Attualità
La letteratura della cronaca nera
Sono appena usciti in Italia due libri che ripercorrono, magistralmente, le storie vere di due omicidi. Cosa rende tanto preziosa la nonfiction giudiziaria?
Negli anni in cui il mercato editoriale vede la crime fiction, declinata nelle diverse nuances giallo/noir/thriller/poliziesco, regina nelle vendite, e quindi nelle classifiche, la storia della letteratura continua a insegnarci che la finzione non fa altro che tentare di riprodurre, in forma inevitabilmente più povera ma nonostante tutto epica, la realtà, composta dalle azioni dell’uomo, dai suoi comportamenti spesso non razionalizzabili, eleggendolo a grande drammaturgo di se stesso. Per restare a casa nostra, il delitto Varani, con gli ultimi ulteriori tragici sviluppi, è il più recente dei casi in cui efferatezza e mancanza di movente sembrano andare di pari passo. Anche in questi ultimissimi giorni, poi, la notizia di un doppio omicidio familiare: a Parma un ventunenne, giovane (e non mantenuta) promessa del calcio, ha ucciso la madre e la sorellina undicenne. Proprio a ricordarci questo doppio legame tra il delitto e la realtà e tra la realtà e la letteratura, un filo elettrico in cui l’energia si muove continuativamente in entrambe le direzioni, quest’estate si affacciano in libreria due romanzi che non raccontano il crimine attraverso la “finzione narrativa”, cioè attraverso l’invenzione di un intreccio intorno a un delitto immaginario, ma usano la narrazione per ricostruire una vicenda di cronaca nera.
Compulsion (Adelphi), di Meyer Levin, ripercorre fedelmente, seppure utilizzando nomi fittizi, il celeberrimo caso “Leopold e Loeb” («il delitto del secolo» venne ribattezzato all’epoca dalla stampa), l’omicidio di un quattordicenne della ricca comunità ebraica di Chicago degli anni Venti perpetrato da due giovani e brillanti studenti universitari di quella stessa comunità. Le indagini, nel 1924, risolvono il caso in poco tempo e il processo ai due assassini farà un gran clamore perché la difesa riuscirà a evitare ai ragazzi la pena capitale. Nel romanzo la vera arringa dell’avvocato difensore viene riprodotta fedelmente. La deposizione (Einaudi), di Pascale Robert-Diard, tira le fila di un delitto del 1977, quando la ventottenne ereditiera Agnès Le Roux, figlia del proprietario di un grande casinò di Nizza, scompare nel fine settimana di Ognissanti senza mai più dare traccia di sé. Della sua scomparsa e della sua morte con occultamento del cadavere viene accusato e dichiarato responsabile l’avvocato Maurice Agnelet, amante della ragazza. Ma ci vorranno quasi quarant’anni e la deposizione di un figlio (un uomo da troppo tempo in lotta con se stesso per la verità) contro suo padre ormai quasi ottantenne a chiudere definitivamente il caso.
Nessun assassino da scoprire, quindi, i colpevoli ci sono già, sono noti e dietro le sbarre al tempo in cui i libri vengono scritti, e i loro nomi compaiono già nelle primissime pagine di questi due romanzi. Al lettore quindi viene proposto un percorso à rebours, una maieutica dell’atto criminale, attraverso la ricostruzione dei fatti e lo svolgimento della fase giudiziaria, ma anche delle sue ripercussioni sull’ambiente circostante: l’inquadratura non è solo stretta sulle vittime e sui carnefici, ma si allarga sulle loro famiglie, sulle comunità di cui fanno parte, sul ruolo dei media all’interno delle vicende. Sono due libri, un repêchages e una novità, diversi. Per foliazione e modalità di racconto: quasi 600 pagine uno, con uno stile asciutto che si dilata in un passo cadenzato; poco più di 120 l’altro, con un racconto serrato e frenetico, che mette insieme quasi quarant’anni di indagini e processi col ritmo incalzante dei migliori racconti seriali. Per gli anni in cui sono stati pubblicati per la prima volta: 1956 il primo, 2016 il secondo, ponendosi quindi come due estremi al cui centro risplende ancora A sangue freddo di Capote, ineguagliato capolavoro del genere. Per tipo di vicenda raccontata, per l’epoca e il luogo in cui si sono consumati i delitti: la Chicago universitaria prima della Grande Depressione; la Costa Azzurra con le atmosfere e gli ambienti del Ballard di Supercannes o di Cocaine Nights. Infine, per il tempo necessario a chiudere definitivamente i processi: un unico processo per gli assassini di Chicago, tre processi e trentasette anni di tormento per tutte le persone coinvolte nel caso Le Roux.