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05:21 lunedì 23 giugno 2025
Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

In Papua Nuova Guinea si teme un’escalation di violenza tribale

23 Luglio 2019

La scioccante uccisione di 18 persone in un villaggio potrebbe aver cambiato tutto, avverte il capo della polizia di Hela, una regione del nord ovest della Papua Nuova Guinea. 10 donne e 8 bambini sono stati massacrati a colpi di machete. Non si è più in grado di individuare a chi appartengano le varie parti del corpo dei cadaveri, ha dichiarato un operatore sanitario al Guardian. Il giorno prima del massacro, avvenuto l’8 luglio, altre 9 persone erano state uccise nella stessa zona abitata soprattutto dalla popolazione Huli. Secondo la polizia «si tratta di un vero e proprio trend».

La violenza tribale ha radici profonde, ma questa volta siamo di fronte a qualcosa di diverso. Il massacro infatti non rispetta le tradizionali regole della guerra tra tribù, spiega l’antropologo Chris Ballard dell’Australian National University, che ha vissuto per anni nella zona. Prima del contatto con gli europei, infatti, avvenuto solo 85 anni fa, «Gli scontri venivano gestiti e nessuno era interessato ai massacri di massa». Soprattutto, non venivano coinvolte le donne.

C’è una rabbia inedita tra gli Huli, scatenata da promesse economiche disattese e dai problemi di distribuzione delle concessioni sul gas della zona. Come spiega il quotidiano britannico, gli scontri avvengono a soli 30 chilometri dall’Exxon-Mobil led PNGLNG, un progetto di 19 miliardi di dollari riguardante il gas naturale liquefatto, il più grande investimento nella nazione in tema di risorse.

Nel 2008, quando il progetto era al suo apice, Medici Senza Frontiere ha inviato un team di chirurghi nella zona, considerata in guerra. Un rappresentante di Exxon-Mobil ha dichiarato che gli scontri avvengono al di fuori dell’area operativa. Un partner dell’operazione imputa l’escalation della violenza sulle donne all’avvento della modernizzazione e dei cellulari. Ma la politica sul gas «fa parte della storia e del territorio», ribadisce l’antropologo.

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