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King Kong, un panda da salvare

Kong: Skull Island, ultimo episodio di un classico intramontabile, rivela come sono mutati dagli anni Trenta a oggi valori e paure della società.

di Francesco Longo

I mostri dell’immaginario sono ciò che resta in vita dei miti classici. I mostri accompagnano tutte le civiltà, aiutano le comunità a fornirsi un’identità e a rinsaldarsi. Tra vampiri, golem, alieni, fantasmi e robot spicca la figura della Grande Scimmia, prima letteraria – da Edgar Allan Poe a Edgar Rice Burroughs – poi cinematografica. King Kong è una bestia dalla sacralità enigmatica che torna ciclicamente nelle sale. Il primo King Kong, del 1933, è un classico studiato in tutte le università del mondo e su cui sono stati scritti saggi illuminanti sui lati oscuri della modernità. Lo scimmione è ricomparso spesso: nel 1976 nel film di John Guillermin (e nel 1986 nel seguito King Kong 2) e l’ultima volta nel 2005, nel film di Peter Jackson, King Kong. Il 9 marzo esce nelle sale una nuova pellicola, Kong: Skull Island di Jordan Vogt-Roberts, che torna a indagare quel mito.

King Kong È il 1973 quando un satellite scopre un’isola mai mappata prima, «un posto in cui mito e scienza si incontrano», spiega uno dei personaggi agli altri, riluttanti davanti all’idea di esplorare una natura probabilmente torrida, infestata di zanzare, batteri, e altri pericoli. Per esplorare l’isola sconosciuta si prepara una missione di scienziati accompagnati da soldati reduci dalla guerra in Vietnam (sempre il Vietnam cinematografico fatto di rock ‘n roll, cinismo, e bische a Saigon). Presto gli elicotteri fendono un muro di tempeste che circonda l’isola e la sorvolano: è un paradiso preistorico nel Pacifico. Li accoglie Kong. Una creatura imponente, «inconcepibile», «una scimmia grossa come un palazzo», che stritola gli elicotteri come aeroplanini di carta. Kong si presenta come pura devastazione senza razionalità. Il colonnello che guida il drappello, interpretato da Samuel L. Jackson, decide di vendicare le perdite umane: vuole uccidere Kong.

Rispetto al Kong del 1933 qui nessuno desidera portare la scimmia lontano dalla sua isola. Alcuni desiderano crivellarlo di colpi, altri cercano semplicemente di abbandonare l’isola e sopravvivere al mostro. Si scopre che Kong non vive da solo. È l’ultimo superstite di una famiglia di scimmioni in lotta contro altri animali mostruosi, giganteschi e primitivi, che strisciano nel sottosuolo. Kong: Skull Island è segnato dal successo dell’estetica di Jurassic Park e racconta come è cambiato dagli anni Trenta a oggi il rapporto tra cultura e natura. Il King Kong del 1933 minaccia New York, sale sull’Empire State Building incombendo sulla città. Nel King Kong del 1976 di John Guillermin, lo scimmione, prelevato dall’isola, porta ancora la devastazione a New York. Distrugge i binari della metropolitana, solleva i vagoni e li butta via, passeggia per Manhattan con Jessica Lange in mano mentre l’esercito si prepara ad abbatterlo, e alla fine, sempre con Jessica Lange in abito da sera tra le dita, scala una delle due Torri Gemelle fino in cima. Sulla terrazza, benedetto dalla luna piena, appare il vero e unico re della metropoli. La scena oggi risulta profetica, non più immaginabile e tragicamente evocativa.

La biografia di King Kong al cinema rivela come mutano negli anni valori e paure della società. In Kong: Skull Island lo scimmione è sempre minaccioso e romantico, resta un tenebroso dal cuore tenero, continua a battersi il petto, grugnire, e a fare gli occhioni dolci quando vede la bionda di turno (in questo ultimo film è Brie Larson, premio Oscar per Room). Ma è privato dell’esperienza urbana, non ci sono più le mitiche scene girate a New York. Oggi la natura è buona e la civiltà umana cattiva? Il paesaggio incontaminato è sempre più sacro, i grattacieli invece sono diventati simboli della grande economia e delle banche. Ad attaccare i simboli dell’Occidente basta il terrorismo internazionale, non servono più le creature di fantasia. Le Torri Gemelle sono crollate, abbattute dalla Storia, e né King Kong né i supereroi sono arrivati in tempo per salvare nessuno.

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È bastato meno di un secolo per ribaltare il paradigma: ambientalismo, ecologia, cibi biologici, campagne contro il consumo della carne e tanto global warming hanno lasciato segni profondi anche nell’immaginario collettivo. Brie Larson, la nuova Jessica Lange, nelle interviste per promuovere il film dichiara: «Perché non girare un film enorme, bello e in 3D che pone domande importanti come, per esempio, proteggere la natura e chi è vulnerabile? Sono tutti temi che mi stanno a cuore». Più che difendere la civiltà (la città) la è prioritario difendere la natura.

Più la società occidentale perde il contatto con la natura, più la considera sacra e temibile, inviolabile e spaventosa, da venerare più dell’umanità stessa. Kong: Skull Island sembra dire che è più pericoloso devastare la natura che trovarsi davanti uno scimmione: e così Kong non è più la minaccia che si aggira nella più famosa metropoli del mondo, ma è l’ultimo gigantesco panda da proteggere.

Skull Island, l’isola dove regna Kong, come tutte le isole, è anche l’isola ideale, l’isola dell’utopia, l’isola che non c’è. È infatti un’isola fuori dalle rotte, come tutte quelle che popolano l’immaginario, da quella di Daniel Defoe in cui naufraga Robinson Crusoe, a quella del tesoro segreto, di Robert Louis Stevenson. L’isola resta sempre il luogo più adatto dove proiettare esotismo e avventure. Capita poi molto spesso che le isole – come in questo caso – siano abitate da mostri, lo scoprì già Gordon Pym, raccontato da Edgar Allan Poe, che approdava su un’isola di misteriosi indigeni neri, e lo sapeva H.G. Wells descrivendo abitanti mostruosi in L’isola del dottor Moreau: «Moreau mi aveva informato che la popolazione dell’isola era composta da sessanta di quelle strane creature, senza tener conto delle mostruosità più piccole che vivevano sottoterra e non avevano forma umana».

Il nuovo Kong è un filmaccio adrenalinico di pura azione – è la squadra che ha prodotto Godzilla – ma è anche la voce malinconica che intona un canto di nostalgia della natura. Il cinema ama King Kong e King Kong ama il cinema. Ogni volta che nel suo palmo colossale solleva una donna in pericolo lo spettatore è davanti alla quintessenza del cinema, immagini che citano altre citazioni, il terrore tramutato in spettacolo, il mito antico resuscitato per la nostra epoca.

 

Immagini Getty.