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Festività in quarantena

La Pasqua cristiana, quella ebraica, ma anche il Nowruz persiano, tra famiglie che si incontrano su WhatsApp e picnic sul balcone: un giro di articoli intorno al mondo.

di Studio
11 Aprile 2020

Mentre in Italia le misure di restrizione sono state ufficialmente prolungate fino al 3 maggio, è arrivato il primo weekend di festa che il Paese passerà in quarantena. Proibiti i grandi pranzi in famiglia e le grigliate fuori porta – definibili a tutti gli effetti come assembramenti – ognuno di noi dovrà celebrare (o non celebrare) una giornata di festa con rituali, almeno in parte, nuovi, esattamente com’è già successo per la Pasqua ebraica e il capodanno iraniano, il Nowruz. Tra riunioni su Zoom e FaceTime e picnic sul balcone, abbiamo raccolto alcuni articoli che provano a raccontare le celebrazioni religiose, il loro significato e il modo in cui le persone nel mondo le stanno vivendo durante la pandemia.

“Reinventing Easter, Passover and Other Holiday Meals in a Time of Limits”The New York Times
Dovendo rinunciare ai viaggi, alle messe e alle tavolate numerose, molti americani hanno cercato di trovare dei modi creativi per festeggiare comunque i giorni di festa. Il cibo, uno dei pochi piaceri ancora disponibili in questo periodo di isolamento, ha assunto un’importanza ancora maggiore, anche se spesso non è poi così facile reperire tutti gli ingredienti necessari per ricreare le ricette della tradizione o mantenere alcune usanze. Un esempio è quello dell’afikoman, il pezzo di pane azzimo Matzo che viene nascosto in casa e che i bambini hanno il compito di trovare: «il piano del rabbino consiste nel portare il suo laptop di stanza in stanza, e chiedere alle persone di provare a indovinare dov’è nascosto il pane Matzo». Raccogliendo una ricca collezione di voci di persone molto diverse tra loro per età, origini etniche, religione e professione, Priya Krishna ha raccontato la loro Pasqua “reinventata”, con tanto di fotografie delle loro feste passate e dei piatti tipici.

“This Passover Is Not Like Other Passovers” – Eater
A causa del Covid-19, gli ebrei di tutta New York hanno dovuto trovare un nuovo modo per festeggiare la Pasqua ebraica, Pesach, descritta come l’usanza più ampiamente osservata e durante la quale amici e parenti si riuniscono attorno a una tavola da pranzo ascoltando le letture sull’Esodo. Come racconta Devra Ferst in questo articolo, a causa dell’impossibilità di uscire, e della difficoltà per tutti di reperire determinati prodotti, «alcune persone hanno riscritto i loro menu della Pasqua ebraica, sostituendo i piatti tradizionali con ricette più semplici, e persino da asporto». L’importante era rimanere insieme, anche a distanza. «Vedersi su Zoom, mangiare ciò che si aveva, senza troppe complicazioni, e concludere il tutto con una bella discussione sulle 10 piaghe d’Egitto».

“A Pasquetta grigliate su Zoom”– Il Foglio
Una delle tradizioni italiane per eccellenza è quella della grigliata di Pasquetta con la famiglia o gli amici, tradizione che quest’anno soccombe alla regola del social distancing e dell’isolamento forzato. Sul Foglio, Michele Masneri e Andrea Minuz raccontano a modo loro la Pasquetta digitale che si prospetta per molte famiglie italiane, ormai (si spera, perché il rischio di fuga nelle seconde case, al mare o in campagna, è in realtà altissimo) rassegnate a passare il Lunedì dell’Angelo attaccate ai cellulari o in collegamento dai computer con figli e parenti lontani, in quarantena pure loro, in attesa che Conte faccia loro sapere cosa ne sarà di tutti noi.

“What it means to gather for Easter, Passover, and Ramadan this year” Vox
Per celebrare la Pasqua, la Pasqua ebraica e il Ramadan, le varie comunità religiose di New York stanno facendo le prove per organizzarsi con la tecnologia a loro disposizione, dalle messe virtuali in tempo reale via Zoom, alle devozioni pre registrate e rese disponibili sui siti web. Sacerdoti, pastori, imam, rabbini: tutti i leader religiosi sono uniti nel ricordare che i principi della religione – di qualsiasi religione – non riguardano lo spazio fisico: non incontrarsi in questo periodo è anzi un’occasione preziosa per praticare la carità e l’empatia verso gli altri. Non è sempre facile, però, mettere in pratica metodi di preghiera alternativi. Su Vox, Kovie Biakolo ha parlato con i leader di diverse comunità religiose, chiedendo loro di raccontare com’è stato affrontare l’idea di celebrare le feste in modo completamente diverso.

“The Easter of Empty Churches”– The Atlantic
«Nell’aprile del 2019 – esattamente un anno fa – le fiamme hanno colpito il tetto della cattedrale di Notre-Dame di Parigi. In poco tempo, il terrore divenne realtà: non ci sarebbe stata Pasqua a Notre-Dame», scrive Mark Edington, vescovo della Chiesa episcopale in Europa. «Non potevamo immaginare che un anno dopo non ci sarebbe stata Pasqua in tutta Europa». Questa sarà la prima Pasqua delle chiese vuote: nel corso nella storia i fedeli si sono riuniti per celebrare la resurrezione di Cristo anche durante guerre, sconvolgimenti e rivoluzioni, ricorda Edington. Ma quest’anno non succederà. La riflessione del vescovo, però, si conclude con una nota incoraggiante: «Al centro del significato della Pasqua c’è la storia di un’altra struttura vuota: il sepolcro. Da quel vuoto è emersa una serie di idee di incalcolabile influenza sulla vita umana, sulla cultura e sul pensiero. Chissà, forse le chiese vuote di oggi potrebbero contenere qualcosa di simile».

“Nowruz in the Time of Coronavirus” – Food&Wine
Tra le celebrazioni che ricorrono in questo periodo c’è anche il Nowruz, il capodanno iraniano che segna l’inizio del nuovo anno secondo un’antica tradizione persiana e l’arrivo della primavera. «Ma l’unica cosa che sono riuscita a fare è stata chiamare i miei genitori in Iran e cucinare il mio piatto preferito di quando ero bambina», scrive Liana Aghajanian, raccontando la propria esperienza. Com’è possibile festeggiare il nuovo anno quando non c’è alcun motivo per festeggiare? «Le famiglie hanno organizzato riunioni su Zoom e FaceTime, ma sembrava che nel mezzo della pandemia, celebrare “una cosa nuova” avesse un significato cupo», continua. La verità però, è che abbiamo bisogno di rituali per sentirci umani e normali, «per ricordarci chi siamo quando le cose cadono a pezzi. E per ricordarci che potremo rinascere come si fa in primavera».

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