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La teoria complottista di Tartaria è la prova che siamo senza speranza

Cresciuto durante la pandemia, è un complotto che ha il suo cuore nell'architettura, i cui adepti considerano le nostre città la punta di città ben più grandi, nascoste sottoterra.

di Studio

(Chicago History Museum/Archive Photos via Getty Images)

Mettere in dubbio alcune delle bellezze del Cinquecento italiano è solo una delle più recenti negazioni della potenzialità artistica umana. Emersa qualche mese fa, forse è anche la più divertente, considerando che ha a che fare con persone per le quali il David non è altro che il risultato della pietrificazione di un uomo che Michelangelo avrebbe ricoperto di “marmo liquido”. Degli adepti di una simile teoria, la maggior parte confluisce però nel “culto di Tartaria”, per il quale “la storia è una menzogna”, come recitano molti dei video su YouTube dedicati al tema. Secondo i suoi affiliati, secoli fa sarebbe esistito un grandissimo impero dominato dai giganti (come dimostrerebbero gli ingressi monumentali delle chiese), sepolto a un certo punto da una colata di fango (ma c’è anche chi pensa sia stato eleminato con espedienti tecnologici). Noi ora, discendenti inutili e minuti di quelle creature, abiteremmo soltanto i suoi resti, la sommità di una città molto più grande che risiederebbe ancora nascosta sotto alle nostre strade. Si tratta, come ha spiegato recentemente Bloomberg, di una teoria nata in America nel 2018 su Reddit (il profilo Tartarianarchitecture è seguito da oltre 3 mila iscritti), ma cresciuta anche in Italia durante la pandemia, quando è diventata oggetto di proselitismo: un enorme mischione in cui sono finiti terrapiattisti, fissati con la massoneria, no Vax, no 5G, anche negazionisti dell’Olocausto, che dimostra quanto ormai siamo senza speranza.

Una Tartaria storica è esistita davvero. Era l’impero pre-mongolo che comprendeva un’area estesa dalla Manciuria alla Siberia, fino all’Asia centrale, la cui conoscenza limitatissima dell’epoca (XVIII secolo) portò la geografia europea a racchiuderla genericamente sotto a un unico nome. È questa la base su cui la teoria cospiratoria ha fondato la sua Tartaria, quella che invece non c’è mai stata: un vasto impero “tartarico” tecnologicamente avanzato, proveniente dall’Asia centro-settentrionale o dintorni, che dopo aver costruito vaste città e infrastrutture in tutto il mondo è stato distrutto da un cataclisma improvviso. Sempre secondo la credenza (che è figlia piuttosto della Teogonia di Esiodo, inventore del Tartaro come luogo sotterraneo), i pochi esempi superstiti di architettura tartarica, come il Campidoglio a Washington, vennero allora attribuiti a costruttori contemporanei o distrutti come il grattacielo Singer, demolito a Manhattan nel 1968, o il palazzo di Giustizia di Chicago, il Chicago Federal Building, costruito nel 1905 e raso al suolo dopo 60 anni. Il tutto per eliminare le prove, il solito passato nascosto, oscurato clandestinamente da quelli che governano il mondo.

La visione di quanti credono in Tartaria non è direttamente correlata a QAnon, la teoria del complotto infondata che si è presentata come una setta attiva nel 2020, votata a proteggere la patria anche con le armi, ma, come ha spiegato a Bloomberg Peter Ditto, psicologo dell’Università della California, Irvine, condivide l’esigenza da cui si sviluppa: un vortice di speculazioni prive di senso che riflette la paura per quanto velocemente le cose cambino. Non è un caso che come ha sottolineato The Coversation, la pandemia, con le città che si trasformavano, si svuotavano e venivano ripensate, riesaminate, abbia favorito la maturazione di tante, nuove, pericolose teorie cospiratorie come quella di Tartaria, la cui particolarità riguarda una disciplina che proprio nelle città ha i suoi esiti: l’architettura.

Il Chicago Federal Building, distrutto nel 1965 (Chicago History Museum/Archive Photos via Getty Images)

“Architettura tartarica” è un’etichetta che viene applicata a tutto ciò che comprende molti stili occidentali, classico, Beaux-Arts, Secondo Impero, e non occidentali (come lo stile del Taj Mahal). Comprende strutture che sembrano culturalmente dislocate, come gli edifici commerciali Beaux-Arts nel quartiere Bund di Shanghai, e quelle straordinariamente giganti, come le piramidi d’Egitto. È chiaro che nonostante il loro interesse per l’architettura, la maggior parte dei teorici di Tartaria non sembra avere alcuna esperienza nel settore dell’edilizia: molti dei loro argomenti derivano da incomprensioni basilari sulle costruzioni (sono convinti che le piccole finestre dei seminterrati che si notano a livello della strada, negli edifici più vecchi, siano la prova che l’edificio un tempo fosse molto più alto). Per i suoi proseliti siamo una società che non comprende o non apprezza adeguatamente l’architettura già costruita, che insegue forsennatamente il cambiamento, anche se le loro denunce, sia nei video americani sia in quelli italiani, suonano più che altro come quelle di un consiglio di un’organizzazione non profit.

A proposito di italiani, su YouTube si trovano tutti i loro video, a cui rimandano anche le pagine Facebook dedicate. Si proclamano esoteristi esperti, confutano foto reali usando fotomontaggi, si salutano nelle dirette con il gesto vulcaniano, scrivono “un abbraccio cosmico a tutti!”, parlano facendo un uso preciso della linguistica utilizzando congiunzioni dichiarative (cioè, infatti) e conclusive (dunque, pertanto) per inventarsi rapporti causa-effetto immaginari e realizzando un’overdose verbale che produce stordimento. Il tutto è spesso accompagnato da una base ritmata, “Musica epica da battaglia da guerra medievale motivazionale”. Una minoranza, invece, preferisce l’elettronica.