Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
I miti da sfatare sulle radiazioni nucleari

Le radiazioni atomiche, nell’immaginario comune, rivestono un ruolo sinistro legato a eventi molto negativi della storia moderna e contemporanea: prima la minaccia missilistica della Guerra fredda, poi Hiroshima e Nagasaki e quindi, proseguendo in senso cronologico, Chernobyl e, più recentemente, Fukushima, hanno contribuito a ciò che il docente di Harvard David Ropeik definisce in un saggio su Aeon «radiofobia». Siamo portati ad associare alla radioattività pensieri di una morte aleggiante e ineludibile, ma le nostre certezze, spiega Ropeik, non solo sono sbagliate, ma causano più danni alla salute delle radiazioni stesse.
Prendiamo Hiroshima e Nagasaki: i dati sugli hibakusha – come in Giappone sono noti gli 86 mila superstiti delle bombe del 1945, quelli che vivevano entro 10 chilometri dal luogo dell’esplosione – vengono da un programma di ricerca nippo-americano, il Life Span Study, che dopo decenni di studio ha scoperto che soltanto 563 di questi sopravvissuti nucleari sono scomparsi prematuramente a causa delle radiazioni: si tratta, statisticamente, di una mortalità aumentata di meno dell’1 percento. E nessuna patologia genetica è stata riscontrata nei figli degli hibakusha. Lo stesso si può dire per Chernobyl e per Fukushima, dove peraltro le vittime sono state esposte a radiazioni di minore intensità: l’Agenzia internazionale per l’energia atomica dichiara che i casi di tumore collegabili all’esposizione agli ioni in Ucraina possono arrivare a 4 mila, l’1 percento delle 600 mila vittime che sono entrate in contatto in modo serio e prolungato con le radiazioni; per quanto riguarda Fukushima, le Nazioni unite hanno ufficialmente detto di non aspettarsi «alcun distinguibile effetto delle radiazioni sulla salute tra i cittadini esposti o i loro discendenti».

Se però l’impatto letale delle scorie è minore di quanto pensiamo, quest’ultima radicata convinzione produce danni: a Fukushima dopo il disastro sono state evacuate circa 154 mila persone, con una fretta tale da ucciderne – ha scritto il Japan Times – 1656. L’Organizzazione mondiale della sanità ha scoperto che le persone più anziane e più deboli hanno sofferto più di tutte le altre, registrando tassi di mortalità inediti, ma sono aumentate anche sindromi da stress post-traumatico, alcolismo, depressione e malattie dell’alimentazione. E lo stesso è successo a Chernobyl, dove un rapporto del 2006 indicava nell’«impatto sulla salute mentale» l’effetto più disastroso dei fatti del 1986. Altro mito da sfatare, scrive Ropeik, gli studi hanno dimostrato che la flora e la fauna della città ucraina si trovano attualmente in condizioni migliori rispetto a prima dell’incidente.
Immagini Getty Images

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.