Il rapper è accusato, tra le altre cose, di sfruttamento della prostituzione in un processo appena iniziato a New York.
La sentenza del processo Diddy è molto più complicata di come la si sta raccontando
È vero che è stato assolto dalle accuse più gravi, che gli facevano rischiare l'ergastolo. Ma è vero anche che rischia fino a 20 anni di carcere.

The Cut non ci gira troppo intorno e sulla sentenza di primo grado del processo a Diddy titola che forse “il Me Too è davvero morto”. Diddy è stata assolto dalle accuse più gravi, quelle di associazione di stampo mafioso e di tratta di esseri umani a scopo di sfruttamento della prostituzione. Erano, questi, tre dei capi d’accusa nei suoi confronti. Per altri due è stato invece dichiarato colpevole: si tratta di violazioni del Mann Act, una legge federale americana che punisce «lo spostamento di una donna o una ragazza con l’intento di farla prostituire, per farla prostituire o per qualsiasi altro scopo immorale». Secondo il verdetto della giuria, Diddy ha costretto due sue ex compagne – Cassie Ventura, nota alla cronache, e un’altra, protetta dal nome fittizio Jane – a spostarsi in diversi luoghi degli Stati Uniti per partecipare alle sue ormai famigerate “sex marathon”. Per questo reato, la pena massima prevista è di dieci anni di carcere.
Leggi anche: Diddy, una storia violenta
Il giudice del processo, Arun Subramanian, ha respinto la richiesta di rilascio su cauzione presentata dalla difesa di Diddy. Questo perché nel processo sono stati ampiamente dimostrati precedenti di condotta violenta dell’imputato, che quindi, secondo il giudice, deve rimanere in carcere fino a quando la Corte non avrà deciso la pena da comminargli per i due capi d’accusa per i quali è stato dichiarato colpevole. Il pronunciamento della Corte è attualmente previsto per il 3 ottobre. Secondo il principio “addizionale” del diritto penale statunitense (si sommano le condanne per ogni capo d’imputazione), Diddy rischia fino a un massimo di 20 anni di carcere, 10 per ogni accusa di violazione del Mann Act.
Courtroom Sketch Diddy falling to his knees and bends over after hearing the verdict😬 pic.twitter.com/kmFlhDCb9t
— kira 👾 (@kirawontmiss) July 2, 2025
Per quanto riguarda le accuse rispetto alle quali Diddy è stato dichiarato non colpevole (e che hanno messo a dura prova la giuria, composta da otto uomini e quattro donne, che infatti non riusciva a raggiungere un verdetto), tutto si riduce alla difficoltà di provare il fatto che l’accusato avesse costruito o facesse parte di un’organizzazione criminale. La linea difensiva, infatti, si basava proprio su questo: nessuno dei dipendenti di Diddy ha mai esplicitamente accettato né dichiarato di far parte di un’associazione a delinquere. In questo modo, Combs ha evitato pene che andavano da un minimo di 15 anni (per lo sfruttamento della prostituzione) al carcere a vita (per l’associazione a delinquere). Quando ha saputo che, in ogni caso, non avrebbe passato il resto della sua vita in galera, Combs si è inginocchiato e ha iniziato a pregare: ne è uscito uno degli sketch più strani della storia della ritrattistica giudiziaria americana.