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Father Mother Sister Brother di Jim Jarmush ha vinto il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.
Marco Bellocchio girerà un film su Sergio Marchionne Le riprese inizieranno nel 2026 e si svolgeranno in Italia, Stati Uniti e Canada, i tre Paesi della vita di Marchionne.
Il responsabile per la Salute della Florida ha detto che eliminerà tutte le vaccinazioni obbligatorie Non solo quelle legate al Covid ma anche quelle che riguardano le fasce più giovani, dal morbillo all’epatite B.
Lena Dunham ha annunciato la data di uscita del suo nuovo libro, Famesick Un memoir scritto nell'arco di sette anni che parla di «malattia, dipendenza e sofferenza amorosa».
A Broadway è arrivato il musical dell’Italian Brainrot e durante la prima ovviamente è successo di tutto Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Sahur è stato arrestato, il pubblico l'ha presa male, la protesta è arrivata fino a Times Square.
Drake ha girato un lungometraggio in cui se ne va in giro per i luoghi di culto di Milano C'è anche la Bocciofila Caccialanza di via Padova, dove incontra Sfera Ebbasta.
Trump vuole cambiare il nome del ministero della Difesa americano in ministero della Guerra Non il più rasserenante dei messaggi per il mondo, il fatto che il segretario alla Difesa Pete Hegseth diventi segretario alla Guerra. 
Un quadro trafugato dai nazisti è stato ritrovato in Argentina grazie a un annuncio immobiliare È il "Ritratto di signora” del pittore italiano Giuseppe Ghislandi, meglio conosciuto come Fra Galgario.

La storia di quelle noiose etichette sui vestiti

08 Giugno 2016

Lunghe o corte, zeppe di scritte piccolissime o dotate di indicazioni in caratteri più leggibili, le etichette sui vestiti possono, a livello istintivo, apparire vecchie quanto il concetto stesso di indumenti, eppure la loro storia inizia agli albori del Novecento, e la loro forma attuale risale appena a qualche anno fa. Atlas obscura spiega che l’uso originario dell’etichetta è in realtà quello dell’union label, il pezzo di tessuto inserito durante la fabbricazione del vestito dai principali sindacati dei lavoratori del settore.

Un esempio rilevante di queste prime etichette è il caso dell’International Ladies Garment Workers’ Union, un’importante sigla delle operaie del tessile che riuscì nel corso dei decenni a pensare le etichette come una sorta di strategia di autopromozione: negli anni Settanta e Ottanta il gruppo acquisì una certa notorietà per una serie di spot in cui alcune donne iscritte al sindacato cantavano il motivetto «Look for the union label». Quel periodo, comunque, coincideva con un momento non felice per i capi prodotti dai lavoratori sindacalizzati, che avevano fatto segnare cali di vendite a portato a una lunga serie di scismi tra le sigle di rappresentanza.

Oggi, invece, quel che una volta era uno strumento quasi politico di affermazione della propria influenza è diventato un simbolo ricercato dagli amanti dell’abbigliamento vintage. Una serie di numeri istituiti negli anni Cinquanta sotto il Fur Products Labeling Act – una legge del 1951, tra le prime a incoraggiare la diffusione di etichette che specificassero le materie prime degli abiti – è tuttora l’obiettivo dei collezionisti di capi risalenti a quel periodo.

La svolta nella caratterizzazione delle etichette è arrivata nel 1960, l’anno della promulgazione del Textile Fiber Products Identification Act: da quel momento le aziende produttrici di abbigliamento erano ufficialmente obbligati a specificare di quali tessuti era composto l’indumento in questione, in parte una risposta al proliferare di capi a composizione mist, ed era ufficialmente il primo mattone della costruzione degli standard odierni. A dieci anni di distanza, la Care Labeling Rule, istituita dalla Federal Trade Commission, ha stabilito che all’interno di magliette e pantaloni fossero contenute istruzioni su come lavare il capo in questione. Da allora quest’ultima legge è stata aggiornata qualche volta, ma mantiene il suo impianto originario.

Piuttosto sorprendentemente, il business delle etichette muove grandi giri d’affari: Atlas obscura dice che nel 2007 l’acquisizione da parte del gruppo di packaging industriale Avery Dennison del marchio specializzato Paxar (conclusa per 1,3 miliardi di dollari) mise in luce «un business incredibilmente enorme, valutabile almeno quanto Twitter o Snapchat».

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