnicamente più idonei, la definizione legislativa lo qualifica come «ogni radiazione di luce diretta al di fuori delle aree a cui essa è funzionalmente dedicata, ed in particolare verso la volta celeste» che alteri i livelli di luce naturali presenti nell’ambiente notturno. Nascono i piani della luce per le città, le amministrazioni pubbliche si interessano al problema e nelle strade scompaiono le armature stradali con il vetro curvo. I continui studi scientifici condotti dai vari team di ricercatori di tutto il mondo, espongono il nuovo atlante mondiale della brillanza artificiale del cielo, l’impatto dell’illuminazione sugli organismi viventi, tomografie dell’atmosfera studiano l’inquinamento luminoso causato dalla luce artificiale e dell’effetto sulla salute umana. Recentemente è stato assegnato il Nobel per la medicina alla scoperta dei meccanismi molecolari che controllano i ritmi circadiani degli organismi viventi. L’onnipresente luce artificiale interrompe sul nostro orologio circadiano, ritmi naturali che il corpo umano ha sviluppato nel corso del tempo, ritmi pensati per controllare più del 15% dei geni che quando non funzionano, come dovrebbero, hanno effetti sulla salute sconcertanti. Il prolungato bagliore e il maltrattamento riservato al sonno sono oggi diventati dominanti nell’economia globale; più o meno come ogni essere vivente anche noi individui siamo confusi da tutta questa luce. Progettare la luce in passato era una azione finalizzata a rendere ottimale la percezione visiva in una determinata attività, ma attualmente il progetto ha una impostazione integrata in cui convergono molti aspetti che sconfinano dal campo illuminotecnico. Dopo la grande sensibilizzazione al risparmio energetico, il mondo ha preso coscienza degli effetti prodotti del prolungato bagliore delle luci artificiali e della scomparsa del buio. Questo non vale solo per gli ambienti esterni ma anche per gli spazi interni. Gli esperti si stanno interrogando sul tipo di danni che sta provocando l’illuminazione artificiale sulla natura e sull’uomo. Alcune risposte sono chiare ed evidenti ma non tutte sono certe e documentate, viviamo in un esperimento costante, che consiste, nello scoprire cosa succede se si espongono gli esseri umani a giorni lunghi come se non ci fosse mai la notte.
ⓢ Qual è la differenza di approccio tra la considerazione della luce in termini macro (il discorso che mi facevi sulle illuminazioni fuori misura della città) rispetto a quelli micro (l’illuminazione casalinga)?
Mi piace ricordare una frase coniata nel 1952 da Ernesto Nathan Rogers: «Dal cucchiaio alla città». Illustra l’approccio tipico di un architetto milanese che nella progettazione di un cucchiaio, una sedia, una lampada, nello stesso giorno si trova a lavorare su un grattacielo. “Dal cucchiaio alla città” definisce il campo di azione del progettista, ampliando l’originario uso simbolico dei due termini il cucchiaio rappresenta l’ambiente interno, lo spazio privato, il prodotto, l’ambito dell’economia; la città rappresenta l’ambiente esterno, pubblico, il sistema, l’ambito della politica. Il metodo progettuale per affrontare entrambi i luoghi è medesimo cambia la scala di complessità dell’intervento. Anche con la luce la metodologia progettuale non cambia tra illuminazione privata e illuminazione pubblica, quello che varia sono regole, leggi e le esigenze; i requisiti che l’illuminazione deve avere sono tanto diversi quanto lo sono le persone e le loro abitudini e variano a seconda del luogo e del tempo. Sempre più persone comprendono l’importanza della luce artificiale pensata, ragionata e progettata, prendono coscienza della realtà che li circonda e non riscontrano nessun valore aggiunto nei quartieri deserti illuminati a giorno. È ora di iniziare a spegnere le luci “rumorose” e di mettere seriamente in primo piano l’individuo, gli animali, le piante, le architetture. Anche il “micro” mondo degli spazi interni e mi riferisco alle case, uffici, chiese, non è esonerato da quanto detto prima anzi, è proprio in questi luoghi dove passiamo gran parte della nostra vita che occorre progettare la luce con nuovi criteri. Illuminare gli spazi della casa significa prendere visione dell’aspetto formale del luogo, dell’arredamento, dei colori, vuol dire prendere coscienza del comportamento e delle abitudini degli individui che abitano la casa, l’obiettivo del lighting designer è disegnare effetti luminosi integrati con l’architettura e l’arredamento, seguendo il gusto e le necessità, il requisito minimo di un progetto è che la luce funzioni, deve adempiere in modo adeguato alle azioni che si svolgono nei vari ambienti e consentire lo svolgimento delle attività quotidiane nelle ore serali e nei casi in cui la luce naturale sia insufficiente senza dimenticare il potenziale emotivo ed evocativo che la luce è in grado di trasmettere allo spazio ricordando che oggi si passa gran parte della nostra vita in spazi chiusi a danno del nostro essenziale bisogno biologico di luce naturale. Negli spazi la luce artificiale non deve essere considerata una semplice integrazione della luce naturale, non è giusto pensare che il ruolo dell’una sia di subentro all’altra con il calare dell’oscurità. In realtà la luce artificiale e quella naturale devono cooperare per gran parte della giornata e con l’avvento del buio, la luce artificiale potrebbe fare assumere allo spazio anche nuove espressioni.
ⓢ Qual è il lavoro dell’Apil?
L’ Associazione dei Progettisti dell’Illuminazione (Apil) riunisce lighting designers italiani che esercitano la libera professione e che hanno, tra i compiti da svolgere, anche quello di diffondere la cultura della luce. Un paio di anni fa, tornando da una settimana di seminari e incontri a cui partecipavano colleghi provenienti da tutto il mondo, ho pensato che Apil dovesse avere una bella e forte iniziativa, così al ritorno è nata “Ri-pensa, Ri-cicla, Ri-lighting”. L’obiettivo dell’iniziativa è spiegare all’attuale mercato che le nuove tecnologie non sono sinonimo di buon progetto, un buon progetto può essere fatto anche con vecchi apparecchi di illuminazione; un buon progetto di luce nasce da una attenta analisi delle esigenze, delle architetture, degli spazi, nasce da uno studio, un’idea, una sperimentazione, una metodologia, una ricerca dei valori culturali, fisiologici, psicologici, sociologici, e da molto altro ancora. Apil dona il progetto di luce a enti e associazioni no profit, che sul territorio Italiano hanno spazi e realtà emarginate, la luce in questi ambienti deve diventare un segno capace di far vivere e lavorare meglio, pensiamo ai ricoveri per anziani, alle comunità di accoglienza a tutti quei luoghi dimenticati dal nostro frenetico mondo lavorativo. Compito di Apil è organizzare un workshop fatto da un capogruppo di progetto, un lighting designer senior, e da giovani lighting designer, che insieme al committente, gli architetti, gli ingegneri redigono il progetto luce dello spazio prescelto. Compito di Apil è coinvolgere aziende produttrici di apparecchi illuminanti a donare all’associazione merce che giace abbandonata nei loro magazzini, tecnologie perfettamente funzionanti ed efficienti che il “mercato capriccioso” non vuole più. Il 1° evento di “Ri-pensa, Ri-cilcla, Ri-lightng” è stato realizzato a Meina (NO). Un bar-ristorante “Ristoro Primavera”, ex circolo del paese restaurato, che è diventato realtà e lavoro per 12 ragazzi con sindrome di Down dell’Associazione genitori bambini Down di Arona AGBD. Oggi Apil sta lavorando al 2° evento: riutilizzo della casa Santa Maria di Moncalvo (AT) – Cascina Graziella, grazie all’Associazione Rinascita e l’Associazione Libera, l’immobile confiscato alla mafia verrà restituito alla comunità locale con un progetto a favore delle donne in situazione di marginalità diventando un centro legale di promozione sociale ed economica. La violenza sulle donne è un crimine, spesso invisibile perché la vittima non denuncia, non si lamenta, non racconta. La violenza lascia dei segni indelebili, queste donne hanno bisogno di un luogo fisico e mentale per recuperare la loro vita; Cascina Graziella diventerà il luogo della cura, della protezione, del cambiamento, dell’autonomia, una casa dove ricominciare. Molti enti e associazioni hanno sottoscritto il protocollo d’intesa e si impegnano a fornire il proprio contributo per la realizzazione del progetto e Apil è molto fiera di farne parte. Anche noi lighting designer vogliamo con la luce, contribuire alla costruzione di questa casa. Una luce pensata non a illuminare la geometria degli spazi ma per queste donne, che hanno fatto un percorso più sfortunato del nostro.