Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Come si beve un Kir Royal
Il classico coktail francese: vita, morte e miracoli di un drink blasonato
L’ultima volta che ho sentito pronunciare “kir royale” (o “royal”, entrambi sono validi) è stato al bar di Wanna Marchi, lì dietro la Stazione Centrale, tra il déco e il cemento – lo ordinava un amico, eravamo in avanscoperta per sapere se quella storia dell’imbonitrice diventata cassiera era vera, ed era vera. Come dire: il cocktail che si sorseggiava, che so, a Cap d’Antibes, come dentro a una storia di Somerset Maugham, finito nelle mani di un’urlatrice da nono canale. Certo, anche l’aggettivo “royale” non aiuta: roba che fa a botte con l’Austerity, ormai buona solo per segnalare nuove decadenze. Ci hanno insegnato da un pezzo che dobbiamo riscoprire i prosecchi a chilometro zero, non cedere a velleitarie spruzzatine di champagne.
La storiella del kir (nato povero, senza “royale”) è assai edificante. Digione, anni Cinquanta, ben poco da fare si può immaginare, soprattutto se si è abate di professione. Il nostro uomo è Kir, appunto, sacerdote dedito all’alcol come molti suoi confratelli. La crema di cassis – ribes, e alcol, e tanto zucchero, un mezzo anno secco di fermentazione – l’avrà avuta in qualche dispensa dell’abbazia, il vino bianco da quelle parti non mancava, ed ecco servito l’aperitivo agli ospiti (che ospiti avrà mai avuto l’abate Kir, e a cui per giunta offrire un aperitivo, questo non è dato saperlo).
Poi è venuto il Boom, i boom, nel mondo galoppante là fuori dall’abbazia, il vino bianco è diventato qualche sorso di Moët et Chandon ghiacciato, la bevanda da refettorio (si fa per dire) si è trasformata in un cocktail alla moda, il “kir” nella sua accezione più famosa si è preso con sé l’aggettivo “royale” e con gli anni è diventato sinonimo di lusso ma sempre prêt-à-porter, e jamesbondismo (senza nulla togliere al vodka martini, si capisce), e vacanze in villa. Tanto per fare un esempio, googlando oggi quelle due parole si scopre che sono il nome di un cottage quattro camere e quattro bagni (e mezzo) a St. Barts, Caraibi, la più wannabe delle villeggiature.
Tradizione e nuovi perlage, dandysmo e upgrade sociale, lo amava, pare, il fu presidente Charles De Gaulle, mica un endorsement qualsiasi. Pure Brian Ferry lo amava, e tanto basta. Oggi “fa” troppo Montecarlo, o forse faceva, ché questo non è più un mondo da paradisi fiscali. Oggi si ordina nei bar dietro la stazione, è servito dalle mani di una signora coi capelli troppo rossi, non come il colore originale, un Bellini più carico, come s’intonava bene, una volta, ai foulard che svolazzavano sulla Côte.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.