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05:05 giovedì 25 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Voyeurismo da bowling

O del perché non si può trasmettere un documentario sui furries senza dare un giudizio implicito

10 Ottobre 2011

Fino a non troppo tempo fa la parola fanboy poteva essere usata come sinonimo di “fan ossessivo di una persona o un prodotto”. (Varianti accettabili: “fissato senza vita”, “l’uomo dei fumetti dei Simpson”, “donna che scrive fanfiction sui Tokio Hotel e discute su chi interpreti la parte passiva”, “la puntata di CSI sui furry“). Oggi, invece, può capitare che qualcuno dica «sono fiero di essere un fanboy», col sorriso stampato in faccia. Un po’ come quando una parte del movimento femminista ha cominciato a usare la parola bitch: se tu rivendichi un insulto, gli togli potere.

Detto ciò, se tu sei un regista, e stai facendo un documentario su un gruppo di furry, e riesci a girare una scena dove i furry giocano a bowling in costume, o sei un genio della persuasione o sei uscito di casa col preciso intento di beccarli nel secondo momento più imbarazzante possibile.

Fanboy Confessional è una serie di documentari andati in onda sulla rete TV canadese Space, specializzata in fantascienza e horror. La struttura è semplice: sei episodi di mezz’ora, ognuno dedicato a una cultura di minoranza, con alcuni personaggi usati come “guide” all’interno di quel mondo. (Ad esempio, la puntata dedicata al cosplay segue due gruppi di ragazze che si preparano a partecipare a una convention.)  A detta del regista, la rete aveva messo in chiaro fin da subito di non essere interessata a una galleria di macchiette, ma a uno sguardo allegro e informativo. E infatti da ogni singolo episodio si trae una morale del tipo “coltivare una passione ossessiva fa di te una persona migliore, perché ti porta a conoscere gente nuova e a stare meno tempo davanti alla TV”. (La morale è reiterata dal 90% degli intervistati, comprensibilmente stufi di essere sfottuti dai servizi dei TG.)

Se volete, però, Fanboy Confessional è un ottimo esempio di cosa succede quando un autore decide di confrontarsi con una cultura estranea. Per ottenere l’ingresso in posti dove tutti si considerano trattati alla stregua dei peggiori freak, tu regista devi entrare tenendo le mani alzate sopra la testa; devi promettere un ritratto “equilibrato e positivo” di quello che stai per trovarti davanti, anche se, in tutta onestà, tu non sai cosa stai per trovarti davanti; devi passare più tempo possibile con le persone che filmi, ottenere la loro fiducia, farli sentire a proprio agio. Poi, arrivato in sala di montaggio, puoi sempre decidere di distruggerli. Nessuno te lo impedisce. Qui, invece, il regista ha scelto La Luce. E la voce fuori campo ripete, ecco, vedete? Vedete questi mono-maniaci come sono carini e normali? Vedete quanto si divertono?

Sì, lo vedo che si divertono. Ma nel frattempo, in maniera semi-involontaria, Fanboy Confessional stabilisce una graduatoria tra i grossi fan di qualcosa, mettendo in scena sei tipi-base molto diversi tra loro. E questi tipi sono:

1. il fanboy che trasforma la mono-mania in un lavoro produttivo e gratificante, come l’illustratore “Ghoulish” Gary Pullin;

2. il fanboy che dal suo hobby non si mette in tasca niente, ma si applica per rendere più piacevole il mondo in cui vive, come gli appassionati di steampunk che si organizzano la casa in stile post-vittoriano e vanno in giro su biciclette customizzate;

3. il fanboy che tiene distinte la sfera lavoro/studio e la sfera ludica, come i LARPer, amanti dei giochi di ruolo dal vivo, che di solito ci danno dentro durante il fine settimana (ma fanno pure i workshop per arrivare più allenati);

4. il fanboy che sacrifica tempo/denaro/energia in nome della causa, come Thea Munster, madre della prima Zombie Walk, che tuttora non guadagna un centesimo da una manifestazione che è cresciuta a dismisura, e anzi, solo per coprire le spese-base si deve fare un culo così, organizzando attività come lo zombie car wash;

5. il fanboy che vive tutto come una missione in prima persona, non importa quando agli altri possa sembrare pericolosa o estrema (i real life superheroes, principi del vigilantismo mascherato);

6. i furry.

Già poco propensi a fare da ciceroni per i curiosi, i furry si sono chiusi a riccio negli ultimi dieci anni: a parte CSI, c’è stato il reportage di Vanity Fair, Pleasures of the Fur, e un documentario della serie MTV Sex2K. (Entrambe cose da cui la loro cultura usciva maluccio. Eufemismo.) Perciò buona parte dell’episodio dà aria alle lagnanze. In effetti, poverini: da un lato sono l’ultra-nicchia che quasi tutte le altre trovano ridicola, dall’altro tendono a dipingere se stessi come una razza ingiustamente perseguitata. (Esiste il sostantivo fursecution.) E nel momento in cui mi fai vedere un gruppo di furry che giocano a bowling in costume, mi stai dicendo che nella loro città viene tutto vissuto come un’innocua stravaganza. Ma nel momento in cui mi fai vedere la camera da letto di una donna adulta, e quella camera è piena di auto-ritratti in cui lei si disegna come una volpe rosa shocking con delle gran tette, stai dando un giudizio eccome: stai solo scaricando su di me la responsabilità.

Tra parentesi, i cinque minuti di furry bowling sono l’unico spezzone del documentario che circola allegramente. Se provi a caricare una puntata su YouTube, ti arriva una mail gentilissima dal regista, che ti chiede di rimuovere tutto – altrimenti va in fumo la possibilità di vendere i diritti alla TV americana. (Nel frattempo Morgan Spurlock, quello di Super Size Me, è andato a girare un documentario al Comic-Con. Auguri.) Quindi un reportage super-positivo e ottimista non se lo fila nessuno (io l’ho trovato qui, fate voi), mentre la puntata di CSI sui furry continua a essere replicata in tutto il mondo, con i reaction shot allucinati della poliziotta bionda e l’attore inquietante di Mulholland Drive che ti fa il discorso sulla libertà sessuale oggigiorno. D’altra parte, questo è un documentario canadese farcito di buone intenzioni, e quella puntata l’ha scritta Jerry Stahl.

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