Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.
Non leggiamo più di metà degli articoli che condividiamo online

Lo scorso 4 giugno, il sito di informazione satirica The Science Post ha pubblicato un articolo in cui tre paragrafi non erano altro che il “lorem ipsum”, il tipico testo riempitivo utilizzato da grafici, designer, programmatori o tipografi per le bozze. Nell’introduzione al pezzo, invece, c’era un dato significativo: in genere solo il 70 per cento delle persone legge l’articolo scientifico in cui è entrato col proprio browser, i restanti si limitano a condividerlo o a commentarlo.
Ancora più recentemente, uno studio condotto da alcuni ricercatori della Columbia University e dell’Istituto nazionale francese ha rivelato che il 59 per cento del link totali condivisi sui social media non viene letto. Il trend inoltre non esclude neppure quei contenuti già condivisi migliaia di volte.
Secondo gli autori della ricerca questa attitudine contribuisce anche a spiegare certi usi di Internet, come ad esempio il cosiddetto fenomeno del clickbaiting, che fa suo l’utilizzo di titoli accattivanti, urlati e di falsi allarmi. Per giungere a questa conclusione i ricercatori hanno monitorato i collegamenti dalle piattaforme di Cnn, New York Times, Huffington Post, Bbc e Fox News, per un intero mese durante l’estate 2015.
«Le persone sono più disposte a condividere un articolo piuttosto che a leggerlo», ha dichiarato Arnaud Legout, tra i ricercatori coinvolti nel rapporto, che aggiunge: «Tale approccio è tipico del moderno consumo di informazioni. Le persone si formano un parere sulla base di una sintesi, o di una “sintesi sintetizzata”, senza fare lo sforzo di scendere più in profondità».
Nell’immagine: I loghi di Snapchat, Facebook e Twitter sotto le montagne russe del parco giochi Dreamland di Margate, in Inghilterra (Chris Ratcliffe/Getty Images)

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