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Il sistema della sicurezza nello Stato islamico

Il sito di news The Daily Beast è riuscito a parlare direttamente con un ex membro dell’Isis. L’uomo, che nella serie di articoli basati sulle sue rivelazioni è indicato col nome fittizio di Abu Khaled, ha ricostruito gran parte del funzionamento dell’apparato della sicurezza dello Stato islamico.

Dopo aver raccontato al giornale statunitense che «i martiri», coloro che decidono di essere coinvolti in missioni suicide, chiedono volontariamente di seguire una preparazione ad hoc per diventare kamikaze (come? Alzando la mano durante i sedicenti corsi di studi teologici che l’Isis obbliga le nuove reclute a frequentare), Abu Khaled ha parlato della struttura dello stato di polizia dell’Isis. Lui prima di disertare faceva parte dell’Amn al-Dawla, l’organizzazione che si occupa del controspionaggio nelle quattro wilayat, le province in cui l’Isis esercita il suo potere; si tratta di una sorta di Fbi, responsabile di perseguire le spie di Stati stranieri e organizzazioni esterne, intercettare le comunicazioni interne fra i jihadisti e gestire il famigerato sistema di detenzione. La fonte del giornale ha rimarcato come la finalità ultima della struttura sia fare in modo che ognuno controlli e sia controllato, promuovendo una cultura del sospetto simile a quella che si respirava nella Stasi tedesca durante la Guerra fredda.

Ci sono altre tre organismi deputati al controllo dell’ordine a Raqqa e dintorni: Amn al-Dakhili è l’equivalente del ministero degli Interni e controlla la vita quotidiana nelle città; Amn al-Askari si occupa dell’intelligence legata ai temi militari (le posizioni nemiche, le capacità militari delle altre città); Amn al-Kharji, infine, è la branca che si occupa dello spionaggio al di fuori dei confini dello Stato islamico, corrompendo esponenti chiave di soggetti esterni e reclutando nuovi agenti e informatori. Abu Khaled ha sottolineato a The Daily Beast che quest’ultima agenzia ha un ruolo cruciale nell’espansione territoriale del gruppo terrorista: spesso ricattare cittadini e funzionari influenti è più efficace di usare la violenza che ormai contraddistingue l’Isis.