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06:52 mercoledì 10 settembre 2025
La vita e la carriera del giovane Gigi D’Alessio diventeranno un film Il biopic si intitolerà Solo se canti tu e a interpretare D'Alessio sarà Matteo Paolillo, meglio noto come Edoardo Conte di Mare fuori.
1300 registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del cinema hanno firmato un appello per boicottare l’industria cinematografica israeliana Tra questi anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Tilda Swinton, Javier Bardem, Ayo Edebiri, Riz Ahmed e Josh O’Connor.
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti e le dimissioni del Presidente del Consiglio In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.
È morto Stefano Benni, inventore del Bar Sport, amico di Daniel Pennac, “performer” con Nick Cave e tante altre cose Romanziere, giornalista, drammaturgo: in ogni sua veste Benni ha saputo raccontare l’italianità, una battuta alla volta.  
A Varsavia hanno aperto una biblioteca in metropolitana per convincere i pendolari a staccarsi dal telefono e leggere invece un libro Si chiama Metroteka e mette a disposizione dei pendolari 16 mila titoli e un sistema di prelievo e restituzione funzionante 24 ore su 24.
Dopo la beatificazione, su Reddit ci si chiede se la PlayStation di Carlo Acutis possa essere considerata una reliquia Domanda alla quale è difficile rispondere, perché ne esistono di diversi tipi e tutte devono essere autenticate dalla Chiesa.
Dopo anni di tentativi falliti, finalmente Call of Duty diventerà un film Grazie a un accordo tra Paramount e Activision, una delle più importanti saghe videoludiche di sempre arriverà sul grande schermo.

La donna che voleva essere ritratta dai suoi fotografi preferiti (e ci è riuscita)

19 Settembre 2016

Isabelle Mège nel 1986 aveva vent’anni, e si era appena trasferita a Parigi dall’Alvernia, non lontano da Lione, dove il padre fino a quel momento aveva gestito un negozio di oggetti per automobili. All’epoca non era particolarmente appassionata di arte o fotografia, ma un pomeriggio si era recata a una mostra del ritrattista Jeanloup Sieff al Musée d’Art Moderne, rimanendo colpita dai suoi scatti. Si era decisa a scrivere a Sieff, che con sua grande sorpresa le aveva telefonato qualche giorno dopo: le sarebbe andato di essere la protagonista di un suo ritratto? Isabelle aveva registrato le sue prime impressioni di quel giorno su un diario, si era sentita «estremamente commossa, sorpresa, ubriaca».

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Da quella volta, e per i ventidue anni seguenti, Isabelle Mège ha iniziato a mettersi in contatto con centinaia di artisti, chiedendo di diventare il soggetto delle loro rappresentazioni. La sua storia, raccontata da un bellissimo pezzo apparso sul New Yorker, intitolato “Il contrario di una musa”, è quella di una persona qualunque – che poi inizierà a lavorare come segretaria in un ospedale parigino – riuscita a costruire un progetto artistico con interpreti molteplici e diversi, legati soltanto dal fil rouge della stessa persona nuda ritratta nel tempo. Il New Yorker scrive:

Per quanto ogni volta era il fotografo a dirigere l’immagine – e lui a idearla e supervisionarne la realizzazione – era Mège a crearla, usando il suo corpo. Mège non è mai diventata un oggetto artistico, ma non lo è nemmeno una ballerina, che crea arte muovendosi da un punto all’altro sotto la direzione dei coreografi. Se per qualcuno è difficile inquadrare ciò che Mège ha fatto o pensato, potrebbe rivelarsi utile pensare alla sua opera, per quanto concettuale essa possa essere, come a una danza che è durata ventidue anni.

Nel primo contatto con l’artista, la donna esordiva sempre con la frase «J’aimerais m’apercevoir à travers votre regard», ossia “mi piacerebbe vedermi dalla sua prospettiva”. Negli anni, Isabelle Mège ha lavorato con nomi quali Fouad Elkoury, Joel-Peter Witkin (che con la donna ha realizzato uno dei suoi lavori più famosi, “Nègre’s Fetishist”), Henri Foucault, Jean-Luc Moulène e Gilles Cruypenynck. Significativamente, Mège non sceglieva fotografi particolarmente famosi: il suo criterio era di gusto soggettivo, e nel proporsi aveva un atteggiamento quasi curatoriale, volto a optare per chi dava coerenza al suo disegno narcisistico e affascinante.

L’autrice del pezzo sul magazine americano, Anna Hewyard, è andata a incontrare Isabelle Mège, che oggi ha cinquant’anni e due figli, nella sua casa nei dintorni di Digione. La donna le ha mostrato ciò che chiama la sua «collezione», 135 immagini delle oltre trecento che ha ricevuto dagli artisti con cui ha collaborato in quei ventidue anni di vita. In alcuni casi, ha rivelato, il suo disegno si è rivelato più complicato del previsto: per lavorare con Witkin è arrivata a inviargli due fiale del suo sangue, ad esempio, e Patrick Faigenbaum, che l’ha fotografata nel 2004, si è sempre rifiutato di mandarle lo scatto: «Non volevo trovarmi lì in mezzo con tutti gli altri» fotografi, ha spiegato Faigenbaum al New Yorker.

Immagini: in testata Isabelle Mège ritratta da Constant Anée nel 2000; nel testo uno scatto di Ralph Gibson, 1991.
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