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05:05 mercoledì 17 settembre 2025
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
Dopo i meme, i videogiochi, le carte collezionabili e gli spettacoli a Broadway, adesso l’Italian Brainrot arriva anche nei parchi giochi italiani Da fenomeno più stupido e interessante di internet alla vita vera, al Magicland di Valmontone, in provincia di Roma.
È morto Robert Redford, una leggenda del cinema americano Aveva 89 anni, nessun attore americano ha saputo, come lui, fare film allo stesso tempo nazional popolari e politicamente impegnati.
La prima puntata del podcast di Charlie Kirk dopo la sua morte è stata trasmessa dalla Casa Bianca e l’ha condotta JD Vance Il vicepresidente ha ribadito che non ci può essere pacificazione con le persone che hanno festeggiato o minimizzato la morte di Kirk.
Tra i candidati a rappresentare l’Italia all’Oscar per il Miglior film internazionale ci sono praticamente tutti i film usciti in Italia quest’anno Tranne La grazia di Paolo Sorrentino, ma non per volontà: la sua assenza è solo una questione burocratica.
Versace Embodied non è una campagna ma una conversazione sulla cultura Capitolo primo (di una nuova serie): Versace si racconta attraverso fotografia, poesia, musica e oggetti d'archivio, sotto la direzione creativa di Dario Vitale.

“Caro scrittore, taglia il gay”

18 Aprile 2011

Come tutti i lunedì, torna l’appuntamento con Santa Barbara, la rubrica di Violetta Bellocchio.

Jessica Verday è una scrittrice attiva nel genere romantico-paranormale, con due romanzi di successo alle spalle. Le viene proposto di partecipare a un’antologia young adult: il tema è «le fate», il titolo Wicked Pretty Things; verrà pubblicata da Running Press, una casa editrice indipendente ma abbastanza forte. Lei accetta, e manda un racconto con due personaggi maschi che si innamorano.

La curatrice del progetto, Trisha Telep, le risponde così: «bella la tua storia, però dovresti far diventare femmina uno dei protagonisti, altrimenti la casa editrice non la accetterà mai…  in fondo questa non è un’antologia sulla sessualità alternativa». (Per chi ci segue da casa: sì, è l’equivalente gay di «non sono razzista, ho un amico nero».) La richiesta viene considerata assurda e offensiva, tanto più che le linee-guida passate agli autori non vietano affatto il contenuto omosessuale: si chiede solo di non scrivere cose troppo spinte, mentre il tono generale viene definito «dark, con qualche elemento romantico». Jessica Verday precisa che la sua storia è G-rated (ovvero, il visto di censura per tutti), che dentro ci sono «tre baci e una parolaccia», dice arrivederci e racconta tutto via blog.

Dopo di lei, in pochi giorni, dieci autori si ritirano da Wicked Pretty Things. Dieci autori che usano i loro blog e i loro account su Twitter per spiegare in tempo reale cosa sta succedendo, e a ogni autore corrisponde un gruppo di lettori più o meno numerosi, ma compatti nel dire «questa è omofobia, noi stiamo con voi». L’effetto domino arriva a toccare molti scrittori che con l’antologia non c’entrano nulla: Melissa Marr scrive «ho saputo che pubblicizzano la cosa con la frase un taglio alla Melissa Marr, adesso mi sentono»; altri abbandonano progetti diversi della stessa curatrice, oppure dicono «non me ne vado solo perché hanno già stampato le prime copie». A sorpresa, Trisha Telep si addossa tutta la colpa, sempre via blog: ha peccato per eccessiva cautela, anticipando (male) le possibili obiezioni di Running Press a quel singolo racconto. (Parentesi: davvero avrebbero detto di no a un’autrice da classifica del New York Times? S’apra il dibattito.) Poi però l’editore fa il bulletto su Publisher’s Weekly, sganciando il più classico dei non-argomenti («omofobo? Io? Ma se sono gay!») e prendendo le distanze sia da Trisha Telep sia dagli autori in fuga, dipinti come una massa di ragazzette isteriche che firmano contratti senza leggerli. (Abbiamo una scansione del contratto? Abbiamo la scansione del contratto.) Certo, perché no homo è un marchio di cui vanno fieri solo gli ultra-cristiani di fascia bassa. La realtà è un po’ diversa. Infatti un autore che chiede di restare anonimo contatta la blogger più presente nel seguire la questione (Cleolinda Jones) e spiega che già in passato lo stesso team curatrice/editore aveva chiesto/ordinato di «togliere il gay» da un testo.

Morale della favola: dieci autori sui previsti tredici sbattono la porta nel modo più pubblico possibile, l’antologia viene cancellata.

L’episodio rischia di essere preso meno sul serio di quanto merita, dato che lo sfondo è una serie di racconti a tema  fairies – esatto, le fate. (Ascoltiamo il parere di Sookie Stackhouse.) Quello che ne rimane è una comunità di scrittori e di consumatori molto più sereni rispetto a chi li pubblica e li rifornisce. E che non vedono nulla di strano se un amore (peraltro casto) tra persone dello stesso sesso finisce in un’antologia «di genere» mirata agli adolescenti. Una di quei dieci autori, Seanan McGuire, se n’è andata raccontando quanto fosse stato importante per lei trovare anche personaggi e affetti non etero nelle storie che leggeva da ragazza. «Potevo mostrare quei libri a mia madre dicendole, vedi, non riguarda soltanto me, e non è poi la fine del mondo, e non è l’unica cosa che mi definisce come persona».

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Quello che le diciamo non si può cancellare e potrebbe essere usato in tribunale.

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