Attualità

Essere McLuhan oggi

Il nuovo Link in libreria: parlare dello studioso canadese con fantasia, rispetto e lontano dai cliché

di Pietro Minto

A cent’anni dalla sua nascita, Marshall McLuhan, lo studioso che ha rivoluzionato per sempre il dibattito sui media, corre il rischio-Bacio. Le sue frasi più celebri, i suoi aforismi e le immagini da lui suggerite («Il medium è il messaggio», «Il villaggio globale» popolato da «uomini tribali») hanno una carica tale da venire tirati in ballo più del necessario, e raramente con dovizia. Il rischio-Bacio prevede che, prima o poi, i suoi pensieri possano finire nei fogliettini degli ominimi, sdolcinatissimi cioccolatini, come un apostrofo tra un Victor Hugo e un Federico Moccia. L’abuso di McLuhan è dietro all’angolo, per tutti, anche perché gran parte dei suoi pensieri furono espressi in un linguaggio che univa la lingua degli slogan pubblicitari a quella degli antichi oracoli. Interpretarlo è facile, quasi inevitabile. Capirlo, sempre più difficile.

Da qui il timore diffuso che, con la scusa del centennale dalla sua nascita, una nuova orda di comunicatori in erba torni a molestare Understanding Media e a ripetere il mantra: «Pazzesco, aveva previsto tutto!» – un evergreen noioso tipo Ob-La-Di, Ob-La-Da. Consci del pericolo, abbiamo sfogliato il nuovo numero di Link Mono (spin-off monografico del semestrale Link – Idee per la Televisione) tutto dedicato all’autore de La Galassia Gutenberg, un po’ incrociando le dita, un po’ avendo fede sulle capacità del team della rivista edita da RTI. Appurato che il rischio-Bacio era stato più che sventato, ne abbiamo parlato col direttore Fabio Guarnaccia, che ha subito dettato la linea: «È stato un lavoro lungo, abbiamo voluto rendere giustizia a McLuhan, andando direttamente ai testi e non svicolando dalla complessità del personaggio».

Così nelle prime pagine del volume compare una serie di promesse che la rivista fa ai suoi lettori: evitare alcuni cliché come la frase “guru dei nuovi media e del web” o il noto cameo del canadese in Io e Annie di Woody Allen (nel quale lo studioso impersona se stesso, spilungone e rigido come te lo immagini). E poi, ancora, di non unirsi alla discussione tra apocalittici e integrati, di «non fermarsi all’ipse dixit». A 100 anni dalla sua nascita e a 31 dalla sua morte, l’obiettivo è uno solo, spiega Guarnaccia: «Non trattare McLuhan come un profeta, anche se utilizzava forme linguistiche simili». Andare oltre senza per forza bocciarlo o santificarlo. Ricordarsi che odiava scrivere e gran parte dei suoi libri furono dettati ai suoi assistenti, cosa che gli permetteva di usare un linguaggio insolito per un saggio e di darsi ai paradossi.

Il suo era un linguaggio pubblicitario buono per la réclame di un formaggino, ma applicato alla speculazione scientifica, prova di come la sua passione per il linguaggio pop abbia preceduto lo studio dei media. Non è stato né guru né profeta: era un professore di letteratura inglese innamorato di James Joyce ed Ezra Pound (due autori noti per aver giocato non poco con la lingua), un uomo polveroso che detestava la tv e allo stesso tempo arrivò a sconvolgere il dibattito sui mezzi di comunicazione di massa. McLuhan, precisa Guarnaccia, «diceva di ritenere inutile opporsi alla trasformazione indotta dai media: bisognava invece accettarla e capirla».

Ma a che serve un libro (l’ennesimo libro su McLuhan) nel centenario della sua nascita? A poco. Proprio per questo, Link Mono è un ottimo prodotto. Perché non è né una monografia né un’antologia dedicata a. È un collage di cose, dal saggio al fumetto (quest’ultimo firmato da Tuono Pettinato), dalle finte pubblicità al giornalismo tout court. Sembra più la parodia di una rivista specializzata («Abbiamo voluto utilizzare l’ironia, la stessa ironia che si trova negli scritti di McLuhan») in cui gli autori si sono divertiti a riempire di indizi ogni singola pagina. Questi “indizi” sono spesso nascosti ma riportano tutti al lavoro del canadese.

Alcuni esempi: la copertina termosensibile, che se riscaldata mostra un’immagine diversa dal tetro faccione di McLuhan – e non si tratta di un mero giochetto grafico-editoriale ma di «un modo per giocare con la teoria della temperatura dei media». O il gioco a incastro dei vari inserti.  Sfogliare il volume è infatti un viaggio tra fogli volanti di ogni dimensione: immagini, disegni e ritagli di giornale. Ed è anche un altro omaggio alla carriera del canadese e al suo lavoro con Quentin Fiore, grafico editoriale con cui curò un rivoluzionario numero della rivista Aspen, ricco di fotomontaggi e altri prodotti all’avanguardia per l’epoca (1967). «Volevamo insomma che il numero non fosse semplicemente un’analisi del suo pensiero ma una messa a fuoco del personaggio,creando un prodotto dove il contenuto e grafica fossero collegati. Lui stesso, d’altronde, oltre a studiare i media ne faceva un largo uso», conclude il giornalista.

Link Mono – Marshall McLuhan è un prodotto pensato per chi conosce già il bizzarro mediologo e ne ha piene le tasche del ritornello geek che lo dipinge come “il guru del web”. McLuhan è stato di più ed è stato di meno: è una figura enigmatica. Da cattolico conservatore, per esempio, concesse una lunga e bellissima intervista a Playboy nel marzo 1969, che trovate tradotto nel volume con tanto di paginone centrale vecchio stile.

A metà tra un’antologia di saggi e un divertissment, l’albo è un ottima risorsa per chi vuole approfondire i molti aspetti controversi e poco noti di questo inestricabile spilungone senza sentirsi ripetere che “il medium è il messaggio” — qualunque cosa voglia poi dire.