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L’algoritmo di Amazon ci fa spendere di più, dice Pro Publica

Se vi è capitato di riempire il carrello di Amazon e di ritrovarvi a spendere più di quanto avreste immaginato, potrebbe non essere esclusivamente colpa della vostra scarsa parsimonia. Secondo i dati di Pro Publica, piattaforma no profit di giornalismo investigativo, non è molto chiaro come i prodotti finiscano nella buy box, la parte della pagina di un prodotto che consiglia elementi selezionati direttamente dal sito di e-commerce.

Per calcolare il miglior prodotto e proporlo di default al consumatore, Amazon utilizza un algoritmo che screma fra molti rivenditori e seleziona quelli che appariranno in buy box, che è perciò una posizione molto ambita: per accedervi bisogna rispettare alcuni criteri imposti dal sito. Per far luce su come funziona il famigerato algoritmo, Pro Publica ha creato un programma che simula di essere un cliente (non membro di Amazon Prime, il servizio che permette di pagare meno, o non pagare, le spese di spedizione), che risiede a Brooklyn. Durante la scorsa estate, il programma ha passato in rassegna oltre duecentocinquanta prodotti, da quelli elettronici agli articoli per la casa, e ha trovato che se l’utente avesse aggiunto al carrello tutti i consigli di Amazon, avrebbe speso in media il 20% in più di quanto avrebbe fatto acquistando gli stessi prodotti al loro prezzo più basso presente sulla piattaforma. La differenza tra il prodotto raccomandato e il suo prezzo più competitivo, in media, è risultata essere di circa 8 dollari.

Warehouse Distribution Centre For Amazon Online Retailers

Come riporta Quartz, da Amazon hanno fatto sapere che il prezzo non è l’unico criterio che permette di accedere all’agognatissima buy box: vengono presi in considerazione anche la percentuale di ordini accettati, processati e consegnati senza problemi, la percentuale di ordini che hanno prodotto feedback negativi, il numero di ordini confermati e quelli rimborsati al consumatore. Per poter conquistare un posto in buy box, molti rivenditori accettano di essere «fulfilled by Amazon», ovvero che il sito si occupi ad esempio della spedizione e della consegna, cedendo così ad Amazon una percentuale che varia fra il 10 e il 20% dei soldi delle vendite. Come specificano da Pro Publica, Amazon non è certo l’unica compagnia in cui il funzionamento di meccanismi non è chiaro: la Commissione europea, ad esempio, sta investigando il servizio di comparazione fra retailer di Google, che sembra favorire Google Shopping a scapito degli altri rivenditori. L’indagine è ancora in corso.

In testata: foto di Rachel Murray/Getty Images per Amazon