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05:57 lunedì 23 giugno 2025
Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

Perché le piante di Chernobyl non sono morte?

01 Luglio 2019

Grazie all’acclamata serie Chernobyl, approdata su Sky Atlantic il 10 giugno, si è tornato a parlare del disastro nucleare del 1986. Prodotta da Sky e Hbo e già riconosciuta come la serie più apprezzata di tutti i tempi, Chernobyl non ha la pretesa di aderire ai fatti realmente accaduti ma si presenta piuttosto come un film dell’orrore che cerca di condurre lo spettatore nell’atmosfera emotiva di quei giorni terribili (ne parlavamo qui). L’entusiasmo per la mini-serie ha riportato la cosiddetta zona di alienazione al centro dell’attenzione. L’area, che copre un raggio di 30 km intorno alla centrale, non è affatto priva di vita: lupi, orsi, cinghiali e molte altre specie di mammiferi e uccelli vivono lì. Ma a destare stupore sono le rigogliose foreste che circondano la vecchia centrale nucleare (si vedono bene in questo video del 2014, “Postcards from Pripyat, Chernobyl”, girato con un drone). Come mai le piante sono così resistenti?

La risposta, scrive Stuart Thompson su The Conversation, è nella loro flessibilità. La maggior parte delle parti della cellula di un animale sono sostituibili se danneggiate, ma non il Dna: a dosi di radiazioni elevate, il Dna diventa confuso e le cellule muoiono rapidamente. Dosi più basse possono causare danni più sottili sotto forma di mutazioni nel modo in cui la cellula funziona, ad esempio causandone la cancerizzazione, la moltiplicazione incontrollata e la diffusione in altre parti del corpo. Negli animali questo è spesso fatale, perché il loro sistema cellulare è altamente specializzato e inflessibile. La biologia animale (e umana) è una macchina complessa in cui ogni organo ha un luogo e uno scopo ed è necessario che tutte le parti funzionino e collaborino affinché l’individuo sopravviva.

Le piante sono diverse: si sviluppano in un modo molto più flessibile e organico. Poiché non possono muoversi, non hanno altra scelta che adattarsi alle circostanze in cui si trovano. Piuttosto che avere una struttura definita come un animale, sviluppano la loro struttura man mano che crescono. Il fatto che coltivino radici più profonde o uno stelo più alto, sottolinea Thompson, dipende dall’equilibrio dei segnali chimici provenienti da altre parti della pianta e dalle condizioni di luce, temperatura, acqua e nutrienti. Oltre a questa innata resistenza alle radiazioni, alcune piante nella zona di esclusione di Chernobyl sembrano aver utilizzato meccanismi aggiuntivi per proteggere il loro Dna, modificando la loro chimica per renderlo più resistente ai danni e attivando sistemi risalenti all’era primordiale, quando le radiazioni sulla terra erano molto più alte di oggi.

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