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Il Brasile cambierà la legge che permette agli indigeni di uccidere i bambini?

Alcune tribù di indigeni in Brasile praticano l’infanticidio. E, per quanto strano possa sembrare, la legge brasiliana permette loro di farlo. Adesso però il Paese sudamericano sta discutendo un disegno di legge che, se approvato, potrebbe mettere questa pratica fuorilegge. Il dibattito è molto acceso, e rimanda a questioni come l’universalità dei diritti umani (e del diritto alla vita), il rapporto complesso dello Stato brasiliano con le popolazioni indigene, e in particolare l’autonomia delle tribù più isolate che vivono nella Foresta Amazzonica, la sostenibilità del loro stile di vita e il relativismo culturale. La giornalista Cleuci de Oliveira ci ha scritto un interessante approfondimento per Foreign PolicyVa detto però che il tema riguarda soltanto una minoranza delle tribù brasiliane: secondo la stima di Foreign Policy, soltanto 20 gruppi su circa trecento lo praticano: tra questi ci sono gli Yanomamö e i Suruwaha.

Come si è arrivati a questo punto? A un punto in cui lo stato brasiliano permette ad alcuni loro cittadini di uccidere i loro figli? Per capirlo bisogna partire dal fatto che l’infanticidio è una pratica piuttosto comune nelle società dei cacciatori e raccoglitori (le società molto primitive che, in soldoni, vivono come vivevano i nostri antenati prima della rivoluzione del Neolitico): a volte serve per controllare la popolazione (e dunque evitare che superi quanto l’ambiente offra per sostenerlo), molto più spesso si tratta di eliminare neonati o bambini deboli e malati che, nella foresta, morirebbero comunque. Nel 1973 il Brasile ha varato uno statuto che regola i rapporti con le popolazioni indigene, stabilendo che gli indigeni sono sottoposti alla legge nazionale in misura diversa a seconda del livello di integrazione delle loro tribù nella società. Questo significa che le tribù isolate, che vivono in modo autonomo (spesso nel cuore della Foresta Amazzonica) senza contatti o quasi col mondo esterno, non sono sottoposte alle leggi nazionali tout court. Uno dei risultati è che sono liberi anche di praticare l’infanticidio.

brasile amazzonia

Com’è facile intuire, questa situazione non convince tutti. Infatti alcuni attivisti dei diritti umani, aiutati da dei missionari, hanno lanciato da diversi anni una campagna per rendere l’uccisione di neonati e bambini illegale per tutti. Il risultato di questa campagna è la cosiddetta “legge di Muwaji”, che prende il nome di una donna indigena che si rifiutò di uccidere il figlio disabile tredici anni fa. La “legge di Muwaji” è stata approvata alla Camera dei deputati nel 2015 e ora è in discussione al Senato. I suoi sostenitori dicono di avere la Costituzione dalla loro parte. Vero, la nuova costituzione del Paese, approvata nel 1988, ribadisce il diritto delle popolazioni indigene di mantenere i propri costumi e leggi. Però la stessa costituzione sancisce anche il diritto universale alla vita, fanno notare.

L’Associazione di antropologia brasiliana ha criticato questa proposta di legge, sostenendo che si tratta di un modo per demonizzare le culture indigene. La critica sembra più che altro basata su ragioni storiche: in passato gli occidentali hanno utilizzato le pratiche barbare, o presunte tali, degli indigeni per distruggere le loro vite e le loro culture. Oltre al retaggio storico, com’è facile intuire, la battaglia degli antropologi brasiliani parte anche da un approccio di relativismo culturale: se lo Stato brasiliano accetta che gli indigeni (e più precisamente gli indigeni che continuano a vivere isolati) hanno diritto al loro stile di vita, allora bisogna anche accettare che la loro cultura (cioè: la cultura di alcune tribù) contempla l’infanticidio. Però a questo si aggiunge una considerazione anche di natura pratica: le tribù isolate, cioè quelle che non devono rispondere alla legge nazionale, hanno uno stile di vita durissimo, appunto da cacciatori e raccoglitori, in mezzo alla foresta, si nutrono di caccia e di frutta raccolta, senza medicine moderne. In queste condizioni, i bambini disabili difficilmente hanno una possibilità di sopravvivere. Dunque è possibile chiedere loro di mettere fine alla pratica dell’infanticidio, ma aspettarsi che continuino a mantenere uno stile di vita da cacciatori e raccoglitori? Se la “legge di Muwaji” passerà al Senato, forse questo porterà all’apertura di un dibattito più ampio sulla compatibilità tra l’indipendenza delle tribù isolate e i diritti umani.

 

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