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Il biopic di Giorgio Armani è già in lavorazione  S’intitola Armani – The King Of Fashion ed è in lavorazione già da mesi, non si sa se con il benestare della famiglia o no.
OpenAI vuole portare il suo primo film animato fatto tutto con l’intelligenza artificiale al prossimo Festival di Cannes Si intitola Critterz, è già in corso di realizzazione, ma il progetto di presentarlo a Cannes appare molto difficile.
Dopo due anni di prove, EssilorLuxottica ha deciso di introdurre la settimana lavorativa corta Le sperimentazioni fatte fin qui hanno dato ottimi risultati, e ora l'azienda sembra intenzionata a cambiare definitivamente modello di produzione
La vita e la carriera del giovane Gigi D’Alessio diventeranno un film Il biopic si intitolerà Solo se canti tu e a interpretare D'Alessio sarà Matteo Paolillo, meglio noto come Edoardo Conte di Mare fuori.
Migliaia di registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del cinema hanno firmato un appello per boicottare l’industria cinematografica israeliana Tra questi anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Tilda Swinton, Javier Bardem, Ayo Edebiri, Riz Ahmed e Josh O’Connor.
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti, le dimissioni del Presidente del Consiglio e il Parlamento in fiamme In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.
È morto Stefano Benni, inventore del Bar Sport, amico di Daniel Pennac, “performer” con Nick Cave e tante altre cose Romanziere, giornalista, drammaturgo: in ogni sua veste Benni ha saputo raccontare l’italianità, una battuta alla volta.  

Per il Times, nel suo nuovo libro Elena Ferrante si dimostra incoerente

12 Ottobre 2016

Michiko Kakutani, la critica letteraria del New York Times, ha pubblicato sul quotidiano americano una recensione marcatamente negativa di Frantumaglia, il titolo americano con cui a novembre verrà presentato oltreoceano La frantumaglia, una raccolta di lettere, saggi e interviste originariamente pubblicata in Italia da E/O nel 2003. Il libro, uno sguardo dietro le quinte a ciò che il suo editore definisce «il laboratorio di Elena Ferrante», è stato definito dalla critica di origini giapponesi «un’impresa enormemente sbagliata da parte tanto dell’autrice quanto di chi la pubblica».

Il senso della stroncatura del Times è già chiaro nel titolo della recensione: “Elena Ferrante Wants Privacy. Her New Book Implies Otherwise”. Nonostante l’autrice sia nota per esprimere il principio secondo cui «i libri, una volta che sono scritti, non hanno bisogno dei loro autori», il contenuto di La frantumaglia punta in un’altra direzione; la Ferrante sostiene spesso che lo scrittore farebbe bene a tenersi in disparte e lasciare che il testo faccia il suo corso, ma «la decisione stessa di mettere insieme questo libro», obietta Kakutani, è una negazione dell’assunto secondo cui la letteratura dovrebbe esistere in uno scrigno lontano dai bisogni dei media e dal volere del mercato.

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In una lettera inedita scritta a un giornalista nel 1995, Ferrante scrive: «Perché, nonostante lei abbia letto il mio libro un anno fa, e nonostante lo ammiri come dice, ha maturato l’idea di mettersi in contatto con me solo ora?». E in altre parti del libro, continua la critica del New York Times, l’autrice napoletana «suona pretenziosa e tronfia» – come quando racconta com’è tornare alla vita di tutti i giorni dopo aver pubblicato un’opera – o pare «giocare al gatto e il topo con la stampa, apparendo al tempo stesso falsamente modesta e passivo-aggressiva».

La stroncatura della Kakutani definisce en passant La frantumaglia «un libro di interviste e riflessioni spesso noioso», ma dichiara di non voler con questo fornire una giustificazione all’inchiesta di Claudio Gatti, che poco tempo fa ha individuato nella traduttrice Anita Raja la vera identità della Ferrante (e citato proprio quest’ultimo libro tra le ragioni che l’hanno convinto a esporre la scrittrice). Eppure, definisce «ironico» che le convinzioni di Elena Ferrante e l’immediatezza dei suoi personaggi siano rappresentati da questa raccolta.

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