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Il ministro della Cultura Sangiuliano ha twittato di essere d’accordo con se stesso

Il neo ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano si sta evidentemente, comprensibilmente ancora ambientando nel nuovo ruolo. Una cosa alla quale Sangiuliano si deve abituare – lo abbiamo scoperto in queste ore – è sicuramente l’uso saggio e parsimonioso dei social che si richiede a un ministro della Repubblica. La prima e fondamentale regola di questo uso, come hanno imparato già tanti altri politici in passato, è ricordare ai social media manager di fare sempre logout dal profilo istituzionale del ministro loro assistito e di assicurarsi di commentare i suoi tweet e post con i loro profili personali: l’engagement, lo sappiamo, è misura importantissima del successo sui social, ma bisogna prestare molta attenzione perché il minimo errore porta all’immediata ridicolizzazione. Che è quello che sta succedendo al ministro Sangiuliano in seguito a un curioso scambio su Twitter immortalato con uno screenshot dal profilo Crazy Ass Moments in Italian Politics: Sangiuliano prima twitta un articolo del Corriere di Bologna che riporta una sua dichiarazione riguardante la necessità di proteggere come un patrimonio culturale Villa Verdi, poi, subito sotto il primo tweet, risponde a se stesso dicendo «condivido le sue parole». Cioè quelle di Sangiuliano. Dice Sangiuliano. Delle parole di Sangiuliano.

A parte questo imbarazzante caso di soliloquio involontario, in queste prime settimane di governo Meloni, Sangiuliano si è contraddistinto come uno dei ministri più attivi per iniziative e dichiarazioni. Sangiuliano ha dimostrato subito di avere le idee molto chiare quando si tratta di immaginare il presente e soprattutto il futuro della cultura italiana. Innanzitutto, essa ha bisogno di novità, di superare l’incartapecorita egemonia della sinistra e di aprirsi a storie nuove, personaggi diversi, ai miti della destra che alle ultime elezioni abbiamo scoperto, con sorpresa di nessuno, essere maggioranza del Paese. «Io chiederò alla Rai di fare una fiction sulla vita di Indro Montanelli e su quella di Oriana Fallaci», ha detto il ministro annunciando la sua rivoluzione culturale. Solo dopo gli è arrivata la notizia che la Rai una fiction su Fallaci l’ha già fatta nel 2015. E allora Sangiuliano ha rilanciato, dicendo che bisogna smetterla con l’erogazione unilaterale dei fondi per la cultura, sempre e solo a progetti di sinistra. «Se qualcuno vuole fare un film su D’Annunzio o su Pirandello, deve poterlo fare liberamente», ha tuonato il ministro. Proprio come ha fatto Roberto D’Andò, regista che a fine ottobre ha portato nelle sale La stranezza, film in cui Toni Servillo interpreta proprio Luigi Pirandello. Ma anche questa notizia deve essere giunta in ritardo al neo ministro, che evidentemente, comprensibilmente si sta ancora ambientando nel nuovo ruolo.