Attualità | Rassegna

Di cosa si è parlato questa settimana

Twitter che affonda, Trump che riemerge, Meloni e figlia che volano e le altre notizie degli ultimi giorni.

Social – Twitanic
Non c’è settimana che passi senza un nuovo aggiornamento sullo stato delle cose in quel di Twitter, probabilmente il primo social network della cui implosione siamo tutti testimoni, ovviamente via Twitter stesso. Dopo i licenziamenti, le feature annunciate e poi modificate strada facendo, le ri-assunzioni dei licenziati e i vari exploit di Elon Musk, ovviamente su Twitter, nel momento in cui scriviamo l’hashtag di tendenza è #RipTwitter, sotto al quale si sono raccolti sia i dipendenti rimasti che si starebbero licenziando in massa (con tanto di insulti proiettati sulla sede di San Francisco) sia gli utenti, attoniti e galvanizzati al tempo stesso. Chissà se la prossima settimana davvero Twitter non ci sarà più o se era tutta una burla di Musk.

Stati Uniti – La rivincita del biondo
Dopo tre anni passati a fondare social ai quali non si è iscritto nessuno e a farsi perquisire la casa di Mar-a-Lago dall’Fbi, Donald Trump ha annunciato la ridiscesa in campo. Lo slogan è sempre “Make America Great Again”: un’altra volta, perché evidentemente la prima non era bastata a renderla di nuovo grande abbastanza. Se non fosse per l’anno 2024 scritto sui manifesti, a seguire l’annuncio della seconda venuta viene da pensare si tratti della replica di un comizio del 2016: accuse di corruzione a mezza Washington, descrizioni apocalittiche del declino americano, allusioni al complotto internazionale ai suoi danni. L’unica novità è la definizione che Trump ha fatto del sistema elettorale americano: «da terzo mondo». Lo stesso identico sistema, vale la pena ricordarlo, che lo ha fatto eleggere 45esimo Presidente Usa. E, forse, 47esimo.

Ucraina – Lettere dalla fine del mondo
Se davvero Twitter dovesse chiudere, sarà difficile trovare un’altra piazza così adatta ad accogliere attacchi di panico e crisi isteriche. Quando il prossimo missile, russo o ucraino, d’attacco o di contraerea, cadrà sul territorio di un Paese Nato, dove andremo a salutare amici e conoscenti prima dell’inizio della Terza Guerra Mondiale? Quando il prossimo errore o incidente porterà l’umanità intera con i piedi sulla soglia dell’apocalisse, dove andremo a lasciare la nostra ultima testimonianza? Vedendo quello che è successo durante la triplice crisi Russia-Ucraina-Polonia, viene da sperare che, almeno negli uffici di Twitter, si arrivi alla pace. Abbiamo troppo bisogno di un posto in cui commentare la fine del mondo.

Politica – Nepo baby
In quelle parti di social non frequentate dagli italiani over 30, questa settimana si è molto parlato dell’intervista su Elle Us in cui Lily-Rose Depp, la figlia di Johnny Depp e Vanessa Paradis, ha dichiarato di non capire perché la considerano una “nepo baby” (dove “nepo” sta per “nepotism”) nonostante sia alta meno di un metro e sessanta e sfili per Chanel. Tornando a noi, allora anche la figlia di Giorgia Meloni è tecnicamente una “nepo baby”, in quanto ha partecipato al G20 di Bali solo per il fatto di essere, appunto, la figlia di Giorgia Meloni. E questo è quanto abbiamo da dire sulla polemica.

Altre polemiche – Bastardi senza Giorgia
Forse è un record, essere citato in giudizio da tre diversi esponenti dello stesso governo nello stesso momento. È successo a Saviano, sotto processo per aver definito, rispettivamente, bastardi Meloni e Salvini e galoppino Sangiuliano (quest’ultimo in questi giorni molto impegnato anche a darsi ragione da solo). Per alcuni un attacco agli intellettuali critici, per altri una difesa della reputazione offesa. A dirimere è arrivato Fabrizio Corona con un limpidissimo post Instagram in cui emette sentenza nei confronti di Saviano, accusandolo di aver pure, in passato, scroccato vitto e alloggio a Sciascia e Bufalino. Che, però, sono morti entrambi prima che Saviano compiesse 18 anni. Speriamo anche questo mistero venga chiarito dal processo.

Politica – Al Pd non c’è mai fine
Anche per le candidature alle regionali in Lombardia, il Pd è riuscito a dare il peggio di sé, come se non ci fosse un fondo da toccare. Con la possibilità di inserirsi come terzo incomodo nella guerra Letizia Moratti contro Attilio Fontana, con un candidato spinto da una partecipazione il più possibile aperta (leggi primarie) e incalzato dalla positiva candidatura spontanea (sempre alle eventuali primarie) di Pierfrancesco Maran, dopo giorni di incertezze e silenzi, ha deciso invece di candidare dall’alto un candidato degno ma molto caratterizzato come Pierfrancesco Majorino, che soprattutto per il modo in cui la sua candidatura nasce, rischia di fare quello che il centrosinistra fa in questa regione dal lontanissimo 1992: stare a guardare.