Mentre si festeggiano i vent’anni dall’uscita del primo Harry Potter, muore Paolo Limiti. Che cosa c’entra? Niente, o forse qualcosa sì. Nel suo salotto Rai del pomeriggio, praticamente una mostra di Francesco Vezzoli prima che esistesse Francesco Vezzoli, Limiti ha insegnato alle casalinghe (e a me, una casalinga in nuce che guardava la tv dalla casa di nonna) che la magia era possibile. Era possibile parlare con Floradora, ma non nella maniera in cui Paolo Bonolis parlava con Uan. Limiti era un adulto colto, in un mondo di adulti – anzi: di vecchi – e in quel mondo c’erano i canini parlanti e birbanti. Il salotto di Limiti era una porta aperta su un mondo fantastico, non era il vintage già intellò dell’Anima mia di Fazio-Baglioni, e nemmeno la celebrazione burocratica dei tappeti volanti di Luciano Rispoli. Lo sguardo sull’attualità era pressoché bandito, ma l’occhio fisso al passato non era nostalgico, semmai sempre incantato. Ti schiantavi sul binario 9 e tre quarti del primo (secondo?) canale e il mondo si fermava come a Hogwarts.
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