Hype ↓
00:46 martedì 1 luglio 2025
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.
La Rai vorrebbe abbandonare Sanremo (il Comune) e trasformare Sanremo (il festival) in un evento itinerante Sono settimane che la tv di Stato (e i discografici) litigano con il Comune: questioni di soldi, pare, che potrebbero portare alla fine del Festival per come lo conosciamo.
La storia del turista norvegese respinto dagli Stati Uniti per un meme su Vance sembrava falsa perché effettivamente lo era Non è stato rimpatriato per le foto salvate sul suo cellulare, ma semplicemente perché ha ammesso di aver consumato stupefacenti.
In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter” Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.
Per sposarsi a Venezia e farsi contestare dai veneziani Bezos ha speso almeno 40 milioni di euro Una cifra assurda che però non gli basta nemmeno per entrare nella Top 5 dei matrimoni più costosi di sempre.

Il rap spiegato ai bianchi

04 Giugno 2011

Di cosa si tratta: Signifying Rappers: Rap and Race in the Urban Present(tradotto in Italia come Il rap spiegato ai bianchi) è un libro scritto da – in ordine alfabetico – Mark Costello e David Foster Wallace, e pubblicato originariamente nel 1990. In Italia è ancora oggi reperibile presso i tipi di minimum fax, impreziosito da una non indispensabile introduzione di Frankie Hi-Nrg.

Cos’era Ieri: Un testo redatto a quattro mani da una coppia di giovani residenti di Boston. Due di queste mani appartenevano a uno degli scrittori prematuramente scomparsi tra i più amati, mitizzati, idealizzati, imitati e svariati altri –ati della letteratura mondiale contemporanea. Le altre due invece appartenevano – e ancora appartengono – a uno scrittore più rapidamente ignorato (la cui prima professione era peraltro in ambito legale), il cui cognome, scritto in grande sulla cover viola del volume minimum fax, spinge talvolta le persone che lo osservano da lontano a chiedersi: “Ma DFW ha scritto un libro con Costello?”. Purtroppo per Mark, intendono Elvis. E a parte questo non c’è molto altro da dire. Ovviamente oltre al fatto che il libro riesce nell’intento che dichiara esplicitamente nel suo titolo (almeno in quello italiano). A spiegare cioè la genesi del rap ai bianchi (o quantomeno a quelli predisposti  e curiosi di farselo spiegare). Imprevedibilmente ci riesce meglio nelle parti scritte da Mark Costello.

Cos’è Oggi: Vent’anni dopo la sua uscita, Il rap spiegato ai bianchicontinua fondamentalmente ad avere due cose interessantida dire; una sulla materia di cui parla e l’altra su uno dei suoi autori: quello più celebre. All’epoca dell’uscita di questo libro, David Foster Wallace era già uno scrittore di prematuro talento, un genio polymath con un romanzo all’attivo,La scopa del sistema (1987) accolto con i crismi del capolavoro, e una raccolta di racconti, La ragazza dai capelli strani (1989), che per certi versi – o almeno secondo chi scrive – resta uno degli apici della sua produzione di fiction, interrotta dal suicidio nel settembre 2008 a 46 anni. Non era ancora l’autore del suo romanzo per eccellenza, Infinite Jest (1996), un’opera di smisurata ambizione e complessità su cui si può dire tutto il contrario di tutto; cosa che peraltro accada abbastanza di rado dal momento che la percentuale di persone che l’hanno terminata è davvero tragicamente bassa. Le 1000 e oltre pagine che lo compongono non hanno aiutato in questo senso e nemmeno il fatto che il romanzo sia in gran parte costruito su continue, lunghissime divagazioni. Potentissime divagazioni dalla trama, su quasi qualunque aspetto dell’esistente entri in contatto con l’ipersensibile attenzione dell’autore; che sia la composizione chimica di un polsino di spugna da tennista o la descrizione del processo di liberazione del THC all’interno delle sinapsi di un maschio adolescente americano bianco. Pagine incredibili su cose simili. Incredibili è proprio la parola giusta. EppureInfinite Jest è un romanzo di fatto interminabile (nel senso esatto del termine). Ecco, questo tipo di divagazione ipercompressa e concentrata sugli aspetti microscopici delle cose, questo continuo inscatolare pensieri dentro altri pensieri – caratteristiche della sensibilità postmoderna che, portate da lui all’estremo, sono diventate la cifra stilistica prevalente di Wallace – le si possono vedere perfettamente all’azione in alcune pagine di questo libro in cui DFW e Mark Costello si scambiano continuamente la penna (rispettivamente sono D. e M.) per… beh per raccontare il fenomeno del rap. Il fatto è che, posto per la prima volta sul terreno del “trattato” pop (un terreno su cui in seguito avrebbe fatto grandi cose), il modo di scrivere e raccontare di Wallace finisce col divagare così tanto, viaggiare di deriva in deriva, intuizione dopo intuizione che a un certo punto il lettore – che presumibilmente se non è interessato al rap ha comprato questo libro perché interessato a Wallace – beh dicevo, il lettore si rende conto che le parti più interessanti, quelle che riescono davvero a raccontare qualcosa, a esporre un pensiero e una linea argomentativa più o meno chiara e convincente riguardo il tema di questo saggio non appartengono a D. , appartengono a M. E questa beh, è una strana scoperta per chi legge questo libro oggi, conoscendo quale diverso peso ha attribuito il tempo ai due autori ed è anche una strana scoperta perché denuncia impeccabilmente che la strategia postmoderna della divagazione e della prevalenza dello stile sul contenuto non può tutto e che forse per sfuggire dalla sua potente fascinazione, per comprenderne meglio alcuni difetti è sufficiente accostargli un controcanto.

L’altro interesse che può suscitare oggi questo libro è di tipo puramente nostalgico specie per gli appassionati di culture e sottoculture nere. Un interesse simile a quello che suscitano la visione di Style Wars o l’ascolto diFight the power , fondamentalmente perché questo libro racconta e analizza il fenomeno del rap nel suo ultimo istante di vita genuina e autonoma – al momento del suo decimo compleanno verso la fine degli anni ’80 – un attimo prima che facesse definitivamente il suo ingresso nel grande gioco mediatico nel corso degli anni ’90. Ed è davvero parecchio strano leggere oggi un libro in cui si parla di Slick Rick come la superstar del momento e degli N.W.A. come gli astri nascenti di un tipo di rap socialmente sempre più inaccettabile. Ma è anche interessante osservare come, mentre appunto Wallace&Costello si sforzano di spiegare i presupposti culturali e razziali dell’hip-hop a un bianco medio di fine anni ’80, intelaiano anche una serie di riflessioni – in realtà queste molto più vicine e comprensibili dal bianco medio fine ’80 – su cose come, per esempio, MTV. Riflessioni che lo sviluppo successivo dei media ha reso oggi del tutto inattuali ma la cui perspicacia e preveggenza lascia sbalorditi specie quando viene trattato (da Mark) il meccanismo pavloviano di associazione mentale tra musica e stati emotivi. Un meccanismo che non avevo mai trovato spiegato così bene e che – almeno secondo chi scrive – è esattamente la ragione più profonda per cui qualunque fenomeno musical/culturale nato come rivoluzionario, a un certo punto viene introiettato dal canone perdendo la sua virulenza; ovvero la ragione per cui il ciclo vitale autentico di qualunque nuovo genere musicale che nasce “contro” non è mai stato superiore ai pochi anni e per cui, oggi, in tempi in cui tramite la rete queste associazioni corrono ancora più rapidamente di prima; questo ciclo vitale si è drammaticamente e ulteriormente accorciato.

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