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13:16 mercoledì 17 settembre 2025
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.

Far East Film Festival: consuntivo

09 Maggio 2011

Si è concluso a Udine ieri notte, con la vittoria del cinese Afterschock di Feng Xiaogang, il tredicesimo Far East Film Festival, una delle più importanti vetrine a livello mondiale per tutto quello che riguarda il cinema popolare asiatico. Parliamo di 50 nuovi titoli sparsi tra Cina, Hong Kong, Filippine, Corea del Sud, Taiwan, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia e Giappone. A questo si sono aggiunte due interessanti retrospettive. La prima, intitolata Asia Laughs!, dedicata alla riscoperta del cinema comico asiatico, culminata con il primo premio alla carriera dato dal Far East Film Festival.  Il Gelso d’Oro è andato all’eccezionale Michael Hui – per chi ama le semplificazioni, il Jerry Lewis di Hong Kong – dopo la proiezione del suo bellissimo The Private EyesPink Wink invece è il nome che è stato dato all’omaggio che il Festival ha voluto fare a Asakura Daisuke, ovvero le pseudonimo collettivo scelto a metà anni Sessanta dai tre produttori Yamoto Kazuyuki, Nao Shinichi e Satô Keiko, quest’ultima presente a Udine, con cui sono stati firmati i più sperimentali e coraggiosi film erotici e sexploitation della storica casa di produzione Kokuei.

Insomma: tutto molto bello? Certo, assolutamente. Chi scrive è un grossissimo sostenitore del Far East Film Festival, non fosse altro per il fatto che è forse l’unico festival che ci rimane in Italia a concedere tre giorni di ospitalità ai giornalisti. Ma al di là della bieca motivazione economica che ho appena dato, da spettatore compulsivo quale sono, non posso fare altro che sostenere chi organizza una manifestazione cinematografica composta fondamentalmente da titoli che al 98% delle possibilità non vedremo mai nelle nostre sale. Anzi, molti dei titoli qui presentati difficilmente trovano neanche una distribuzione home video italiana. Se non andate a Udine, e volete vedere uno dei film in programma, tocca affidarsi a mercati ben più illuminati del nostro (o abbandonarsi a un downloading matto e disperatissimo). Questo perché il cinema asiatico, come pochi altri, viene ingiustamente considerato “per pochi”, guardato con distacco, pregiudizialmente etichettato come noioso, impegnato, bizzarro, ecc..

Il problema, dispiace dirlo ma “tutto molto italiano”, è duplice: da una parte ci sono le famose penne della nostra critica ufficiale che, quando entrano in contatto con una di queste pellicole, scrivono cose quasi irripetibili. Dispiace fare esempi, ma per rendervi chiaro di cosa sto parlando, vi riporto uno stralcio di una recensione pubblicata su La Repubblica del 10 aprile del 2010 sul nipponico Departures, pellicola che ha vinto non solo l’undicesima edizione del FEFF ma anche l’Oscar come miglior film straniero nel 2009.  ” Il regista, di cui nulla so é Yôjirô Takita, gli attori, attraenti, hanno nomi che non si ricordano, si resta incantati e commossi da questa visione poetica e lieve della morte, dal rispetto per le tradizioni che rendono sontuosa la modernità, e dai tanti inchini e modi cortesi, che sono stati cancellati dal nostro modo di vivere”. Capite? I nomi difficili da ricordare. Ma soprattutto lascia sgomenti l’affanno nel voler trovare in ogni pellicola asiatica una supposta “visione poetica”  o “un rispetto per le tradizioni”. (Per altri presenti in Departures, ma non è questo il punto)

Impossibile però non notare come parte del pubblico del cinema asiatico sia composto da veri e propri hooligans. La folgorazione sulla via per l’est, la scoperta di un’intera cinematografia che come abbiamo visto la quasi totalità dei media che ci circondano non comprende, snobba o giudica come “frivolamente esotica”, porta inevitabilmente a una posizione di strenua difesa da parte del pubblico più oltranzista.  Un tesoro che può essere condiviso solo da iniziati. Non solo: come esistono quelli che ascoltano solo ed unicamente Frank Zappa, ci sono coloro che non vedono nulla che non venga dal mercato asiatico. Volete prendere due sberle? Mettetevi a discutere con un ultrà del cinema di Hong Kong sul valore di The Departed, il remake firmato Martin Scorsese di Infernal Affairs diAndrew LauAlan Mak.

Il Far East Film Festival risulta quindi ancora di più un esempio vincente. Non solo perché riesce a far convivere queste due anime, che qui per una volta si incontrano/scontrano, ma perché i titoli che selezionano prima che “asiatici”, sono “popolari”. La maggioranza delle pellicole che si vedono a Udine sono quelle che hanno sbancato al botteghino del proprio paese d’origine. Alla faccia della fascinazione per ciò che si reputa esotico, al di là di quello che si vuole gelosamente nascondere. Semplicemente cinema.

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