Attualità

Un pomeriggio con Bill Maher

Come ci si sente a fare da cavia al comico più politicamente scorretto d'America.

di Anna Momigliano

Bill Maher Performs At The Orleans In Las VegasQuando la coda rallenta, le due nonnine davanti a noi cominciano a sbuffare: «Avremmo fatto meglio ad andare a vedere “Ok il prezzo è giusto”». Una è minuta, asiatica, indossa una visiera da tennista, l’altra, alta e rubiconda, ha le unghie laccate d’oro. Volevano «vedere uno show», raccontano, come se uno valesse l’altro. Non è questo il pubblico che mi sarei aspettata per uno dei comici più caustici e politicamente scorretti – d’élite, avrei detto io, dalla mia prospettiva europea – degli Stati Uniti.

È un pomeriggio di metà agosto e sono in fila, negli studi della Cbs a Los Angeles, per assistere ad alcuni monologhi di Bill Maher, il conduttore della popolare trasmissione satirica Real Time, il liberal convinto che divide l’umanità in due categorie – da un lato le persone dotate di cervello, dall’altro i repubblicani – odiato da metà della sinistra americana per le sue spietate invettive contro la religione in genere e l’Islam in particolare, e amato, forse per la stessa ragione, dall’altra metà.

Una guardia giurata obesa, seduta davanti a una confezione enorme di mini-Twix, ci confisca i telefoni. Capisco troppo tardi che i cioccolatini sono per noi – in cambio dello smartphone, per addolcire il sequestro – e resto a bocca asciutta, mentre il mio compagno, le due nonnine e l’amica texana che ci ha procurato i biglietti sgranocchiano con gusto le loro barrette.

Tecnicamente, siamo una “test audience”, Maher proverà alcune battute davanti a noi (conto una quarantina di persone) per poi decidere, in base alla reazione del pubblico, quali inserire nella prossima puntata. Ci accoglie nello studio un uomo di mezza età in shorts, è l’autore principale dei testi, quindi se non ridiamo è il suo culo che rischia di saltare, dice. Mi mette a disagio l’idea che una mia risata, insieme a quella di qualche decina di persone, possa avere una qualche influenza su una delle trasmissioni di satira politica più seguite (Real Time with Bill Maher ha raggiunto picchi di quasi un milione e mezzo di spettatori, seppure non abbia mai ottenuto gli audience da capogiro del Daily Show di Jon Stewart). Cosa ne capisco io di politica americana? So che Hillary Clinton comincia ad arrancare nei sondaggi, che tra i democratici sta diventando sempre più popolare Bernie Sanders, il senatore del Vermont che una volta si è definito «socialista», e che tra i Repubblicani è in testa Donald Trump. So anche che Bill Maher sostiene Hillary, seppure la trovi antipatica, che nel 2012 il comico aveva donato un milione di dollari alla campagna di Barack Obama e che non intende ripetere il bel gesto a favore di Clinton: «Quei soldi mi servono, vivo in California», ci dirà da lì a poco. Ma, a parte questo, temo di non potere cogliere i riferimenti, mi sento la persona sbagliata al posto sbagliato.

Bill Maher Performs At The Orleans In Las Vegas

L’addetto alla sicurezza annuncia che è stata ritrovata una tessera assicurativa del Québec, la giovane donna cui appartiene diventa paonazza e poi, finalmente, Bill Maher entra in scena. Tutti applaudono, qualcuno fischia, si sentono un paio di yu-hoo. Le vecchine che prima avrebbero voluto andare a vedere “Ok il prezzo è giusto” (in effetti si gira nello studio a fianco), adesso sembrano molto contente. Il suo monologo, molto più lungo di quello che andrà in onda, è concentrato su i due temi politici della settimana: i problemi dei repubblicani con l’elettorato femminile e i problemi di Hillary Clinton con l’elettorato tout court. «Solo una cosa potrebbe salvare Hillary a questo punto: Bill dovrebbe avere un’amante. Seriamente, sapete quando Hillary ha goduto del più alto indice di popolarità? Nel 1998, l’anno di Monica Lewinsky. Mi spiace, Hillary, ma l’unico modo per vincere le elezioni è farti umiliare da tuo marito». Tutti ridono, lui lancia un’occhiata al tizio con gli shorts, è chiaro che la battuta andrà in onda. A distanza di qualche giorno, mi farà uno strano effetto vederla ripresa da qualche sito d’informazione. Ai repubblicani, Maher ha riservato un manualetto illustrato su come interagire con «gli elettori che, sorprendentemente, non hanno un pene»: lo mostra al pubblico, ricorda un libro di educazione sessuale per l’età prescolare e s’intitola “Quelle creature misteriose che non sono uomini”. Qualche giorno prima, durante un dibattito televisivo, Trump aveva sollevato un gran polverone accusando una giornalista di Fox News che gli aveva posto una domanda scomoda di avere il ciclo.

Mi sorprende un po’ riuscire a cogliere i riferimenti all’attualità. Mi era già capitato di vedere Bill Maher dal vivo tanto tempo fa, nel Duemila, un gruppo di amici mi aveva convinto ad andare con loro ad assistere a un monologo teatrale a Filadelfia, dove frequentavo l’università: non ci capii un’acca, così presi e me ne andai. Per le successive 24 ore diventai un’eroina per i miei compagni che stavano a sinistra di Ralph Nader («Hai fatto bene, è un porco razzista!»), mentre gli altri cominciarono a guardarmi storto («Pure tu con la fissa del politicamente corretto?»): erano tutti convinti la mia fosse una protesta contro l’offensiveness, o presunta tale, del comico.

Tutti ridono, lui lancia un’occhiata al tizio con gli shorts, è chiaro che la battuta andrà in onda

Bill Maher è, nel bene e nel male, un’icona del politicamente scorretto. Per alcuni, un simbolo di arroganza impenitente, per altri una spia d’allarme contro una certa ipersensibilità tipica della sinistra americana, un anticorpo contro la convinzione diffusa che essere protetti dalle opinioni altrui che potrebbero metterci a disagio sia un diritto. A scanso di equivoci, Maher è uno che colpisce spesso sotto la cintura, dice cose del tipo: «In fondo cani e bambini ritardati sono la stessa cosa: sono amorevoli, gentili e non fanno progressi mentali». Tra il 1993 e il 2002 ha condotto un programma intitolato proprio Politically Incorrect, andato in onda prima su Comedy Central e poi su Abc. Il commento sui ragazzini ritardati risale a quella trasmissione, che vantava Arianna Huffington tra gli autori e Christopher Hitchens tra gli ospiti. Ma fu un’altra battuta a costargli il posto. Il 17 settembre del 2001, a meno di una settimana dalla strage delle Torri Gemelle, Maher dedicò una puntata all’attentato. Come ospite in studio invitò Dinesh D’souza, un pundit conservatore relativamente sconosciuto a quei tempi, destinato a diventare uno dei più noti volti mediatici della destra evangelica nella prima metà degli anni Dieci, salvo poi cadere in disgrazia per una faccenda di finanziamenti illeciti al Partito repubblicano. In quell’occasione D’souza commentò: «Sentiamo spesso che gli attentatori erano dei codardi. Ma siamo stati noi i codardi, quando lanciamo missili a duemila miglia di distanza. Quanto al rimanere su un aereo mentre lo si schianta contro un edificio, si possono dire molte cose, ma non che sia stato un atto codardo». Maher rispose: «Hai ragione», e l’Abc decise di non rinnovargli il contratto.

Bill Maher Performs At The Orleans In Las Vegas

Quella fu la fine di Politically Incorrect, ma non di Bill Maher. Nel 2003 il comico fu chiamato dall’Hbo, che in quanto premium pay tv aveva meno vincoli sui contenuti controversi, e nacque Real Time with Bill Maher, che va in onda ancora oggi (su Hbo, appunto, nonostante sia registrato negli studi della Cbs). Negli ultimi tempi il programma, tra i cui ospiti ricorrenti figura Salman Rushdie, ha fatto parlare di sé soprattutto per gli attacchi frontali di Maher contro l’Islam, definita «l’unica religione che agisce come la mafia, ammazzandoti se dici la cosa sbagliata, disegni la vignetta sbagliata o scrivi il libro sbagliato». Sull’argomento, Maher ha litigato, ripetutamente, con Reza Aslan, lo studioso di religioni di origine iraniana che recentemente è diventato il volto dell’Islam moderato nei media americani, Rula Jebreal, la commentatrice politica italo-israeliana di Msnbc, e persino la stella di Hollywood Ben Affleck: finiti su YouTube, molti di questi animati botta-e-risposta si sono trasformati in tormentoni mediatici la cui eco è andata ben oltre la consueta portata di Real Time.

Quando, nel 2014, l’università di Berkeley lo ha invitato a tenere il discorso per la cerimonia di laurea, alcuni studenti lanciarono una petizione online per chiedere di revocare l’invito: raccolsero oltre quattromila firme, ma l’ateneo non tornò sui suoi passi; del resto avevano deciso di chiamare Maher per commemorare il cinquantesimo anniversario Free Speech Movement, la massiccia ondata di proteste degli studenti a favore della libertà di parola. Ai tempi della petizione di Berkeley, fu proprio il suo nemico (e ospite frequente) Reza Aslan a difendere Maher: «Ha una visione semplicista e amatoriale della religione e dell’Islam, ma non è un razzista», dichiarò all’Huffington Post.

Forse la potenza di Bill Maher sta proprio in questo, nel riuscire a mettere in difficoltà anche chi, in fondo, la pensa come lui

La posizione ufficiale del comico è che «tutte le religioni sono stupide, ma in questo secolo il caso vuole che l’Islam sia quella più pericolosa e violenta». Nel 2008 Maher ha prodotto un documentario satirico, Religiolus, uscito in Italia col titolo Vedere per credere, che attaccava frontalmente l’idea stessa di religione. Il filmato, potete vederlo su YouTube, dura più di un’ora e mezza, soltanto negli ultimi quindici minuti si parla di Islam. Con uno stile che ricorda quello di Michael Moore, Religiolus si regge su una satira più grossolana, e banale, se confrontata con gli show televisivi di Maher: il mondo è pieno di cialtroni che vogliono spillarci soldi e di fanatici che vogliono ammazzarci, questo il succo. Non sono solo gli estremisti il problema. Anche le persone «moderatamente religiose» sono colpevoli, «favoreggiatrici, come le mogli dei mafiosi».

Negli studi della Cbs, il monologo di prova di Bill Maher sta per finire. Ci saluta proprio con una battuta sull’Islam: «Per la serie “nuove regole di cui tenere conto”: se certa gente ti vuole ammazzare solo perché hai disegnato una vignetta che non gli piace, la nostra cultura non è soltanto diversa, è migliore». Ridono tutti, rido anch’io, credo, o forse sorrido e basta. C’è qualcosa che mi disturba in questo genere di umorismo, qualcosa che urta la mia antipatia innata per qualsiasi senso di superiorità, eppure una parte di me è messa a disagio dal mio stesso imbarazzo, perché nel profondo so che c’è del vero in quello che ha detto. Forse la potenza di Bill Maher sta proprio in questo, nel riuscire a mettere in difficoltà anche chi, in fondo, la pensa come lui.

Bill Maher Performs At The Orleans In Las Vegas

 

Foto di Ethan Millery (Getty)