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19:58 giovedì 21 agosto 2025
L’ultimo film della saga di Mission: Impossible è stato trasmesso gratuitamente su YouTube, ma ha potuto “vederlo” solo chi conosce l’alfabeto Morse E il pubblico sembra aver molto apprezzato l'iniziativa, a giudicare dai commenti che si leggono su YouTube.
A Maiorca quest’anno ci sono molti meno turisti a causa delle proteste contro l’overtourism Addirittura il 40 per cento in meno rispetto al 2024, secondo gli allarmatissimi balneari, ristoratori e albergatori locali.
Un sacco di gente è andata a vedere un concerto di Justin Bieber a Las Vegas senza accorgersi che sul palco non c’era lui ma un sosia Ci è voluta una canzone intera (una non eccellente interpretazione di "Sorry") prima che qualcuno cominciasse a sospettare.
È uscito il primo trailer di Good Boy, l’horror raccontato dal punto di vista di un cane Chi il film l'ha già visto dice che è bellissimo e che il protagonista, il cane Indy, meriterebbe un premio per la sua interpretazione.
È stato sgomberato il centro sociale Leoncavallo di Milano La polizia è entrata questa mattina alle 7:30, l'operazione verrà completata oggi, dopo più di 30 anni di contenziosi e 133 rinvii.
I Paesi africani chiedono (per l’ennesima volta) di cambiare la mappa del mondo perché in quella attuale l’Africa è troppo piccola Le 55 nazioni dell'Unione africana vogliono cestinare la mappa di Mercatore, vecchia di secoli, e sostituirla con una più moderna e realistica.
Uno dei tormentoni dell’estate giapponese è un canzone generata con l’AI e basata su un meme “Yaju & U” è la prima canzone interamente, esplicitamente fatta con l'AI a raggiungere un tale successo. Facile prevedere che non sarà l'ultima.
In Repubblica Ceca una politica si è ritirata dalle elezioni perché accusata di aver assoldato un sicario per uccidere un cane Margita Balaštíková, però, nega tutto: non ha mai voluto uccidere il cane, solo rovinare la vita al padrone, il suo ex marito.

Fotografare la nascita di uno Stato

Storia di David Rubinger, il più grande fotografo israeliano scomparso mercoledì, e delle sue immagini più celebri.

di Studio
03 Marzo 2017

Della sua fotografia più famosa, quella che l’ha reso celebre in tutto il mondo e che ritrae tre soldati davanti al Muro del pianto dopo la vittoria della Guerra dei sei giorni, David Rubinger diceva che era una foto brutta: «C’è una faccia tagliata sulla destra, nel mezzo c’è un naso che si fa notare troppo, e sul lato sinistro c’è un’altra mezza faccia… da un punto di vista fotografico, non è un granché». Fosse stato per lui, ne avrebbe pubblicata un’altra, scattata qualche minuto dopo e che secondo lui aveva tutta un’altra portata storica: il ritratto del rabbino capo d’Israele, giunto per la prima volta davanti al luogo più sacro dell’ebraismo, dove prima della vittoria militare, quando Gerusalemme Est era sotto il controllo della Giordania, gli era vietato l’accesso. Poi però la moglie Anni, dando una rapida occhiata ai suoi scatti, puntò il dito su quello dei soldati al Muro del pianto: «Questa sì che mi pare una bella foto», disse, convincendolo a girarla alla stampa, e fu così che una delle foto di guerra più celebri del secolo scorso fece il giro del mondo, legando indelebilmente il nome di Rubinger a sé.

foto muro del pianto Rubinger

Negli obituary a lui dedicati, David Rubinger, il fotografo israeliano scomparso mercoledì all’età di 92 anni e che ha collaborato per anni con Life e Time, è stato ricordato soprattutto per quella immagine. Ma ce ne sono molte altre che hanno raccontato, in modo altrettanto emblematico, la storia e lo spirito del suo Paese: le due soldatesse che vegliano sulla bara di Yizthak Rabin, Golda Meir che lava i piatti in cucina, la folla festante che accoglie gli ostaggi liberati dopo il raid di Entebbe, Ben Gurion che ascolta la radio, Ariel Sharon, Moshe Dayan e altri generali dal piglio vittorioso, il primo ministro Menachem Begin che aiuta la moglie a rimettersi le scarpe dopo un lungo volo, Bill Clinton con re Hussein di Giordania.

«Pensate a una fotografia scattata in Israele, e probabilmente l’ha scattata Rubinger. Lui era lì, in ogni occasione storica, in ogni elemento rivelatore», ha scritto un suo collega di Time, Karl Vick. I suoi scatti, specie quelli della prima ora, hanno un tocco facilmente distinguibile, una semplicità intima unita alla documentazione di eventi storici, che era il frutto delle circostanze particolare in cui ha iniziato a svolgere il mestiere: «Ha cominciato a fare il fotografo in un’era in cui il suo Paese, neonato, era in sostanza un po’ di persone che cercavano di capire come cavarsela», come nota Vick.

38th Anniversary Of Israel's 1967 Occupation Of Gaza

Nato a Vienna nel 1924, Rubinger immigrò nella Palestina del mandato britannico nel 1939: come molti adolescenti della sua generazione, raggiunse il futuro Stato ebraico da solo, lasciando i genitori in Europa. La sua storia personale fu segnata soprattutto dalle figure femminili perdute: la madre, nell’Olocausto; la prima moglie, Anni, scomparsa di morte naturale dopo 45 anni di matrimonio; la seconda, Ziona, assassinata dal giardiniere quindici anni fa, in un caso che fu assai discusso dalla stampa israeliana e che qualche giornale tentò di caricare di significati politici. Il giardiniere, infatti, era palestinese. Ai reporter che glielo facevano notare, Rubinger rispondeva secco: «Come se in questo Paese non fosse pieno di assassini israeliani».

Uno dei suoi tratti distintivi era un rispetto unico per i suoi soggetti, che partiva anche da considerazioni estetiche: «Molti altri in questa professione non considerano affatto la possibilità che i loro soggetti si sentano feriti dalle foto, ma Rubinger si sforzava di fare sembrare rispettabili tutte le persone che apparivano nelle sue foto», ha raccontato uno dei suoi pupilli, Alex Levac, un fotografo piuttosto noto in Israele, in un omaggio su Haaretz. È stata proprio questa attitudine che gli è spesso valsa l’accesso a momenti intimi: difficilmente Golda Meir avrebbe permesso a qualcun altro di fotografarla mentre lavava i piatti.

Nelle immagini: Guerra dei Sei Giorni, giugno 1967, soldati siriani prigionieri sulle alture del Golan; Guerra dei Sei Giorni, soldati al Muro del pianto di Gerusalemme; Guerra dei Sei giorni, Ariel Sharon con altri generali (David Rubinger/AFP/Getty Images)
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