Attualità

Cenone contemporaneo

Come preparare un menu natalizio rivisitando le ricette della nonna con i capricci e le mode culinarie del momento.

di Tommaso Melilli

Contemporaneo: ovvero che assecondi ironicamente le tendenze e le mode culinarie del momento, riscrivendo la tradizione natalizia. Un menu di cinque portate ispirato da grandi e venerati chef che spazia dagli antipasti ai dolci, dalla bresaola di tonno alla meringa grattugiata, dall’insalata di rinforzo molecolare al ceviche (che ha conquistato il mondo).

Antipasti

— Prosciutto e melone di Natale

C’erano una volta i crostini col salmone affumicato. Si mangiavano una volta l’anno e il sapore scivoloso del pesce arancione faceva capire a tutti che stava succedendo qualcosa di importante. Poi, non si sa bene come, il salmone si è fatto di anno in anno meno eccezionale, è apparso insipido nei sashimi da asporto e nei panini qualunque, affogato in creme all’aneto. E così, nel frattempo, il salmone è diventato di allevamento, magari intensivo, e il suo tasso di eccezionalità è drasticamente crollato. (Sarebbe troppo lungo spiegare perché il salmone è stato così sfruttato da diventare un pesce comune, ma ho il sospetto che sia una delle conseguenza di una società che vorrebbe che fosse Natale tutti i giorni. O forse è solo perché è molto colorato.)

Quest’anno, è obbligatorio sostituire l’obsoleto salmone con un altro pesce affumicato, molto più slow food e molto più local: la bresaola di tonno. Tagliate quindi della fette sottili di bresaola di tonno e disponetele ciascuna su un altrettanto sottile spicchio di melone d’inverno. Poi un filo d’olio sul tutto e qualche seme di finocchietto selvatico. Già, proprio così: a Natale, prosciutto e melone.

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—Insalata di rinforzo

L’insalata russa in versione finger food l’ha già fatta Cracco in tempi non sospetti, quindi ad essa rimando (è già un classico), e passo direttamente al contorno. La parola “rinforzo” evoca stabilità, solidità, processi chimici e camere oscure, e soprattutto una deliziosamente datata insalata sottaceto napoletana.

Intorno alla cucina molecolare circolano voci inquietanti e odore di truffa, e invece è una cosa seria, soprattutto quando a farla (e a spiegarla) è Ferran Adrià, cioè lo chef che l’ha inventata. Il principio è molto semplice e affascinante: i cibi hanno delle forme naturali, alcuni sono tondi, altri bitorzoluti, altri liquidi o spumosi. Quando si cucina si può scegliere di assecondare queste forme oppure, al contrario, di pervertirle, trasformando una cosa quadrata in una tonda (avete presente le polpette?). Per esempio, grattando la superficie di un cavolfiore crudo con un coltellino viene fuori, beh, un cous cous! Che potrete sbollentare in acqua calda, scolare e poi aggiungere agli altri ingredienti della giardiniera.

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Piatti

— Risotto agli scampi, senza scampi

C’è un piatto che circola in varie regioni d’Italia, con nomi e ricette leggermente diverse, ma con sottinteso lo stesso concetto: possono chiamarsi spaghetti con le vongole fujute (che si narra siano stati inventati da Eduardo de Filippo) o pasta con le sarde a mare (in cui le sarde sono in mare e quindi non nel piatto). La sostanza è comunque quella: un piatto che sa di pesce, dove però il pesce non c’è (perché costava troppo). O perché, in generale, chi cucina è sufficientemente astuto da poterne fare a meno. Lo stesso principio si può applicare con il risotto, magari per sostituire il grande classico di alcune vigilie, cioè il risotto con la crema di scampi. Tostate il riso come per fare un risotto normalissimo, soffriggendolo con cipolla e uno spicchio d’aglio schiacciato. Subito dopo averlo sfumato col vino bianco, aggiungere due filetti d’acciuga a persona, e portare a cottura con brodo vegetale. Poi concludere come si fa con quasi tutti i risotti di pesce, mantecando con burro freddo, parmigiano, prezzemolo e scorza di limone. Saprà tantissimo di frutti di mare indefiniti e, soprattutto, sarà brutto: con gli invitati, rivendicate tale bruttezza come una scelta, biasimando l’estetismo della cucina contemporanea ed eventualmente facendo riferimento al “bruttismo” di certe avanguardie gastronomiche contemporanee.

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— Anguilla/ Ceviche

Secondi piatti: non si sfugge all’anguilla in carpione. Ma che cos’è, in fondo, l’anguilla in carpione, se non un pesce poverissimo marinato? Pesce povero, marinato: ceviche! Da un paio d’anni, il ceviche ha conquistato il mondo. È un antichissimo piatto povero peruviano che consiste nel prendere un pesce qualunque e “cuocerlo” in succo di lime e altri agrumi. A seconda del tipo di pesce, del taglio, del tipo di agrumi e del vostro gusto, il tempo di marinatura del ceviche può oscillare da 10 minuti a 12 ore. Il ceviche è un piatto povero, e povero dev’essere il pesce utilizzato. Dovendo sostituire l’anguilla, abbiamo anche bisogno di un pesce particolarmente brutto. Tipo, che so, il cefalo, che oltre ad essere molto brutto ha anche un nome brutto.

Per quanto riguarda gli agrumi, su mezzo chilo di pesce sfilettato orientatevi così: 3 lime, 1 ottimo limone, due arance e un pompelmo. Se proprio volete tirarvela tantissimo, togliete il limone e aggiungete un bergamotto. Spremete tutti gli agrumi e tenete da parte il succo d’arancia, che aggiungerete solo all’ultimo momento. Tagliate il pesce a strisce di 4 millimetri e lasciate marinare mezz’ora a temperatura ambiente con sale, pepe, poco peperoncino, cipolle rosse tagliate finissime e scaglie di cedro. Si è soliti aggiungere un paio di cucchiai di zucchero di canna, ma noi non lo faremo: li sostituiremo con una decina di spicchi di barbabietola cruda. Il liquido della marinatura, che nel nostro caso, grazie alla barbabietola, sarà viola, è noto come leche de tigre: può essere tenuto da parte e consumato il giorno dopo (formidabile cura per l’hangover): tuttavia, non tutti sanno che il ceviche può essere servito con il succo, che funge da brodino. Naturalmente, noi faremo così. Aggiungete quindi il succo d’arancia, qualche spicchio, e delle foglie di coriandolo fresco.

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Dolci

— Muschio

Il dolce per il Natale hipster è uno solo, e in origine è una ricetta di René Redzepi, chef di Noma a Copenaghen, da molti anni il miglior ristorante al mondo. La versione originale è fatta con una granita di clorofilla complicatissima, ma se seguite molto attentamente le mie indicazioni avrete una cosa che, a vederla, ci somiglia molto, e che accidentalmente è anche gradevole al gusto. Posate su un piatto di ceramica artigianale due quenelle di crema acida e due di gelato al lampone o alle fragoline di bosco. Poi recuperate un cake al the verde matcha (facilmente reperibile in qualunque coffee shop con le sedie spaiate e i tavoli scrostati) e sbriciolatelo. Tappezzate il piatto con questo pangrattato verde, disponete in modo aleatorio dei ribes o altri frutti di bosco e infine grattuggiate sul tutto un poco di meringa. A questo punto guardate il piatto, e gioite del vostro dessert natalizio definitivo: muschio!

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Foto dell’autore