Attualità

La felicità dell’acqua

Su Blue Mind, saggio che analizza il legame tra acqua e la nostra mente, e altri esempi che indagano l'innata attrazione per quest'elemento naturale.

di Massimo Morello

«Sii come l’acqua. Libera la tua mente, sii informe, senza limiti, come l’acqua. Se metti l’acqua in una tazza, lei diventa una tazza. Se la metti in una bottiglia, lei diventa una bottiglia. Se la metti in una teiera, lei diventa la teiera. L’acqua può fluire o può distruggere. Sii acqua, amico mio». Così disse Bruce Lee. Questa citazione non appare nel libro di Wallace J. Nichols Blue Mind (Macro Edizioni), saggio che analizza «il legame nascosto tra l’acqua e la nostra mente», manuale che applica quel legame per indurre «il più salutare stato di calma» per «trasformarci in una persona migliore, più forte e connessa».

Non c’è un accenno nemmeno all’NWZ-W273, il Waterproof Walkman Sony, che permette di nuotare ascoltando le proprie playlist (anche da iTunes). A pensarci bene sarebbe meglio definirlo uno Swimman. Né si trova cenno del mare quale detonatore di pace. Se un quarto di secolo fa si fosse seguito il consiglio del biologo marino John McManus, che proponeva di trasformare in riserva marina internazionale l’arcipelago delle Spratly, oggi quel gruppo di scogli, isole e isolotti nel Mar della Cina Meridionale non sarebbe uno dei possibili teatri della Terza guerra mondiale.

L’elenco dei vuoti potrebbe espandersi, come il vuoto che pervade l’universo. Ma come il vuoto dell’universo è attraversato da continue fluttuazioni energetiche, così i vuoti di questo libro sono pervasi da quel “pensiero fluido” che scorre nella Mente Blu teorizzata da Nichols: «C’è un’interdipendenza con il mondo naturale che va al di là degli ecosistemi, della biodiversità o dei benefici economici: i nostri neuroni e l’acqua hanno reciprocamente bisogno che l’altro viva».

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Il libro induce a riflessioni, connessioni, richiami a memorie, esperienze, sensazioni personali. Ideale, in questo tempo d’estate e quindi d’acqua. «La mente blu», scrive Nichols, «è perfettamente adatta a renderci felici in tutti i modi, ben oltre il rilassarsi sulla cresta dell’onda, ascoltare il mormorio di un torrente o galleggiare tranquillamente in una piscina». Non è l’ennesimo mantra, non è un manuale di auto-aiuto in cui l’acqua assume proprietà detox, c’è questa componente, almeno per chi vuole interpretarlo così, ma è soprattutto un affascinante studio sulle connessioni emotive, comportamentali, neurologiche, psicologiche e fisiche che abbiamo con l’acqua, sui cambiamenti e sul processo cognitivo di cui il nostro cervello fa esperienza quando ci troviamo vicini all’acqua.

Nichols, del resto, non è una versione acquatica dei mille guru, mistici dell’onda perfetta, cercatori dell’estremo nelle profondità, profeti di meditazione in movimento, che si appalesano da Oriente a Occidente, tra ashram, monasteri, ritiri, eremi. È un biologo marino, uno studioso di neuroscienze, ricercatore associato dell’Accademia delle Scienze della California, un divulgatore scientifico. Fa parte di quella generazione di studiosi che ha il suo profeta in Kary Banks Mullis, una delle menti più brillanti del Ventesimo secolo, Nobel per la chimica nel 1993 (e unico Nobel ad aver descritto un possibile incontro con gli alieni). Esperto surfista e contestatore nella Berkeley negli anni Sessanta, Mullis si è spesso scontrato con i depositari dell’ortodossia scientifica, rifiutando di accettare qualsiasi teorema fondato su prove di seconda mano o testimonianze indirette. La sua autobiografia, Ballando nudi nel campo della mente (Baldini&Castoldi), è un altro di quei libri che sono perfetti “compagni d’acqua” (come si definisce il secondo uomo nelle operazioni di salvataggio o colui che dovrebbe sempre accompagnare un sub).

Personaggi come Mullis, come Nichols, e come gli altri autori, artisti, atleti, avventurieri che Nichols cita nel suo libro (per non parlare degli assenti), sono la testimonianza degli effetti della mente blu quale antidoto alla “mente grigia” (la più depressa, causa d’intorpidimento, letargia, demotivazione e insoddisfazione) e alla “mente rossa” (la più aggressiva, causa di stress, ansia, iperattività e, a volte, improduttività). Le tensioni nel Mar della Cina sono interpretabili come una sovreccitazione della mente rossa, che potrebbe essere disinnescata da un’attivazione globale della mente blu, ossia da accordi per una corretta gestione delle risorse. Peace through Conservation in the South China Sea è il progetto con cui il professor McManus continua a crederlo possibile.

La metafora appare davvero estrema, ma va inquadrata nella prospettiva più profonda dalla mente blu: una spinta evolutiva verso uno stato naturale proprio dell’inconscio collettivo che deve essere risvegliato dalla sua fase di latenza. È un processo che si misura in generazioni, ma può essere accelerato, così come il mare è in grado di stimolare la produzione di dopamina, serotonina e ossitocina, gli ormoni che contribuiscono alla sensazione di felicità.

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Questa sembra essere la missione di Nichols. Blue Mind, infatti, non è solo un libro. È un progetto che comprende summit annuali in cui si riuniscono artisti, sportivi, scienziati e studiosi d’ogni genere per condividere esperienze e riflessioni sull’acqua, progetti di ricerca, corsi di studio, iniziative ecologiche, marketing e merchandising.

Ma la Blue Mind fluisce insieme ad altre correnti acquee. È il caso, ad esempio di Radical Seafaring, mostra organizzata dal Parrish Art Museum di Water Mill, New York. Conclusa il 24 luglio, ha presentato opere, interventi, esperimenti e performance di artisti che materializzano in acqua la loro creatività. «Il crescente numero di opere contemporanee realizzate in acqua si avvicina pian piano alla stessa massa critica associabile alla Land Art», spiega il curatore Andrea Grover. «I progetti di arte “off-shore“ di Radical Seafaring rappresentano una nuova forma di espressione che è particolarmente potente e attuale, dal momento che i climatologi ci stanno già anticipando gli effetti dell’innalzamento del mare, i cambiamenti nei modelli climatici, e l’impatto sulle zone costiere, soprattutto considerando che metà della popolazione mondiale vive entro 200 miglia dalle coste del mare”. Di tale Aqueous Art se n’è avuta clamorosa espressione in Italia, coi tre chilometri di The Floating Piers, il percorso su passerelle galleggianti nelle acque del Lago d’Iseo progettato da Christo.

«Una nuova narrazione sta prendendo sempre più piede. Da una parte la crescente consapevolezza dei grandi cambiamenti climatici, del ruolo assoluto degli oceani negli equilibri che garantiscono la vita sul nostro pianeta. Dall’altra, il senso innato di attrazione per l’acqua che hanno molti esseri umani», commenta Alberto Coretti, editore e direttore di Sirene, rivista dedicata al mare come «dimensione etica ed estetica». «Il mare diventa l’orizzonte su cui prendono senso le aspirazioni e le azioni dei membri di una nuova comunità». Scrive Nichols: «L’acqua può fare il lavoro per voi. Non c’è bisogno di meditare, perché medita per voi». Non è facile. Devi lasciarglielo fare.

 

Foto di Emily Irving-Swift (AFP/Getty Images).