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04:49 domenica 22 giugno 2025
Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

Pasolini, Roma / Pt. 1

Il rapporto tra lo scrittore (e poeta, regista, pittore) e la Capitale, raccontato con testimonianze, oggetti, scritti, video in una mostra. Il racconto di un personaggio unico al netto delle ideologie.

17 Aprile 2014

Si chiama semplicemente Pasolini Roma la mostra appena aperta al Palazzo delle Esposizioni capitolino molto didascalica e affollatissima e forse già classica e fondamentale; e racconterebbe il rapporto del Poeta (e critico e romanziere e regista e poi a sorpresa anche pittore) friulano con la città, ma poi vien fuori soprattutto tutto un mondo e un personaggio abbastanza unico, al netto delle iconologie e ideologie del quarantennio successivo alla morte (1975). Un mondo di intelligenze dolenti (ma anche no) arrivato alla stazione Termini nel 1950 dopo una fuga dai dissapori e dalle discriminazioni friulane a seguito di camporelle rustiche, con partiti comunisti molto omofobi rispetto a vizi pluto-capitalistici, e strappo della tessera PCI numero 1480079, firmata Palmiro Togliatti, qui esposta.

La mostra suddivide in quattro periodi l’epoca di Pasolini a Roma, con cartine tipografiche e mappe fisiche e politiche nelle varie zone e quadranti in cui PPP costruiva la sua icona dentro il Gra a bordo della Alfa Romeo GT Veloce targata Roma K69996 presa coi primi benesseri. Molto prima, la prima fase dal 1950 al 1954, con l’installarsi umile in ghetti veri e metaforici (il Ghetto ebraico, con una prima residenza nel palazzo Costaguti di piazza Costaguti 14, grazie a uno zio benestante, e l’ammirazione per la fontana delle Tartarughe di piazza Mattei, con estetica twink, e prima dei culti per una irrilevante fontana di Trevi non ancora immortalata nella Dolce Vita). E il ghetto della Tiburtina non ancora dei treni Italo, e qui intervista televisiva in francese in cui spiega che lui nelle periferie ci ha abitato davvero, con uno stipendio di “vent-sept-mille lires”, da insegnante in una scuola di Ciampino, altro che turista delle periferie come da mitologia postuma a cui tutti si è un po’ abboccato (e la mamma finita a far la serva, e il papà militare Carlo Alberto malmostoso e malato, che gli spia i diari: la Condizione dell’Orrore, e anche orgogli comitali offesi, in fondo son sempre i conti Pasolini, anche se decaduti, lo scriveva Enzo Siciliano nella Vita di Pasolini ma non bisognava dirlo, forse).

A Roma, come tanti, rinasce, però. Piace pensare che prendesse, per andare a scuola, il mirabolante trenino wesandersoniano Roma-Ciampino ancor oggi in funzione, con interni in fòrmiche azzurrine e cromature e paesaggi molto meglio di Grand Budapest Hotel, e viste di acquedotti romani  identici a certi dipinti da Grand Tour; e mentre i pischelli oggi vanno tutti in massa a vedere Wes Anderson, con record ai botteghini e fine di nicchie, PPP appena in città corre al cinema – al Nuovo di Testaccio, qui riprodotto in maquette – a vedere il neorealismo appena cominciato.

Senza nessuna preparazione, anche il cinema gli riuscirà poi benissimo, come tutto, come un James Franco anche più bello e senza Twitter.

Se si fosse affacciato dalla littorina avrebbe visto proprio tutto il Pigneto non ancora pasoliniano sfilare dopo Termini, e la chiesa di Sant’Elena sulla circonvallazione Casilina dove don Pietro-Aldo Fabrizi cattolico adulto farcisce messali di lire o dollari per sostenere la causa partigiana proprio in Roma città aperta che Roberto Rossellini ha appena finito di girare e che lui vede e rivede ossessivamente al cinema. PPP ha deciso che farà anche il regista (ha già scritto Ragazzi di vita nella stamberga sulla Tiburtina, ha scritto i poemetti delle Ceneri di Gramsci, ha dipinto quadri con uno stile sicuro, autoritratti che sembrano dei Bacon). Senza nessuna preparazione, anche il cinema gli riuscirà poi benissimo, come tutto, come un James Franco anche più bello e senza Twitter. Col neorealismo, cortocircuiti gustosi – scazzo d’epoca qui registrato in audio, con la Magnani sul set di Mamma Roma. Lui le dice che è poco spontanea, lei gli dice «non posso essere spontanea come i tuoi ragazzi presi dalla strada, che tu tratti come robot. Io sono un’attrice», e poi, con grazia e incazzatura sotto pressione, «chiamami vecchia volpe, chiamami come vuoi, ma io so solo fingere», e insomma: il neorealismo, dallo ar gatto.

(I-continua)

Nell’immagine, Pasolini nel 1975. Keystone/Getty Images

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