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22:37 domenica 24 agosto 2025
Daniel Day-Lewis non recita più ma ha fatto un’eccezione per il film d’esordio di suo figlio  Sono passati otto anni dalla sua ultima volta, ha interrotto il pensionamento per fare il protagonista nell'opera prima del figlio Ronan.
Il rebranding dell’Eurovision per il 70esimo anniversario non sta andando per niente bene Il nuovo logo, soprattutto, non piace né ai fan né ai graphic designer, che già chiedono di tornare alla versione precedente.
L’organizzazione che monitora la sicurezza alimentare nel mondo ha confermato per la prima volta che a Gaza c’è una carestia Secondo l'Integrated Food Security Phase Classification, organizzazione alla quale si affida anche l'Onu, a Gaza la situazione è di Carestia/Catastrofe umanitaria.
Il nuovo trailer del Mostro conferma che la serie di Stefano Sollima è uno dei titoli imperdibili della Mostra del cinema di Venezia Dopo la prima a Venezia sarà disponibile su Netflix a partire dal 22 ottobre.
L’ultimo film della saga di Mission: Impossible è stato trasmesso gratuitamente su YouTube, ma ha potuto “vederlo” solo chi conosce l’alfabeto Morse E il pubblico sembra aver molto apprezzato l'iniziativa, a giudicare dai commenti che si leggono su YouTube.
A Maiorca quest’anno ci sono molti meno turisti a causa delle proteste contro l’overtourism Addirittura il 40 per cento in meno rispetto al 2024, secondo gli allarmatissimi balneari, ristoratori e albergatori locali.
Un sacco di gente è andata a vedere un concerto di Justin Bieber a Las Vegas senza accorgersi che sul palco non c’era lui ma un sosia Ci è voluta una canzone intera (una non eccellente interpretazione di "Sorry") prima che qualcuno cominciasse a sospettare.
È uscito il primo trailer di Good Boy, l’horror raccontato dal punto di vista di un cane Chi il film l'ha già visto dice che è bellissimo e che il protagonista, il cane Indy, meriterebbe un premio per la sua interpretazione.

Quest’immagine confermerà i vostri pregiudizi

Un finto manifesto di CasaPound diventa virale e finisce, tra commenti indignati, sulla pagina di Sinistra e libertà.

22 Settembre 2015

Alessandro Longo ha un umorismo originale. Sulla sua pagina Bispensiero si diverte a produrre dei fotomontaggi enigmatici nei quali si scontrano mondi lontanissimi: Pasolini e Matrix, oppure Maria Elena Boschi e il metal. Chi lo segue ha imparato a conoscere il suo universo parallelo nel quale il filosofo Slavoj Žižek viene ospitato a Porta a Porta, le Femen vengono ripulite da ogni scritta con Photoshop e il linguaggio del politicamente corretto si scompone in un puro nonsense. È la “supersimmetria del trollaggio”, baby.

Ma ieri Alessandro Longo ha fatto un errore: per la prima volta ha realizzato un fotomontaggio credibile, ovvero un finto manifesto di Casa Pound. Ed è subito diventato virale, con ben oltre cinquecento condivisioni. Finché addirittura la pagina ufficiale del partito di Nichi Vendola, Sinistra Ecologia e Libertà, non lo ha presentato come autentico, ottenendo ancora centinaia di condivisioni. Credibile, un manifesto di Casa Pound con una citazione di Bertrand Russell? Evidentemente sì, se la citazione è «Una mente aperta è una mente vuota» e se questa frase sembra confermare dei pregiudizi diffusi, a sinistra, sui militanti di estrema destra: chiusura mentale, stupidità, e poi stupidità al cubo perché rivendicano la loro stupidità. Qualcuno parafrasa «Siamo fieri di essere trogloditi», senza chiedersi se una simile fierezza non sia sospetta. Perché mai dei militanti di estrema destra dovrebbero rivendicare la loro (eventuale) chiusura mentale e la loro (eventuale) stupidità? Di fatto, prendere sul serio questo fake manifesta, come dire, una certa chiusura mentale. E forse persino una certa stupidità.

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Senza dubbio Casa Pound ci ha abituati a un linguaggio provocatorio, e per questo il fotomontaggio è in qualche modo credibile. Ma è proprio quando sono più credibili che i falsi iniziano a circolare. In realtà, la frase di Russell secondo Longo «indica l’impossibilità di interpretare il mondo senza un bagaglio culturale» e quindi è tutt’altro che un invito alla chiusura mentale. Ad ogni modo, non è mai apparsa su nessun manifesto di Casa Pound: l’originale recitava «Non suicidarti, ribellati». Ma il falso era troppo bello per essere vero, e quindi andava condiviso. Qualcosa di simile accadde qualche anno fa al fumettista Giacomo Nanni e a me, come ho raccontato sul Post.

Sfortunatamente pochi di noi applicano il cosiddetto “principio di carità interpretativa” immaginato dal filosofo Donald Davidson, che consiste nel presupporre (perlomeno in un primo momento) che quello che dice il nostro interlocutore abbia un senso. E così, ancora una volta un tassello di finzione ha preso il posto della realtà. L’immagine falsificata continuerà a circolare per settimane, mesi, forse anni, e questo indipendentemente dalla volontà del suo creatore, sinceramente contrito per le conseguenze del suo gesto. I militanti di CasaPound si sono subito indignati. In particolare si è indignato Adriano Scianca, responsabile alla cultura del movimento, che ha passato il pomeriggio a denunciare la falsificazione intervenendo sulle bacheche di Facebook. Troppo tardi, tutto inutile. L’immagine ormai era dappertutto, e nel flusso dei commenti a poco servivano le obiezioni di Scianca, né il comunicato rilasciato da CasaPound Italia in serata. Il quale però sortisce un ulteriore effetto, con altre centinaia di condivisioni da parte dei “fascisti del terzo millennio”, ben contenti d’infierire sull’ingenuità dei loro avversari politici. I commenti di chi ha condiviso il falso e di chi ha condiviso la rettifica sono ugualmente desolanti, tra luoghi comuni sui “fascisti” e aggressioni verbali alle “zecche luride”. Così confermando tutti i miei pregiudizi sulla sinistra saccente e sulla destra livorosa.

Basta guardare il profilo twitter di Scianca per capire che smentire le bufale su CasaPound è la sua principale attività, e forse, paradossalmente, una delle principali fonti di consenso del movimento. Vittimismo e inversione dello stigma sono armi retoriche particolarmente efficaci per i partiti di estrema destra che si propongono come “alternativi al sistema”. Ma la verità è che in questa sporca guerra CasaPound subisce tante bufale quante ne diffonde, e che ogni possibilità di dibattito politico scompare sotto gli innumerevoli strati di mistificazione. Non ci sarebbe da stupirsi se prima o poi fosse uno stesso militante di CasaPound a ripubblicare, seriamente, il fotomontaggio di Longo. Tutto sommato si tratta di una frase abbastanza poetica, quasi buddista.

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Forse vi siete chiesti talvolta come nascono i falsi su Internet. Sicuramente c’è chi li usa intenzionalmente per fare propaganda, ma questo non è il caso del povero Alessandro Longo, che voleva soltanto divertire i suoi affezionati lettori. In questo caso come in molti altri, il falso si genera spontaneamente, come effetto della decontestualizzazione. «Per chi è fuori dai contesti dell’attivismo», spiega Longo, «CasaPound è un’icona così come il logo della Coca Cola, il tricolore o Capitan Harlock»: appartiene cioè a un archivio iconografico dal quale è lecito trarre ispirazione per interrogarsi sulla realtà sociale. Ma Facebook non perdona e può trasformare un scherzo tra pochi in un malinteso che coinvolge migliaia di persone, due movimenti politici e siti web di cultura e informazione.

Nel suo saggio Le menzogne del web, da poco uscito per Bollati Boringhieri, il giornalista americano Charles Seife racconta le trasformazioni dell’informazione all’epoca di Internet e attira l’attenzione su certe disfunzioni preoccupanti. La rete è diventata oggi un vettore di contagio della cattiva informazione, perché aumenta in modo esponenziale i tre fattori che in epidemiologia definiscono la contagiosità di una malattia: la trasmissibilità, l’interconessione e la persistenza. Grazie a Internet e alla sua capacità di alterare la percezione della realtà, racconta Seife, un muppet è diventato l’assistente di Bin Laden!

Nel caso del finto manifesto di CasaPound la responsabilità più grossa è sicuramente della pagina di Sel, che ha diffuso l’immagine senza fare alcuna verifica. Ma all’origine di tutto c’è uno spillover, ovvero il salto del virus da una specie all’altra: dal portatore sano (il creatore del fotomontaggio e il suo pubblico designato) a un pubblico incapace di cogliere l’ironia, o meglio, quell’ironia molto particolare. Oggi siamo tutti esposti al rischio della decontestualizzazione, del fraintendimento, della falsificazione, perché condividiamo in qualche modo lo stesso spazio pubblico ma non condividiamo i linguaggi e i riferimenti culturali. Lo stesso caso di Charlie Hebdo non era molto diverso, anche se il suo esito è stato ben più tragico.

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