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15:43 venerdì 14 novembre 2025
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.
L’unica persona ancora convinta che Trump non sapesse niente dei traffici di Epstein è l’addetta stampa della Casa Bianca Nonostante le ultime rivelazioni riguardanti gli Epstein Files, Karoline Leavitt continua a ripetere che «il Presidente non ha fatto nulla di male».

Iconografia di una mora

Il pointillisme di BlackBerry e le mele di Cupertino (che costano di più).

16 Marzo 2012

Non si illumina, non è imperfetta, e rappresenta i comandi più importanti. La mora di Blackberry è un’icona totalmente fredda, algida, pratica che risulta essere una mora solo perché a fianco c’è una ridondante traduzione scritta:  Blackberry, appunto. Mentre nelle prossime settimane l’iLife di Apple si completerà con il leggerissimo nuovo iPad,  con quella mela che continua a fungere da luce eterea, la mora di rovo di Blackberry sembra sempre più anacronistica. Non più uno status symbol da anni Zero che aveva fatto del gruppo canadese il computer da tasca, e neppure più una mirata icona del minimalismo.

Tablet, touch, gusci ergonomici, ovvero il DNA serioso dei Blackberry, neri, nerissimi, rispetto ai figli di Apple, bianchi, bianchissimi:  un  contrasto rimasto invariato e che nasce proprio dalla simbologia utilizzata. Una mora stilizzata (e storta) contro una mela mangiata. Dietro alla nascita di icone del genere «sicuramente si ricercano sempre chiarezza, efficacia ed originalità. E non sempre questa ricerca si conclude con un successo» afferma Luca Lorenzini Deputy Creative Director di Saatchi&Saatchi.

Il rischio era (è?) facile: anche la piccola icona di un brand, principalmente di telefonia, poteva bastare per parlare di classismo. Per cui:  con l’Iphone ci giochi mentre il BB è quello con cui lavori e dove tutto deve essere chiaro da trovare e collocare. Vista l’efficacia che un simbolo ha nel rappresentare questa “classe” entrambe le maison di tecnologia sono cadute sul facile: sul (s)oggetto frutta, basilare e familiare, che ossessioni vegane a parte, non ha  target ed età,  «la frutta è un simbolo familiare, ma porta con sé anche il concetto di semplicità. In fondo quello che dovrebbe essere la tecnologia» conferma Luca Lorenzini.  Apparentemente facile nella scelta di immagine rappresentativa, poi però  ci è voluto pochissimo per cadere nella dietrologia:  per esempio la mora in una tastiera Blackberry corrisponde ai comandi più influenti, inoltrare, cercare, filtrare, un tasto-omnio insomma che riassume il potere delle azioni e che nell’insieme oscuro della tecnologia spunta come piccolo frutto segreto. Come una mora tra i rovi.

Se dell’iconografia di Apple si è lungamente parlato,  a vedere la mora di BlackBerry di certo non si pensa ai simboli food che nei frigoriferi indicano in quali scomparti conservare cosa. Piuttosto un tasto di comando disegnato da sette trattini che in una tecnica di pointillisme 2.0 dovrebbero rappresentare un rustico frutto di bosco.  È possibile che la mela di Apple sia troppo giovane e la mora di Blackberry austera e seriosa? E che il nostro acquisto si basi anche su un semplice simbolo che ci sembra pulito e rigoroso? Secondo Lorenzini, è semplicemente «difficile considerare i loghi senza considerare i prodotti.  Sono un tutt’uno.  Sicuramente Apple è sempre all’avanguardia e si rivolge ad un target giovane.  BlackBerry si rivolge forse ad un target più tradizionalista (se di tradizionalismo si può parlare in campo tecnologico).  Ma non direi che i due loghi di per sé sono giovani o vecchi».

Di certo se l’iPhone è stato smisuratamente emulato nella silhouette, quella mora tanto criptica e snob è stata più copiata del previsto. Perché quando nel 2009 dalla Malesia spuntò il BlueBerry tra le (vero)somiglianze dello smartphone con il gioiellino di Rim, ce n’era una palese nelle intenzioni: il logo, una sorta di molecola che sembrava solo a grandissime linee un mirtillo, e che per questa iconografia troppo astratta, era accompagnato dalla scritta BlueBerry. Una ridondanza che i vari Curve, Bold &co conoscono bene «se è troppo autoreferenziale? – continua Luca Lorenzini- Dipende dalla rappresentazione iconografica. Nel caso di BlackBerry,  per esempio, non credo sia ridondante perché la rappresentazione della mora è molto stilizzata e criptica. In quel caso, il nome dell’oggetto è semplicemente un aiuto alla decodifica dell’immagine».

E se per il Deputy Creative Director di Saatchi&Saatchi la mora di Blackberry non è «troppo stilizzata, direi molto stilizzata» l’immagine del gruppo di cui di base si “chiacchiera” poco e che prima del black out di qualche mese fa non aveva mai dato segni di infallibilità,  è rimasto immutato. Snob, il giusto, tanto da concedersi il solo vezzo di una mora inclinata, che se osservato nel suo lato B sembra quasi un artiglio o il dettaglio gioiello di un clutch in razza. Una mora contro una mela, una sul mercato sa essere una primizia l’altra no. Anche se ora le mele in casa Apple costano smaccatamente di più delle primizie canadesi.

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