Cose che succedono | Attualità
Com’è cambiata la Birmania alle urne?
Ieri si sono tenute in Birmania (com’è anche conosciuto il Myanmar) le prime elezioni libere da 25 anni a questa parte. Stamattina il partito della celebre attivista Aung San Suu Kyi, la Lega Nazionale per la Democrazia, ha annunciato di aver vinto con oltre il 70% delle preferenze (un calcolo che considera che il 25% dei seggi del parlamento sono riservati ai membri scelti dall’esercito, e quindi non eletti).
La chiamata alle urne, che il mondo ha osservato con particolare attenzione, è stata la prima da quando la dittatura militare precedentemente al potere è decaduta, nel 2011. A seguito di ciò la Birmania, che viene comunemente inserita nei Paesi in via di sviluppo, ha subito (e sta ancora subendo) profondi cambiamenti. Il Wall Street Journal ha provato a riassumerli in tre blocchi (cosa è cambiato, cosa non è cambiato e qual è il ruolo di San Sun Kyi). Nonostante sia ancora uno dei luoghi più poveri dell’Asia (e la sua capitale, Yangon, una delle città meno sviluppate) l’economia urbana e locale ha fatto netti passi avanti. Il Pil del Paese è aumentato quasi dell’8% nel 2014 e l’assenza del controllo della giunta militare ha portato a effetti collaterali come l’esplosione dell’utilizzo di telefoni cellulari, e la triplicazione della sottoscrizione di relativi contratti telefonici.
Un altro degli aspetti fondamentali del nuovo Myanmar è stato la restaurazione della libertà politica e di stampa. Dal 2011 sono stati rilasciati più di 1500 prigionieri politici e il Paese ha risalito la classifica dell’Indice sulla libertà di stampa di diverse posizioni, peraltro superando la Cina.
Proprio la forte militarizzazione del Paese è l’aspetto che meno è cambiato. Nonostante non abbia più il controllo formale della nazione, l’apparato militare continua a condizionare pesantemente l’economia. Le spese legate alla difesa hanno continuato a crescere, e quella militare ammonta tuttora al 3,7% del Pil, un rapporto maggiore anche di quello omologo degli Usa. Lo sviluppo urbano non è stato tuttavia seguito da un’evoluzione omogenea delle aree rurali. Circa il 70% della popolazione che vive al di fuori delle città infatti, a oggi ad esempio utilizza la legna da ardere come principale sorgente d’energia.