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Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.
Anche la più importante associazione di studiosi del genocidio del mondo dice che quello che sta avvenendo a Gaza è un genocidio L'International Association of Genocide Scholars ha pubblicato una risoluzione in cui condanna apertamente Israele.
La standing ovation più lunga di Venezia l’ha presa The Rock Per il suo ruolo in The Smashing Machine, il biopic sul lottatore Mark Kerr diretto da Benny Safdie.
Il Ceo di Nestlé è stato licenziato per aver nascosto una relazione con una sua dipendente Una «undisclosed romantic relationship» costata carissimo a Laurent Freixe, che lavorava per l'azienda da 40 anni.
La turistificazione in Albania è stata così veloce che farci le vacanze è diventato già troppo costoso I turisti aumentano sempre di più, spendono sempre di più, e questo sta causando gli ormai soliti problemi ai residenti.
Nell’assurdo piano di Trump per costruire la cosiddetta Riviera di Gaza ci sono anche delle città “governate” dall’AI Lo ha rivelato il Washington Post, che ha pubblicato parti di questo piano di ricostruzione di Gaza che sembra un (brutto) racconto sci-fi.
Stasera La chimera di Alice Rohrwacher arriva per la prima volta in tv, su Rai 3 Un film d'autore per festeggiare l'apertura della Mostra del Cinema di Venezia 2025.
Emma Stone, che in Bugonia interpreta una donna accusata di essere un alieno, crede nell’esistenza degli alieni E ha spiegato anche perché: lo ha capito guardando la serie Cosmos di Carl Sagan.

Spezza con Android

Sulla bizzarra partnership tra il sistema operativo di Google e le barrette di cioccolato Kit Kat, che ha più senso di quanto immaginate.

10 Settembre 2013

Negli scorsi giorni si è diffusa una notizia che sulle prime sembrerebbe la classica news curiosa da colonnino destro di un sito di informazione, ma invece è – nel bene e nel male – un dato che racconta bene come si sta muovendo il mondo della comunicazione.

Nestlé assocerà il proprio brand al sistema operativo più diffuso nel mondo einserirà l’immagine del robottino verde simbolo di Android in oltre 50 milioni di confezione Kit Kat in 19 mercati

Google e Nestlé hanno annunciato che il nuovo sistema operativo per smartphone e dispositivi mobili Android si chiamerà “Android KitKat” in onore della barretta di cioccolata e wafer prodotta dal colosso alimentare elvetico. Dal 2009 le nuove release create dagli sviluppatori Google hanno come tema quello delle categorie di dolci avvicendandosi in ordine alfabetico (la più recente versione era Jellybean), ma finora non erano mai stati utilizzati nomi di marchi. Una partnership di marketing senza dubbio originale e che, a sentire le dichiarazioni dei responsabili delle due società, non accompagnata da nessuna contropartita pecuniaria, anche se in realtà Nestlé per associare il nome del proprio brand al sistema operativo più diffuso nel mondo (secondo stime Idc, Android avrebbe oggi il 75,3% del mercato mobile) inserirà l’immagine del robottino verde simbolo di Android in oltre 50 milioni di confezione Kit Kat in 19 mercati e produrrà una serie limitata di KitKat con la forma della suddetta mascotte.

Ok, questa è la notizia.

La domanda che potrebbe sorgere ai più curiosi è: a chi giova questa operazione nel lungo periodo, cioè quando non avrà più “l’interesse di notizia sfiziosa”? Io non ho una risposta precisa, ma solo una serie di riflessioni che provo qui rapidamente ad esporre.

KitKat è un brand che esiste in commercio dal 1945 ed oggi è uno dei primi dieci migliori tra i beni di largo consumo nell’uso dei social media. Il successo del brand è stata proprio la scelta del claim “Have a break. Have a KitKat” che gli ha permesso di conquistare, nella mente delle persone, quel momento pausa che chiunque di noi si prende dal lavoro o dallo studio per sgranocchiare uno snack (poi io peraltro preferisco il Mars, anche se il mio dentista non è d’accordo con me) (anzi, forse, cinicamente lo è) (comunque ci siamo capiti). Insomma, quella che i puristi del marketing chiamano una brand strategy con i controcoglioni: creati un posizionamento, in questo caso addirittura un momento, e investi per creare un link solido con il brand.

La tecnologia digitale è cresciuta a tal punto da diventare la cultura dominante, dinamica, capace di creare sempre nuove narrazioni tali da soddisfare il desiderio delle persone

Questo era il passato. E forse non è più sufficiente. Oggi l’approccio marketing tradizionale, seppur eccellente, rischia di perdersi nella confusione e nell’affollamento dei messaggi. L’imperativo oggi è farsi notare, giocare sulla frequenza, anche se questo ha poca attinenza con la strategia di marca su cui hai lavorato fino ad ora. È una specie di passaggio archetipico dalla strategia di brand a una strategia per catturare l’attenzione. Ora che ci penso, forse è proprio il momento pausa ad essere ormai fuori moda, così come siamo tutti noi intenti a integrare vita e lavoro e a cannibalizzare ogni momento di tempo libero per connettersi alla rete, per leggere, raccontarsi, condividere, insomma, fare sempre qualcosa.

Questo porta ad un’altra riflessione, che magari può risultare scontata e già detta, ma che oggi riesco a vedere nella sua interezza, e cioè che la tecnologia digitale è cresciuta a tal punto da diventare la cultura dominante, dinamica, capace di creare sempre nuove narrazioni tali da soddisfare il desiderio delle persone. Mi viene quindi da pensare che quei brand nel futuro non riusciranno ad essere rilevanti – ma sopratutto ubiqui – sulla rete tenderanno a sparire o a farsi presto dimenticare (forse non è un caso nemmeno il fatto che le notizie rilevanti in questi giorni siano tutte provenienti del mondo digital: l’anuncio del telefono gratuito di Amazon, l’acquisizione di Nokia da parte di Microsoft, ma anche l’operazione new logo di Yahoo!). Nella nuova “strategia dell’attenzione” essere i primi diventa un elemento fondamentale e quindi, considerato tutto, Nestlè ha fatto bene ad agire in questo modo.

L’altra riflessione riguarda la vittoria dei media sulla creatività. Un dibattito classico nel mondo della pubblicità è quello di capire quale sia un’idea creativa e quale un’idea di media, cioè capire dove in una campagna di comunicazione si trova il confine. È evidente che in questa operazione la creatività è pari a zero ed è tutta un’operazione media, dal momento che Google-Android sono a tutti gli effetti un medium e tra i più efficienti.

Tornando quindi alla domanda iniziale, e cioè “funzionerà questa operazione per Nestlè nel lungo periodo”, la risposta è un gigantesco non lo so. Solo il tempo ce lo dirà.

Io intanto, contro le tendenze del momento, spengo tutto, mi prendo una pausa e mangio un troiaio al cioccolato.

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