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Vatican Girl, il caso Orlandi per principianti

Netflix prosegue con i suoi tentativi di raccontare storie e misteri d'Italia soprattutto a chi non li conosce già.

di Laura Fontana

La sparizione di Emanuela Orlandi è tra i casi di cronaca nera su cui ci siamo maggiormente ossessionati noi italiani, anche quelli che di solito non frequentano il True Crime. Se solo sapessimo dov’è finita e perché, saremmo illuminati anche su altri enigmi nazionali, dall’attentato al Papa all’assassinio di Roberto Calvi. Emanuela Orlandi è la nostra Laura Palmer, le mura vaticane la nostra Loggia Nera e dopo quasi 40 anni ancora non si dirada la coltre di fascino e mistero di cui si ammanta questo caso. Doverosa premessa per dire che la docu-serie di Netflix Vatican Girl è deludente: non ci sono nuovi indizi né tantomeno prove, non porta nessuna nuova lettura. Si capisce che è pensata per un pubblico che non conosce la vicenda, per i soliti giovani con poca voglia di googlare. È indubbiamente molto cinematografica e con un montaggio accattivante alla Christopher Nolan, in più vengono mostrate foto della famiglia Orlandi che non si erano mai viste. Ma il documentario dà una panoramica grossolana di quanto successo, limitandosi a fare una sintesi delle quattro maggiori piste investigative (terrorismo internazionale, Banda della Magliana, scontro tra fazioni interne al Vaticano, sfondo sessuale), con la partecipazione di due super-testimoni Sabrina Minardi, ex amante di Renatino De Pedis, e Marco Accetti, eclettico fotografo romano auto-accusatosi di essere stato uno dei rapitori. Taglia però fuori dalla ricostruzione alcune fasi cruciali della scomparsa: cos’è successo il pomeriggio del 22 giugno 1983, chi l’ha vista per l’ultima volta, il fatto che altri ragazzi cittadini vaticani furono pedinati o avvicinati da sconosciuti nei mesi precedenti la scomparsa di Emanuela (tra cui una delle sorelle). Non c’è un approfondimento sulla questione dei nastri registrati, non si parla della scomparsa di Alessia Rosati, non si cita né il faccendiere Flavio Carbone, né il ristorante a Torvajanica “Pippo l’Abruzzese”. Insomma, la docu-serie si perde abbastanza presto, travolta dalla quantità impressionante di fatti storici, dettagli, suggestioni, luoghi e si conclude strizzando frettolosamente l’occhio alla pista degli abusi sessuali, in un certo senso quella “più semplice”, ma ad oggi anche quella con meno evidenze.

Vale comunque la pena vederla, come vale la pena tornare sempre sul caso come fa appunto da quasi quarant’anni anche Chi l’ha visto, dove periodicamente mandano in onda il “nastro delle torture” (di cui ad oggi non c’è certezza che sia vero) o una dichiarazione di Pietro Orlandi. La ricomparsa dei manifesti blu con la foto della “ragazza con la fascetta”, da un lato fa storcere il naso per l’effetto marketing applicato a una sparizione, dall’altro è un modo per tenere viva l’attenzione su un cold case che comunque nessuno intende dimenticare, con la soluzione che improvvisamente si avvicina e poi di nuovo si dissolve nel nulla. Così è successo quando è ricomparso il flauto, avvolto in carta di giornale dell’epoca e con un’intervista a Ercole Orlandi in prima pagina, fatto ritrovare da Marco Accetti. Il fotografo è di sicuro tra le figure più strane e controverse, bollato come mitomane un po’ da tutti, da Pietro Orlandi ai PM che hanno lavorato al caso. Eppure, ha fornito una lunga e dettagliata storia, ricostruita dal giornalista Fabrizio Peronaci (che compare nella docu-serie) in due libri Il crimine del secolo e Il ganglio. Ricostruzione sicuramente arzigogolata e piena di simbologia che rimanda a Fatima, ma coerente nella sua mitomania. Il flauto che è stato riconosciuto dalla famiglia l’ha fatto ritrovare lui, inoltre anche i periti fonici di Netflix confermano (come altri precedentemente) che almeno una delle voci che hanno interpretato la parte dell’Amerikano appartiene a Marco Accetti. Eppure, in Vatican Girl, Pietro Orlandi invita tutti a ignorarlo, perché è uno che «si nutre di attenzione» ed è un «malato di istrionismo». Accetti dal canto suo si presenta con un parrucchino e con una bandana stile bandito del Far West, «sennò dicono che voglio solo farmi vedere».

Emanuela Orlandi, una storia popolata di personaggi liminali e creature della notte che agiscono mossi da moventi multipli. «Sembra di essere in un libro di Dan Brown», ma con quel tipo di simbologia più da libri di Stephen King, con i cimiteri romani che si stagliano sullo sfondo e una lunga fila di giornalisti, ossessionati anche loro, che tentano di ricomporre un mistero fatto di più puzzle mischiati e con pezzi andati smarriti. Nella docu-serie si vedono i già citati Purgatori, Fittipaldi, Peronaci ma mancano Tommaso Nelli, Pino Nicotri, Maria Giovanna Maglie che quest’anno ha pubblicato anche lei un libro dedicato, Addio Emanuela. Sempre quest’anno c’è stato un altro colpo di scena, cioè la scoperta che la tomba di Katty Skerl è effettivamente vuota, proprio come aveva fatto intendere Marco Accetti nel 2013, seguito da un incendio a Cinecittà che ha raso al suolo i set di Habemus Papam, dove sempre Accetti diceva che qualcuno aveva nascosto la camicetta della Skerl con la targhetta “Frattina 1982”, indizio che legherebbe i due casi. Qualsiasi fissato col caso Orlandi, se ascoltato, potrebbe essere scambiato per pazzo e mitomane, tanto è una scatola cinese questa storia, infatti non è raro imbattersi, anche in zone marginali di Roma, in paninari o giornalai che non solo hanno la propria tesi sul caso, ma spesso raccontano anche aneddoti personali, di aver assistito a qualcosa o sentito qualcuno, che a sua volta aveva visto o sentito o conosciuto o pagato il caffè a De Pedis, a Marcinkus, all’autista di un qualche altro cardinale, a un cugino lontano di un turco che somigliava ad Ali Ağca.

Insomma, perché non si continua a indagare su Marco Accetti (se volete precipitare nel buco del bianconiglio guardatevi il blog con le sue “opere”, da cui si deduce tra le altre cose che gira di notte per cimiteri) e invece si fa passare per buona la testimonianza di Sabrina Minardi che nell’interrogatorio ufficiale si era contraddetta con date e persone, e aveva ammesso che la droga le aveva devastato la memoria e i ricordi? Sabrina Minardi che regala l’unico nuovo nome del caso, una certa Adelaide, che si sarebbe occupata di Emanuela Orlandi quand’era in ostaggio in una casa a Torvajanica. I cinque fogli finali, invece, quella specie di nota spese sostenute dalla Santa Sede per il “mantenimento” all’estero di Emanuela Orlandi, sono un falso clamoroso: non è firmata, mancano intestazioni ufficiali, vengono usate espressioni che non si usano nella burocrazia vaticana, le persone citate si sono dichiarate estranee ai fatti e nessuno ha le prove per dire il contrario. Eppure, è in virtù di quel falso che viene creduta all’ennesima segnalazione di tomba che va assolutamente scoperchiata. Vengono aperte le tombe di principesse tedesche nel Cimitero Teutonico che fa parte dello Stato Pontificio ma non viene trovato nulla (neanche le principesse), in compenso trovano una cripta di cui nessuno a quanto pare sapeva niente.

Sembra veramente che Emanuela Orlandi quel giorno sia semplicemente volata in cielo, come suggerito da Papa Francesco a pochi giorni dalla sua elezione, incontrando per strada la famiglia Orlandi. Per molti una frase che svelerebbe che in Vaticano sanno, per altri una bergogliata da intendersi tipo «non ne so nulla e neanche voglio saperne nulla, datevi pace». Ma nessuno si darà mai veramente pace in un caso dove ogni dettaglio ne sblocca altri dieci. Uno dei maggiori gruppi su Facebook (qui se volete iscrivervi, dentro ci sono Pino Nicotri e a volte interviene anche Accetti) ha bollato la docu-serie come “ennesimo depistaggio” ma in realtà è più l’ennesimo pescare di Netflix in storie vere che garantiscono un buon hype, con poco contenuto ma ottima fattura, e che indirizza verso certe conclusioni senza esplicitarlo. Le community online vengono stuzzicate e poi lasciate a litigare tra loro, a indignarsi su questa o quella frase, a pretendere che il cattivo della storia venga immediatamente trovato e possibilmente cancellato, pure se la risposta ai segreti della scomparsa di questa ragazza vaticana al momento sta solo in cielo.