Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Perché le piante di Chernobyl non sono morte?
Grazie all’acclamata serie Chernobyl, approdata su Sky Atlantic il 10 giugno, si è tornato a parlare del disastro nucleare del 1986. Prodotta da Sky e Hbo e già riconosciuta come la serie più apprezzata di tutti i tempi, Chernobyl non ha la pretesa di aderire ai fatti realmente accaduti ma si presenta piuttosto come un film dell’orrore che cerca di condurre lo spettatore nell’atmosfera emotiva di quei giorni terribili (ne parlavamo qui). L’entusiasmo per la mini-serie ha riportato la cosiddetta zona di alienazione al centro dell’attenzione. L’area, che copre un raggio di 30 km intorno alla centrale, non è affatto priva di vita: lupi, orsi, cinghiali e molte altre specie di mammiferi e uccelli vivono lì. Ma a destare stupore sono le rigogliose foreste che circondano la vecchia centrale nucleare (si vedono bene in questo video del 2014, “Postcards from Pripyat, Chernobyl”, girato con un drone). Come mai le piante sono così resistenti?
La risposta, scrive Stuart Thompson su The Conversation, è nella loro flessibilità. La maggior parte delle parti della cellula di un animale sono sostituibili se danneggiate, ma non il Dna: a dosi di radiazioni elevate, il Dna diventa confuso e le cellule muoiono rapidamente. Dosi più basse possono causare danni più sottili sotto forma di mutazioni nel modo in cui la cellula funziona, ad esempio causandone la cancerizzazione, la moltiplicazione incontrollata e la diffusione in altre parti del corpo. Negli animali questo è spesso fatale, perché il loro sistema cellulare è altamente specializzato e inflessibile. La biologia animale (e umana) è una macchina complessa in cui ogni organo ha un luogo e uno scopo ed è necessario che tutte le parti funzionino e collaborino affinché l’individuo sopravviva.
Le piante sono diverse: si sviluppano in un modo molto più flessibile e organico. Poiché non possono muoversi, non hanno altra scelta che adattarsi alle circostanze in cui si trovano. Piuttosto che avere una struttura definita come un animale, sviluppano la loro struttura man mano che crescono. Il fatto che coltivino radici più profonde o uno stelo più alto, sottolinea Thompson, dipende dall’equilibrio dei segnali chimici provenienti da altre parti della pianta e dalle condizioni di luce, temperatura, acqua e nutrienti. Oltre a questa innata resistenza alle radiazioni, alcune piante nella zona di esclusione di Chernobyl sembrano aver utilizzato meccanismi aggiuntivi per proteggere il loro Dna, modificando la loro chimica per renderlo più resistente ai danni e attivando sistemi risalenti all’era primordiale, quando le radiazioni sulla terra erano molto più alte di oggi.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.