Attualità
Vi rendete conto di chi state crocifiggendo?
Giovani, carine, in cerca di qualcosa in cui credere: gli omicidi di Charles Manson attraverso le sue ragazze, che hanno ispirato anche il romanzo di Emma Cline.
Le ragazze di Emma Cline (Einaudi Stile Libero) tra i libri più recensiti dalla critica e acclamati dal pubblico nel 2016, è un romanzo ispirato ai delitti della Famiglia, la comune di cui Charles Manson si servì per commettere i suoi folli omicidi nell’agosto del 1969. Qui ripercorriamo il ruolo femminile in quelle vicende oggi sinistramente leggendarie, attraverso deposizioni, storie, vite di persone che si sono fatte plagiare da uno dei peggiori assassini del Ventesimo secolo.
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Le ragazze
Le ragazze hanno nomi inventati. Si fanno chiamare Louella Maxwell Alexandria, Manon Minette, Donna Kay, Elizabeth Elaine, Linda Baldwin… Vogliono dimenticare il passato. Vogliono avere una mente libera. Sono giovani, carine, in rottura con ogni forma di autorità. Hanno un sacco di cose da odiare e cercano disperatamente qualcosa in cui credere. A un certo punto della loro vita è sembrato che tutte — come per effetto di uno strano incantesimo, oppure di una stregoneria — si trovassero a girovagare per le strade di San Francisco. Per conoscere un uomo. Un certo Charlie. Dirà una di loro: «Una sera Charlie mi ha chiesto se avevo mai fatto l’amore con mio padre. Io l’ho guardato e quasi sorridendo ho risposto: No. E lui mi ha detto: Ti sei mai immaginata di fare l’amore con tuo padre? Io ho risposto: Sì. E lui mi ha detto: Bene, adesso, quando facciamo l’amore, immaginati che io sia tuo padre. Io l’ho fatto, ed è stata un’esperienza meravigliosa. Charlie mi ha dato la fiducia in me stessa necessaria per potermi riconoscere come donna». Charlie è Charles Manson. Il controllo che Charles Manson esercita su queste ragazze non passa attraverso la somministrazione di sostanze psicotrope, ma attraverso il sesso. Charlie riduce a brandelli gli ultimi scampoli della moralità di queste ragazze: infrange i loro tabù, vanifica l’effetto dei loro freni inibitori. Riesce, alla fine, ad avere la meglio sulla loro forza di volontà. Riesce a comandarle. Riesce a spingerle all’omicidio.
Il caso Tate
Al 10050 di Cielo Drive c’è una bella villa di proprietà di Roman Polanski e di sua moglie Sharon Tate. È il 9 agosto 1969. Alle otto del mattino Winifred Chapman, la governante, scopre che in casa c’è sangue ovunque. C’è anche una scritta, «PIG», segnata sulla parte inferiore della porta d’ingresso. E ci sono dei corpi. Dei cadaveri. Sono cinque. Due sono all’esterno: Abigail Folger sta a faccia in giù, in una camicia da notte completamente imbrattata di sangue, mentre Voytek Frykowski è steso su un fianco, con la testa, il viso, il petto e gli arti martoriati da un’impressionante quantità di ferite da taglio. Altri due corpi sono in soggiorno. Qui, se possibile, l’orrore è ancora maggiore: Sharon Tate è rannicchiata in posizione fetale, ha il collo stritolato da una corda di nylon il cui capo (fatto passare sopra a una trave del soffitto) sta avvolto intorno alla gola di Jay Sebring. Quest’ultimo, come se non bastasse, tiene il volto nascosto da un asciugamano insanguinato. Tre corpi su cinque hanno subito ferite d’arma da fuoco. Tutti sono stati accoltellati. Eccezione fatta per il quinto, ancora non identificato, in una Rambler bianca parcheggiata nel vialetto. Si tratta di Steve Parent, un ragazzo appassionato di musica e giradischi che la sera aveva cercato di vendere una radio a William Garretson, il custode del 10050 di Cielo Drive.
Il caso LaBianca
Alle 22.35 di domenica 10 agosto, a seguito di una telefonata, la polizia ispeziona il 3310 di Waverley Drive, l’abitazione di Leno e Rosemary LaBianca — lui quarantaquattro anni, presidente di una catena di supermercati, lei trentotto anni, proprietaria di un negozio di vestiti situato in Downtown Los Angeles, la Boutique Carriage. Trova prima il corpo di Leno: in soggiorno, disteso sulla schiena, con addosso il pigiama e un forchettone a due punte con il manico d’avorio conficcato nel ventre. Poi quello di Rosemary, in camera da letto, riverso in una pozza di sangue, con le gambe e la schiena nude. Entrambe le vittime sono state accoltellate e strangolate. L’assassino ha utilizzato i cavi elettrici di una coppia di lampade domestiche. Inoltre, ci sono dei punti – per esempio sulle pareti del salotto, oppure accanto al frigo in cucina – ricoperti di strane scritte fatte con il sangue. Una dice: «DEATH TO PIGS». Un’altra: «RISE». Un’altra ancora: «HEALTER SKELTER (sic)».
Le indagini
La polizia di Los Angeles, all’inizio, segue due piste. Pensano che c’entri la droga (per il caso Tate) e la mafia (per il caso LaBianca). Si sbaglia. Domenica 18 agosto sulla pagina locale del Los Angeles Times compaiono tre notizie: “Anatomia di un omicidio plurimo a Hollywood” (sul Caso Tate), “Il funerale dei coniugi LaBianca”, e poi, nella colonna a sinistra: “Blitz della polizia in un ranch. Arrestati ventisei sospetti di una banda di ladri d’auto”. Il Los Angeles Times non riporta nessuno dei nomi fermati, ma tra di loro c’è un certo Charles Manson. Si dovrà attendere il 15 ottobre perché la polizia riesca a collegare i delitti.
Le rivelazioni
A seguito di un’irruzione armata all’interno di un ranch nella Death Valley agli inizi di ottobre ventiquattro persone, sulla base di accuse che vanno dal furto all’incendio doloso, vengono arrestate. Durante l’ispezione una coppia di ragazze spunta da dietro a un cespuglio. Hanno entrambe un’aria terrorizzata. Dicono di temere per la loro vita e che stanno provando a scappare dalla Famiglia. Una di loro si chiama Kitty Lutesinger. Kitty ha diciassette anni, è incinta al quinto mese, ed è la ragazza di un certo Bobby Beausoleil. Durante l’interrogatorio, Kitty afferma di non voler più far parte della Famiglia, anche perché una sera ha sentito il suo leader ordinare al suo fidanzato di recarsi assieme a una certa Susan Atkins a casa di un loro amico, George Hinman, per farsi dare dei soldi. Le cose, poi, si sono messe molto male per Hinman. Kitty, inoltre, rivela di aver sentito parlare di un’altra «zuffa», avvenuta intorno ai primi di agosto, durante la quale Susan Atkins — di nuovo lei — è stata costretta ad accoltellare più e più volte un uomo alle gambe. Pare tutto assurdo: Susan Atkins fa parte degli arrestati dell’irruzione al Barker Ranch ed è ancora in custodia. Viene interrogata e, sorpresa, Susan conferma quanto detto da Kitty Lutesinger. Secondo Kitty, Susan Atkins ha detto di aver accoltellato un uomo alle gambe almeno quattro o cinque volte. Il corpo di Gary Hinman non è stato accoltellato alle gambe. Quello di Leno LaBianca, invece, sì.
Susan
È il primo novembre 1969. Susan Denise Atkins (nome finto: Sadie Mae Glutz) viene rinchiusa nel penitenziario femminile di Los Angeles. Ha due compagne di cella. Usando un tono di voce piatto e monocorde, ammette di essere accusata di omicidio di primo grado (per il Caso Hinman) e di far parte della Famiglia. «Nella Famiglia», continua Susan, «Charlie è nostro padre, il nostro unico amore. Una volta mi ha portata nel deserto, in una grotta di cui lui è il solo a conoscere l’entrata, davanti a una porta al di là della quale si trova il centro della terra. Tu non lo sai, ma il centro della terra è popolato da una civiltà antichissima, e ovviamente Charles sa tutte queste cose perché lui è Gesù Cristo». Con il passare dei giorni, le confessioni di Susan Denise Atkins si fanno sempre più compromettenti. Le compagne di cella, tuttavia, non si limitano ad ascoltare. Fanno anche domande. Vogliono sapere perché. Susan: «Volevamo commettere un crimine che avrebbe scioccato l’umanità e il pianeta. Abbiamo scelto la casa di Sharon Tate per un motivo molto semplice: era piuttosto isolata. Sharon è stata l’ultima a morire. Mi guardava con gli occhi spalancati e continuava a ripetere: “Ti prego, non uccidermi. Non uccidermi. Non voglio morire. Voglio vivere. Voglio avere il mio bambino. Voglio avere il mio bambino. Il mio bambino”. Le ho detto: “Guarda, puttana, non mi importa niente di te. Non mi importa se stai per avere un bambino. È meglio che ti prepari. Stai per morire, e a me non frega niente”. È morta nel giro di qualche minuto. Quando mi sono accorta di avere un po’ del suo sangue sulla mano, l’ho leccato per assaggiarlo. Wow, che trip! Avete mai assaggiato il sangue? È caldo, appiccicoso e saporito».
La Famiglia
La Famiglia nasce a San Francisco. Charles Manson, dopo una vita passata a fare dentro e fuori da veri istituti carcerari, vive alla giornata, suonando la chitarra e chiedendo l’elemosina. Il suo passatempo preferito è starsene seduto davanti all’ingresso della Sather Gate, l’University della California. È qui che incontra Mary Brunner. Mary Brunner, ventisei anni, è considerata il primo membro della Famiglia. Lavora come assistente bibliotecaria presso la Sather Gate. È una ragazza poco attraente, per niente abituata a riceve le attenzioni dai ragazzi. Manson, però, la corteggia, e nel giro di qualche giorno i due si mettono assieme. Le cose, tuttavia, vanno male: Manson si trasferisce nell’appartamento di Mary ma lo usa unicamente per portarci altre ragazze. Mary, all’inizio, protesta. Poi lo lascia fare. Le ragazze di Manson, nel frattempo, diventano una ventina. Un giorno Manson le porta tutte «in cerca di un luogo dove sottrarsi all’Uomo». Destinazione: Los Angeles. Per diversi mesi vivono al 14400 di Sunset Boulevard, nella casa di Dennis Wilson, cantante e batterista dei Beach Boys. In questo periodo Manson vuole diventare una rockstar, incidere un disco, e Wilson, nonostante sia convinto che Manson non abbia nessun vero talento, fa di tutto per inserirlo nell’ambiente. Poi la Famiglia si trasferisce in una serie di ranch della Death Valley.
Il processo
Il processo contro la Famiglia inizia il 15 giugno 1970. Quando Manson si presenta in aula ha una X incisa sulla fronte. Manson fa di tutto per ostacolare il regolare svolgimento del processo. Un giorno dà la schiena al giudice, dicendo: «La corte non ha mostrato alcun rispetto nei miei confronti e perciò anch’io farò la stessa cosa con la corte». Le ragazze della Famiglia presenti in aula (Leslie Van Houten e Patricia Krenwinkel) lo imitano. Ma le turbolenze che disturbano il processo – che da subito ha avuto una rilevanza internazionale – giungono anche dall’esterno. Il 3 agosto 1970, mentre si trova a Denver per una conferenza, Nixon dichiara che, secondo lui, «Manson è colpevole». Colpito dall’attenzione del presidente, Manson risponde attraverso una dichiarazione a mezzo stampa, grazie a uno dei suoi avvocati: «Un uomo accusato di avere ucciso centinaia di migliaia di persone in Vietnam mi accusa di essere colpevole di otto omicidi. Ma quello processato sono io».
Helter Skelter
L’accusa del processo, rappresentata dal pubblico ministero Vincent Bugliosi, ha un compito difficile: convincere i membri della giuria che Manson ha mandato un gruppo di sicari ad ammazzare un gruppo di persone senza che nessuno di loro muovesse la benché minima obiezione. A quale scopo, poi? Il movente – per quanto assurdo – viene ricostruito grazie a certe dichiarazioni di Susan Denise Atkins: «Tutta la cosa era stata fatta per infondere paura nell’establishment e provocare la paranoia. E anche per mostrare all’uomo nero come prendere il posto dell’uomo bianco». Si tratta dell’Helter Skelter. Interpretando i versetti della Bibbia – in particolare, quelli del capitolo nono dell’Apocalisse di Giovanni – Manson ha stabilito che i «quattro angeli» non sono altro che i Beatles. Quando nelle Scritture si legge che «[…] dal fumo uscirono delle locuste che si sparsero sulla terra […]», le locuste, ovviamente, gli scarafaggi, sono i Beatles. Le «corazze di ferro» sono le chitarre elettriche e i «cavalli pronti alla battaglia» sono le automobili che Manson continua a rubare.
I Beatles sono i Messaggeri. E l’album di catalogo numero SWBO 101, conosciuto come il White Album, è la fonte della verità. Una verità che si diffonde tramite il testo della canzone Helter Skelter, quando dice: «Look Out Helter Skelter Helter Skelter Helter Skelter / Look Out Helter Skelter / She’s coming down fast / Yes She is / Yes She Is». («She’s coming down fast» equivale all’espressione, molto usata nella cultura underground di quegli anni: «The shit is coming down».) L’Helter Skelter – lo scivolo a forma di elica che si trova nei parchi giochi dei bambini inglesi – sarebbe quindi la rivoluzione che gli uomini di colore dovranno muovere contro i bianchi. E quando i neri vinceranno (perché i bianchi sono una razza inferiore), chiederanno a Manson cosa fare. Perché i neri sanno fare soltanto quello che i bianchi gli dicono di fare. Allora Manson, assieme alla sua Famiglia — che, per quel giorno, ritiratasi nel deserto, sarà composta da 144 mila membri esattamente come predetto nella Bibbia — li prenderà come suoi schiavi e regnerà sul mondo.
Linda
Il testimone chiave dell’accusa è Linda Kasabian. Linda, tra i seguaci di Manson da poco più di un mese, ha partecipato a entrambe le spedizioni assassine in qualità di autista; era l’unica ragazza della Famiglia, infatti, a possedere una patente valida. In cambio della sua testimonianza, l’accusa ha dovuto concederle la completa immunità, perché durante un processo la testimonianza di un complice non può essere usata per corroborare la testimonianza di un altro complice.
Le sentenze
L’accusa chiede un verdetto di colpevolezza per omicidio di primo grado per tutti gli imputati. Lo ottiene. Per Vincent Bugliosi esiste «una sola giusta conclusione per il processo Tate-LaBianca: la pena di morte». Il verdetto arriva lunedì 25 gennaio. Charles Manson, Patricia Krenwinkel (detta Katie, 21 anni), Susan Denise Atkins (detta Sadie Mae Glutz, 21 anni) e Leslie Van Houten (detta Lulu, 20 anni) vengono condannati a morte. Charles Watson (detto Tex, 23 anni) sarà processato nell’agosto del 1971; a ottobre sarà giudicato colpevole di omicidio di primo grado e anche lui sarà condannato a morte. Bruce McGregor Davis (26 anni) e Steve Grogan (detto Clem, 17 anni) — incriminati assieme a Manson per gli omicidi Hinman e Shea — otterranno processi separati. Anche loro saranno condannati a morte e dichiarati colpevoli di omicidio di primo grado. Il 18 febbraio del 1972 la Corte Suprema dello Stato della California abolirà la pena di morte: tutte le loro pene vengono commutate in ergastoli.
I vostri fiorellini
Nel 1977, Susan Denise Atkins si converte al cristianesimo e pubblica la sua storia nel memoir Child of Satan, Child of God. Nel 1978 Charles Watson (anche lui convertito al cristianesimo) scrive un libro in cui parla del suo rapporto con Manson. Lo intitola Will You Die for Me?. Inizia anche una relazione con Suzanne Struthers, la figlia di Rosemary LaBianca. Leslie Van Houten e Patricia Krenwinkel si laureano rispettivamente in Letteratura inglese e Scienze. Linda Kasabian si sposa e mette al mondo tre figli. Charles Manson pubblica nel 1986 Manson in His Own Words (as told to Nuel Emmons). A un certo punto scrive: «Ci sono state ragazze che sono venute a trovarmi [in carcere] con il loro bambino in braccio e mi hanno detto: Charlie, farei qualsiasi cosa per te. Sto crescendo mio figlio a tua immagine. Queste lettere e queste visite un tempo mi facevano piacere, ma si tratta di un problema mio. Qual è invece la malattia che continua a spingere verso di me nuovi ragazzi? Sapete una cosa? È il vostro mondo a farlo. Io non scrivo e non chiedo a nessuno di venire a trovarmi. Eppure la posta continua ad arrivare. Ne ricevo davvero un sacco. E i vostri piccoli fiorellini innocenti continuano a presentarsi al cancello del carcere».