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20:13 martedì 9 settembre 2025
1300 registi, attori, sceneggiatori e lavoratori del cinema hanno firmato un appello per boicottare l’industria cinematografica israeliana Tra questi anche Yorgos Lanthimos, Olivia Colman, Tilda Swinton, Javier Bardem, Ayo Edebiri, Riz Ahmed e Josh O’Connor.
Il tentativo del governo nepalese di vietare i social è finito con 19 morti e le dimissioni del Presidente del Consiglio In 48 ore il Paese è piombato nel caos, il governo è stato costretto a fare marcia indietro e a chiedere pure scusa.
Una giornalista italiana ha scatenato un putiferio per non aver coinvolto Ayo Edebiri in una domanda su MeToo e Black Lives Matter Argomenti sui quali ha preferito interpellare Julia Roberts e Andrew Garfield, gli altri due protagonisti di questa intervista a tre fatta durante la Mostra del cinema di Venezia.
È morto Stefano Benni, inventore del Bar Sport, amico di Daniel Pennac, “performer” con Nick Cave e tante altre cose Romanziere, giornalista, drammaturgo: in ogni sua veste Benni ha saputo raccontare l’italianità, una battuta alla volta.  
A Varsavia hanno aperto una biblioteca in metropolitana per convincere i pendolari a staccarsi dal telefono e leggere invece un libro Si chiama Metroteka e mette a disposizione dei pendolari 16 mila titoli e un sistema di prelievo e restituzione funzionante 24 ore su 24.
Dopo la beatificazione, su Reddit ci si chiede se la PlayStation di Carlo Acutis possa essere considerata una reliquia Domanda alla quale è difficile rispondere, perché ne esistono di diversi tipi e tutte devono essere autenticate dalla Chiesa.
Dopo anni di tentativi falliti, finalmente Call of Duty diventerà un film Grazie a un accordo tra Paramount e Activision, una delle più importanti saghe videoludiche di sempre arriverà sul grande schermo.
La Germania sta preparando una maxi scorta di ravioli in scatola in previsione di una guerra con la Russia Le vecchie razioni a base di cereali e legumi non soddisfano più, ha detto il ministro dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, Alois Rainer.

Il fondatore di Patagonia ha venduto il marchio per combattere il cambiamento climatico

15 Settembre 2022

Patagonia, la società statunitense di abbigliamento outdoor, di proprietà dell’83enne Yvon Chouinard e dal valore di circa 3 miliardi di dollari, sarà ceduta a un fondo ad hoc e a un’organizzazione no-profit. La scelta, rivoluzionaria, è stata presa dalla famiglia Chouinard composta da Yvon, sua moglie Malinda e i loro due figli Fletcher e Claire, a dicembre, in una riunione durata un giorno intero tra le colline in California. Come racconta il New York Times, si sono riuniti, insieme al loro team, circondati dalle querce e dai frutteti, e hanno scelto, mezzo secolo dopo aver fondato Patagonia, di rinunciare al patrimonio di famiglia per garantire che tutti i profitti dell’azienda – circa 100 milioni di dollari – vengano utilizzati per l’ambiente.

La scelta è perfettamente in linea con la figura di Yvon, l’eccentrico alpinista di cui vi avevamo già raccontato, in linea con il suo disprezzo di lunga data per il mondo degli affari e soprattutto con il suo amore per l’ambiente che dura da una vita. Patagonia continuerà a operare come una società privata a scopo di lucro con sede a Ventura, in California, e continuerà, da previsioni, a vendere ogni anno più di 1 miliardo di dollari tra giacche, cappelli e pantaloni da sci. Ma senza gli Chouinard come proprietari: ad agosto la famiglia ha infatti trasferito tutte le azioni con diritto di voto della società – equivalenti al 2 per cento delle complessive – in un’entità di nuova costituzione nota come Patagonia Purpose Trust. Il restante 98 per cento è stato donato all’organizzazione no-profit chiamata Holdfast Collettive che da ora in poi riceverà tutti i profitti dell’azienda e utilizzerà i fondi per combattere il cambiamento climatico.

Yvon Chouinard diventa così uno dei rarissimi imprenditori che ha ceduto la sua proprietà per cause filantropiche e politiche. Un altro esempio, citato dal Nyt, è quello del repubblicano Barre Seid, ma in quel caso, con la vendita della sua azienda di elettronica, Seid aveva raccolto un enorme guadagno fiscale personale. La famiglia Chouinard, invece, non riceverà alcun beneficio fiscale dall’operazione. Lo ha detto lui stesso: «Non sapevo cosa fare con l’azienda perché non ho mai voluto un’azienda. Non volevo essere un uomo d’affari. Ora potrei morire domani e l’azienda continuerà a fare la cosa giusta nei prossimi cinquant’anni». Tutto perfettamente in linea con la sua anti convenzionalità: è sempre stato frugale, ancora oggi indossa vestiti modesti e non possiede neppure un cellulare o un computer. E, soprattutto, ha sempre fatto di quell’anti convenzionalità il messaggio principale di Patagonia (celebre la “pubblicità” che invitava a non comprare nulla durante il Black Friday: Don’t Buy This Jacket).

Stando a quanto racconta, vedere il suo nome sulla classifica dei miliardari di Forbes lo avrebbe «fatto davvero incazzare». E proprio quella classifica, così come la pandemia del 2020, ha contribuito a mettere in moto il processo svolto negli ultimi due anni che ha portato gli Chouinard a cedere Patagonia. A metà del 2020, Yvon ha detto ai suoi più stretti consiglieri tra cui Ryan Gellert, l’amministratore delegato dell’azienda, che se non fossero riusciti a trovare una buona alternativa, era pronto a vendere. Il team si è messo in moto. Sono state esplorate opzioni su opzioni tra cui anche quella di lasciarla i figli che però non la desideravano. Finché si è giunti su quella collina, a prendere la decisione finale. Lo stesso Ryan Gellert ha affermato: «C’erano tante cose ancora da capire. Ma in quel momento abbiamo compreso che avrebbe funzionato». 

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