Attualità

L’enigma della settimana

Dal 1932 è una delle pubblicazioni più amate dagli italiani. Abbiamo provato a entrare nelle segrete stanze della Settimana Enigmistica. Ma...

di Michele Bisceglia

Un vero rompicapo. Nel senso che con la Settimana Enigmistica ci siamo letteralmente spaccati la testa sbattendola contro la porta della loro redazione. Avremmo voluto entrarci in quel palazzone in piazza Cinque Giornate a Milano dal quale ogni sette giorni escono parole crociate, rebus ed enigmi per farci raccontare, e raccontare a nostra volta, la storia e – perché no? – i segreti di uno dei colossi dell’editoria nostrana. Abbiamo bussato e hanno risposto, ma senza aprire. Perché non aprono a nessuno, da sempre.

«Riceviamo continuamente richieste da giornalisti,» racconta al telefono Fortunato Oliviero, da vent’anni redattore della Settimana Enigmistica: «Ci hanno chiamati anche Maurizio Costanzo e Fabio Fazio, ma non abbiamo mai ceduto. Non perché facciamo i preziosi, ma perché teniamo alla privacy e difendiamo il nostro know-how». Già, ottant’anni di passatempi e vignette umoristiche hanno fatto della Settimana Enigmistica, come insegna il famoso slogan, «la rivista che vanta innumerevoli tentativi d’imitazione».

Oliviero ride quando gli diciamo che, allora, continueremo a immaginare la redazione in bianco e nero, proprio come il settimanale si presenta in edicola dalla notte dei tempi. Bianco e nero, qualche illustrazione timidamente colorata, e quella testata che, ciclicamente, si veste di blu, verde e rosso alternando rigorosamente, sulle parole crociate in prima pagina, un volto maschile e un volto femminile, settimana dopo settimana: Silvio Muccino, Rachida Jones e Gerald Butler sui numeri 4096 (testata blu), 4097 (testata verde), 4098 (testata rossa). Tutti in bianco e nero, come fossimo ancora negli anni Cinquanta del secolo scorso. Prendete la Settimana Enigmistica di un sabato qualsiasi di quest’anno e confrontatela con il primo numero del 23 gennaio 1932 (23/1/32, data palindroma), vedrete che non sono così diverse. Per la cronaca, la prima star a comparire tra i quadretti delle parole crociate in prima pagina è stata l’attrice messicana Lupe Vélez.

Dunque, per capirci qualcosa, ci siamo rivolti a Stefano Bartezzaghi, enigmista, collaboratore di Repubblica, autore del libro L’orizzonte verticale. Invenzione e storia del cruciverba, ma soprattutto figlio dello storico cruciverbista della Settimana Enigmistica Piero Bartezzaghi e fratello di Alessandro Bartezzaghi, attualmente redattore del settimanale. Siamo andati a trovare Bartezzaghi allo Iulm di Milano, dove dallo scorso ottobre insegna Semiotica dell’enigma: «Posso dirvi poco, e in realtà ne so poco anche io». Altro che lessico e nuvole. Lessico e nebbia fitta.

Per quanto riguarda le vendite della Settimana Enigmistica, i cui dati di diffusione non sono registrati da Ads, Bartezzaghi rimanda a una ricerca di mercato pubblicata dal Sole 24 Ore nel maggio del 2004 e riportata nel suo volume: 1.289.000 copie, numeri ormai vecchi ma comunque significativi. Sui segreti della rivista, invece, alza gli occhi al cielo sorridendo e riassume quanto scritto ne L’orizzonte verticale: «Hanno sempre mantenuto un profilo più che discreto, senza mai ammettere giornalisti e fotografi nei locali della redazione, senza mai diffondere i dati di vendita o eccessivi dettagli in merito alla storia del periodico e dei suoi protagonisti».

I nomi degli assoluti protagonisti di questa storia sono scritti in quarta di copertina. Cavaliere del Lavoro Gr. Uff. Dott. Ing. Giorgio Sisini Conte di Sant’Andrea (fantozziano sì, ma questo dice il colophon), fondatore della Settimana Enigmistica – e del Rotary Club di Sardegna – scomparso nel 1972. E Francesco Baggi Sisini, attuale direttore responsabile del settimanale.

Ecco, se il primo è – stando alle parole di Bartezzaghi – «con ogni probabilità il più grande enigmista italiano del Novecento», il secondo è una sorta di enigma che abbiamo provato a risolvere aiutandoci con Google, che non darà proprio tutte le soluzioni, ma funziona un po’ come la pista cifrata, il giochino in cui bisogna unire con i segmenti i numeri in progressione, così da ottenere una figura più o meno nitida. Un altro vero rompicapo dato che siamo stati risucchiati in un arcipelago di società editoriali, assicurative e immobiliari.

Nella relazione del 2009 sul governo societario e gli assetti proprietari di Vittoria Assicurazioni, di cui Francesco Baggi Sisini (classe 1949, nipote di Giorgio) è amministratore indipendente, c’è un elenco dei ruoli ricoperti dal direttore della Settimana Enigmistica: presidente di Icaria S.r.l., amministratore unico di Martis S.r.l., Arbus S.r.l. e Bresi S.p.A., consigliere di Tamburi Investment Partners S.p.A.

Ora, Bresi S.p.A è l’editore della Settimana Enigmistica, ma spulciando tra le carte di Tamburi Investment spunta un altro c.v. di Baggi Sisini: inizia nel 1969, proprio con un’assunzione da parte di Segraf, la tipografia che stampa la Settimana Enigmistica. E Segraf è la rotocalcografia del gruppo Bresi (Bartezzaghi racconta come uno degli obiettivi del fondatore Giorgio Sisini fosse proprio l’autonomia editoriale, raggiunta anche con l’acquisizione di propri stabilimenti per la stampa e la produzione di carta e inchiostro).

Una delle persone che abbiamo interpellato per venire a capo del mistero Settimana Enigmistica ha scherzosamente indicato Francesco Baggi Sisini come «il Papa», facile intuire perché. A proposito di circoli ecclesiastici: Baggi Sisini è anche vice-presidente della Fondazione Sant’Ambrogio per la Cultura Cristiana, i gestori del Museo Diocesano di Milano.

«La loro forza è la tradizione,» dice al telefono un collaboratore della Settimana Enigmistica che chiede l’anonimato: «Periodicamente vengono fatte delle proposte di rinnovamento grafico e dei contenuti, ma è una macchina lenta. L’unica piccola rivoluzione è stata l’introduzione del colore, ogni tanto».

La Settimana Enigmistica, priva di pubblicità e riservatissima, la scorsa estate è ricomparsa sul piccolo schermo grazie a una serie di brevi spot realizzati da Ogilvy&Mether. «Per noi è qualcosa di più di una semplice rivista,» spiega Roberto Greco, direttore creativo dell’agenzia: «A noi, come a tanti Italiani, piace perché è sempre se stessa: non ha ceduto alla lusinga del colore, non ha concesso pagine alla pubblicità, non ha cambiato quasi nulla. Quindi, andava fatta solo una cosa: celebrare una delle icone rimaste in Italia.»

Il risultato dell’incontro tra la direzione del settimanale e l’agenzia creativa sono cinque film divertenti, da dieci secondi ciascuno, in cui la Settimana Enigmistica diventa un punto di riferimento temporale. Una sciura dice all’altra: Son passati anche da te a venderti sta collana di libri? E l’altra, con una sfilza di libri intorno al collo: Sì, cara: son passati la scorsa Settimana Enigmistica.

«Abbiamo pensato di rinfrescare l’immagine della Settimana Enigmistica strizzando l’occhio ai giovani, senza dimenticare i consumatori abituali – racconta Greco – Ma la svolta vera è venuta da una semplice frase detta da uno dei soci durante una chiacchierata: “Sai che molti italiani non sanno che la Settimana Enigmistica esce tutte le settimane?”»

Gli spot sembrano davvero spuntati dall’“antologia del buon umore” o dalle pagine “Per rinfrancar lo spirito… tra un enigma e l’altro” e si chiudono tutti con il claim: «Seriamente divertente». «Vedevo i miei colleghi sorridere durante le prime proiezioni e credo che questa sensazione sia quella che hanno avuto anche le persone a casa» sottolinea Greco. Noi ci siamo divertiti seriamente ad annerire tutti gli spazi segnati con il puntino per capire cosa nascondono, e qualcosa nasconderanno pure, gli amici della Settimana Enigmistica.

Settimana Enigmistica che, poco meno di dieci anni or sono, è passata anche on line, pur sempre a modo suo. Il sito Aenigmatica.it, infatti, ha una grafica da preistoria del web, scelta che rispecchia pienamente l’atteggiamento della testata nei confronti dell’amatissima carta. Anche per quanto riguarda il web, ci sono stati tentativi di restyling, sostanzialmente rifiutati dai piani alti del settimanale. Ma c’è comunque qualcosa che la Settimana Enigmistica ha abbracciato dei tempi moderni: l’esternalizzazione. Per tre anni Aenigmatica.it è stato seguito nello stesso Palazzo Vittoria di piazza Cinque Giornate sede della rivista, per poi essere affidato a un’altra società che cura l’adattamento Internet dei contenuti cartacei (parole crociate, rebus, giochi illustrati…) Ovviamente, è di gran lunga più semplice rintracciare i numeri di accesso al sito rispetto alle copie vendute in edicola: tra i novecento e i mille utenti unici al giorno (Fonte: whoismark.com/aenigmatica.it)

Insomma, l’enigma della Settimana resta irrisolto ma, se è vero che non siamo riusciti a vedere le scrivanie di Anderson, Urania, Mad e Max (non manca il senso dell’umorismo da quelle parti), una cosa comunque l’abbiamo scoperta: non usano i computer, preparano ancora i cruciverba con un foglio di carta e una matita.  Ecco dove forse sta il fallimento degli innumerevoli tentativi di imitazione. Nella tecnologia.

 

Dal numero 0 di Studio