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11:17 martedì 16 dicembre 2025
Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.
Dopo l’attentato a Bondi Beach, in Australia vogliono introdurre leggi durissime sul porto d’armi visto che quelle usate nella strage erano tutte detenute legalmente Intestate tutte a Sajid Akram, l'uomo che insieme al figlio Naveed ha ucciso 15 persone che si erano radunate in spiaggia per festeggiare Hannukkah.
Nonostante diversi media parlino già di omicidio e accusino il figlio Nick, della morte di Rob Reiner e di sua moglie Michelle non si sa ancora quasi nulla La polizia di Los Angeles ha confermato solo il ritrovamento dei cadaveri e l'inizio di un'indagine che contempla anche la «possibilità di omicidio».
Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.

Quel che resta del palinsesto

I canali tematici, il web, l'on demand. Come si sta evolvendo il nostro concetto di programmazione televisiva nell'era dei contenuti diffusi e del binge watching. Un estratto dal saggio Palinsesto di Luca Barra, che esce per Laterza.

13 Febbraio 2015

È da poco uscito per Laterza il saggio Palinsesto. Storia e tecnica della programmazione televisiva, di Luca Barra. Proponiamo qui un estratto dal quarto capitolo, dedicato alle prospettive future. Buona lettura

Il palinsesto, così come gli strumenti e le tecniche mediante cui è progettato e costruito, non è qualcosa di fisso e immutabile, ormai è chiaro: le regole, le strategie, le abitudini, i tratti distintivi delle reti e della loro programmazione sono piuttosto il risultato di un processo storico articolato e complesso, con aspetti specificamente nazionali e fattori condivisi, e con permanenze, cambi di rotta e contraddizioni che dipendono dalla struttura del sistema televisivo e mediale, dalle pratiche di fruizione, dai progetti e dagli obiettivi degli addetti ai lavori. La variabilità è un elemento intrinseco, quasi scontato, non soltanto nelle tecniche di composizione di scalette e griglie, ma anche nella stessa evoluzione storica di un’operazione di continua scrittura, modifica e riscrittura a più livelli.

Di più, almeno a partire dai primi anni Novanta, il palinsesto – sia nel mondo, sia in Italia – è messo, spesso anche radicalmente, in questione: a ripercorrere il discorso pubblico e a leggere le analisi di tipo giornalistico, o talvolta anche accademico, la struttura dei programmi e degli altri contenuti sottesa alla messa in onda pare essere il punto debole del piccolo schermo, e l’attacco a essa il grimaldello con cui scardinare abitudini e pratiche fruitive che parevano immutabili. Di fronte allo sviluppo, all’avanzata e poi allo stabile radicamento del web e dei media digitali nei consumi di ampie parti del pubblico, in molte analisi il palinsesto è morto, e anche la televisione non si sente troppo bene. L’artigianato del collocare programmi e comporre scalette, la scienza di dare forma e struttura a un’esperienza che sarà di flusso, l’insieme articolato di leggi e convenzioni diventa, nel mondo digitale, poco più di un vecchio arnese, uno strumento arcaico e ormai obsoleto a fronte delle molteplici opzioni rese possibili da piattaforme, strumenti e device che (retoricamente) mettono in primo piano le capacità di scelta libera e indipendente di un’audience sempre più attiva e partecipe.

Come la televisione, il palinsesto è ancora lì, e vi resterà a lungo: è però uno strumento diverso, più complesso da definire.

Come ogni luogo comune, anche questa diffusa interpretazione, che vede opporsi da più di vent’anni la «vecchia televisione» e i «nuovi media», contiene numerosi elementi degni di nota, evidenziando (anche se in modo spesso troppo radicale) cambiamenti nei comportamenti e nelle attese del pubblico, inedite priorità e attribuzioni di valore, e in generale la percezione condivisa di un’avvenuta rivoluzione. Al tempo stesso, però, osservando più da vicino i fenomeni, le direttrici appaiono molto meno nette, a comporre un quadro certo meno schematico – ma proprio per questa ragione, in fondo, molto più interessante – fatto di contaminazioni reciproche, sovrapposizioni inattese, resistenze inerziali e insieme della messa in discussione di rendite di posizione che parevano consolidate. Come la televisione, il palinsesto è ancora lì, e vi resterà a lungo: è però uno strumento diverso, più complesso da definire e forse meno potente nei suoi effetti, sotto il fuoco incrociato di varie spinte centrifughe, al centro di mutamenti e cambi di pelle costanti, ma anche inaspettatamente resiliente, capace in modo costruttivo di ritagliarsi un nuovo valore e uno spazio differente nella costante evoluzione dello scenario. […]

La complessa sfida della tv contemporanea è di ricostruire un flusso sempre più disperso, di offrire appuntamenti di visione e «scelte facili», di mantenere la centralità accettando il mutato campo di gioco.

Le strade per riuscirci sono molte, anche se non sempre facili da percorrere, e puntano proprio sulle funzioni che tuttora rendono necessaria – e importante – la sequenza ordinata dei programmi. Lungi dall’abbandonare il palinsesto, il piccolo schermo deve piuttosto farne un punto di forza, un tratto distintivo e caratteristico, forse persino il suo «specifico» in un mondo digitale.

Le serie e le sitcom di importazione, sparse tra più canali e piattaforme, disponibili nell’on demand e spesso scaricate illegalmente, non sono in realtà l’esempio della massima libertà fruitiva. Il palinsesto non è più imposto in modo centralizzato, ma selezionato volontariamente.

In primo luogo, attraverso il palinsesto il mezzo televisivo può sottolineare (e persino imporre) la sua capacità di sincronizzazione, fissando temporalità, abitudini e appuntamenti condivisi per l’intera platea nazionale o, in modo più ridotto, per singoli gruppi e comunità specifiche. […] Basti pensare agli eventi sportivi e spettacolari, o all’informazione e al rito del telegiornale della sera (che resta rigorosamente alle 20). Ma ogni programma può diventare a suo modo un appuntamento da non perdere, un contenuto da vedere per poterne parlare il giorno dopo con amici e colleghi – la televisione del watercooler, il distributore d’acqua, in Italia sostituito dalla macchinetta del caffè –, il tassello utile a sentirsi parte integrante di una comunità ancora «immaginata», ma secondo direttrici differenti. […] E le serie e le sitcom di importazione, sparse tra più canali e piattaforme, disponibili nell’on demand e spesso, almeno da una parte degli spettatori, scaricate illegalmente, non sono in realtà l’esempio della massima libertà fruitiva ma consentono piuttosto una scelta tra più palinsesti, al plurale: un’alternativa al binge viewing, talvolta forzata (se la serie è ancora in onda con episodi inediti), è infatti il riallineamento su un palinsesto specifico – che può essere quello della televisione pay free, oppure quello statunitense, da sondare con attenzione nell’attesa della messa in onda di una nuova puntata –, con lo spettatore che tende a scegliere con cura una temporalità di elezione e a seguirla con fedeltà. Il palinsesto non è più imposto in modo centralizzato, ma selezionato volontariamente. Si moltiplica, ma non esaurisce le sue mansioni.

Una seconda funzione fondamentale del piccolo schermo è quella di fornire una «bussola», uno strumento diorientamento all’interno di un panorama complesso, caotico e sovrabbondante, dove è facile perdersi (e quindi perdere contenuti potenzialmente interessanti). Di fronte all’information overload, alla complessità di un’offerta di testi e programmi in costante evoluzione e perennemente aggiornata, la griglia della programmazione offre un approdo sicuro. Lo spettatore rinuncia, almeno in parte, alla sua libertà potenzialmente infinita di selezione dei contenuti – comunque faticosa, dispendiosa in termini di tempo e di risorse – e si affida alle mani esperte e sapienti di chi compone i palinsesti. […]

Se l’on demand, e per alcuni aspetti anche la tv tematica in senso forte, sono lo spazio della specializzazione e della scelta, la televisione generalista o le reti rivolte a target e comunità di interesse hanno una ragion d’essere distinta, che consiste nel loro ruolo di guida, accompagnatore, selezionatore di proposte e contenuti che possono risultare interessanti. Il palinsesto evita qui il rischio di una «balcanizzazione», un ripiegarsi dello spettatore su se stesso e su ciò che è già sicuro di apprezzare, e offre il rischio (ma anche la soddisfazione) della sorpresa. […]

Infine, la televisione «tradizionale» è ancora lo spazio del primo incontro con il programma. È una naturale conseguenza degli altri punti: della creazione di appuntamenti sincronizzati, del ruolo di guida nello scenario complesso, della costruzione di scalette chiare e omogenee. Ed è insieme una condanna e un grande punto di forza per i broadcaster, che devono necessariamente tenerne conto. La generalista è infatti la «matrice potenziale» di tutte le proposte televisive, dalle reti tematiche all’on demand. Insomma, è nei palinsesti delle reti che trovano spazio prodotti innovativi, o anche solo titoli e programmi nuovi di genere e tipologia consueta: la tv resta così il solo spazio in cui il pubblico può incontrare, vedere per la prima volta, valutare e soppesare qualcosa che ancora non conosce. Soltanto in un secondo momento, una volta «saggiato» il programma, deciderà come proseguire nella visione tra le molte scelte disponibili, fidelizzandosi all’offerta di palinsesto o piuttosto cercando di anticiparla, spostandosi su altre piattaforme o settandosi su temporalità differenti.

Una pratica che per certi versi somiglia allo showrooming, l’utilizzo dei negozi per saggiare le merci in vendita che poi si acquisteranno online, e che trasforma il palinsesto delle reti in una «vetrina» di proposte molteplici. Ma proprio per questo la strada per i broadcaster è tenere accesa, piena e brillante la loro offerta.

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