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02:28 martedì 1 luglio 2025
Una delle band più popolari su Spotify nell’ultimo mese è un gruppo psych rock generato dall’AI Trecentomila ascoltatori mensili per i Velvet Sundown, che fanno canzoni abbastanza brutte e soprattutto non esistono davvero.
A Bologna hanno istituito dei “rifugi climatici” per aiutare le persone ad affrontare il caldo E a Napoli un ospedale ha organizzato percorsi dedicati ai ricoveri per colpi di calore. La crisi climatica è una problema amministrativo e sanitario, ormai.
Tra i contenuti speciali del vinile di Virgin c’è anche una foto del pube di Lorde Almeno, secondo le più accreditate teorie elaborate sui social sarebbe il suo e la fotografia l'avrebbe scattata Talia Chetrit.
Con dei cori pro Palestina e contro l’IDF, i Bob Vylan hanno scatenato una delle peggiori shitstorm della storia di Glastonbury Accusati di hate speech da Starmer, licenziati dalla loro agenzia, cancellati da Bbc: tre giorni piuttosto intensi, per il duo.
La Rai vorrebbe abbandonare Sanremo (il Comune) e trasformare Sanremo (il festival) in un evento itinerante Sono settimane che la tv di Stato (e i discografici) litigano con il Comune: questioni di soldi, pare, che potrebbero portare alla fine del Festival per come lo conosciamo.
La storia del turista norvegese respinto dagli Stati Uniti per un meme su Vance sembrava falsa perché effettivamente lo era Non è stato rimpatriato per le foto salvate sul suo cellulare, ma semplicemente perché ha ammesso di aver consumato stupefacenti.
In Giappone è stato condannato a morte il famigerato “killer di Twitter” Takahiro Shiraishi è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di nove ragazze. Erano tre anni che nel Paese non veniva eseguita nessuna pena capitale.
Per sposarsi a Venezia e farsi contestare dai veneziani Bezos ha speso almeno 40 milioni di euro Una cifra assurda che però non gli basta nemmeno per entrare nella Top 5 dei matrimoni più costosi di sempre.

Corviale, le Vele, lo Zen

28 Giugno 2011

Di cosa si tratta: Il Corviale, le Vele e lo Zen sono tre complessi/strutture /quartieri residenziali di edilizia popolare che si trovano rispettivamente a Roma, Napoli e Palermo, edificati a cavallo tra anni ’60 e ’70 sotto l’egida di I.A.C.P. (Istituto Autonomo Case Popolari) secondo principi architettonici/urbanistici ispirati a Le Corbusier, al Neorealismo Architettonico, al Razionalismo Italiano, al Brutalismo e al Macrostrutturalismo.

Cos’erano Ieri: Una scommessa contro quelli che, in un’intervista dell’epoca, Mario Fiorentino architetto responsabile di Corviale, definiva “gli schemi super testati che l’edilizia pubblica in Italia ha accettato”. Rispetto a essi, Corviale rappresentava “la strada della sperimentazione”; un approccio semi-inedito, per il nostro paese, all’architettura e all’urbanistica, una fusione delle due discipline in un’unica “macchina per abitare”: l’edificio/città, l’alveare residenziale strutturato a partire da singole unità abitative sul modello de “les unitès d’habitation” di Le Corbusier: le cellule fondamentali di un organismo pluricellulare estensibile all’infinito delle necessità urbanistiche e abitative. Fu – o almeno lo voglio immaginare – con entusiasmo sincero e un armamentario di buone intenzioni che alcuni protagonisti del dibattito architettonico/urbanistico italiano a cavallo tra ’50 e ’60, raccolsero queste idee e le introdussero nel nostro paese, per dare risposte innovative al problema dell’edilizia civile prodotto dal boom demografico di quegli anni.

Fu così che – nelle periferie di diverse città italiane – spuntarono una serie di enclavi residenziali indipendenti, dotate di servizi autonomi (uffici comunali, Usl, negozi) integrati all’interno di un unico spazio edificato. Nelle intenzioni dei loro “demiurghi”, questi complessi avrebbero dato alloggio al maggior numero di famiglie possibile, garantendo contemporaneamente condizioni di vita dignitose ed efficienti in un contesto edilizio “predisposto” ad agevolarne l’inserimento.  Tra queste enclavi, le più celebri restano il Serpentone di un km ininterrotto di cemento armato costruito a Corviale (1972), gli edifici (oggi ne sono sopravvissute solo due) a forma di “Vela” di Scampia (1962 – 1975) e il quartiere ZEN (acronimo di Zona Espansione Nord) di Palermo (1969). Testimoniano di una scommessa – compiuta all’epoca della loro costruzione – più simile a un atto di fede che a un’utopia, sono i figli di una concezione dell’ “abitare come movimento eroico (…) che avrebbe fatto prevalere gli interessi collettivi su quelli privati” come scrive Franco Purini a proposito dell’idea di architettura che aveva Mario Fiorentini.

Cosa sono Oggi: A 40 anni dalla loro costruzione, Corviale, le Vele e lo Zen sono le vestigia residue di una macroscopica distopia: l’edilizia civile nostrana calata dall’alto cielo di principii nati e funzionati altrove (i modelli erano quartieri/costruzioni francesi e svedesi). Secondo alcuni, tra cui Massimiliano Fuksas, andrebbero abbattute immediatamente. Secondo altri – come l’australo-greco Salingaros – rappresentano archivi di idee che meritano il beneficio della bonifica. In attesa di scoprire che ne sarà di loro, per il momento sono complessi residenziali entrati nella leggenda del degrado sociale e dell’incuria di Stato; memorie della storica distanza tra politica e territorio in Italia. Distanza qui è quasi sinonimo di assenza.

Consegnate chiavi in mano da architetti visionari a gestori disinteressati, rapidamente si sono trasformate in circoscrizioni di crimine ed emarginazione, famigerate anche fuori dei nostri confini, e per questo immortalate da fotografi, scrittori e registi come accade a certe favela. È il caso in particolare delle Vele, ormai note a tutti per essere state il set di Gomorra (divenuto quasi un sinonimo di Scampia, dove la disoccupazione raggiunge il 75%).

Un’altra cosa che mi colpisce di Corviale, le Vele e lo Zen è che sembrano (sembrano!) rivelare fin dai loro nomi una densità problematica, quasi un destino: una suggestione che si verifica a volte con la toponomastica dei luoghi di guerra o di grandi tragedie. La loro grande tragedia (che è insieme anche il loro fascino) è quella di essersi trasformate in cattedrali postapocalittiche; mostruosi concistori di cemento dove, in ogni istante, si riaffermano – in forma di autoevidenza – le ragioni per cui le teorie (da sole) non salveranno il mondo; tombe delle migliori intenzioni finite a muri scrostati, vetri frantumati e armature di ferro a vista.

Ma, forse più di tutto, essi gettano un luce di tetraggine sull’arroganza fondamentale e sul versante osceno della grande architettura, ben riassunto da questa frase di Rem Koolhass: “fare in modo che il mondo accetti visioni che esso non vuole, costruendole”.

Nell’immagine, il Corviale, via corviale.it

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