L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s
Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
A pochi minuti dalla pubblicazione, è immediatamente finito su tutti i social e sulle principali testate internazionali il video dell’arresto di Luigi Mangione. Si tratta di un montaggio di alcuni passaggi dell’operazione di polizia, non del filmato integrale. Il video è ripreso dalla bodycam di uno dei due agenti che lo hanno fermato in un McDonald’s di New York il 20 settembre dello scorso anno, come riportato dalla Bbc. Le immagini, mostrate in aula pochi giorni fa nel processo, documentano l’ingresso degli agenti in borghese nel locale, l’identificazione del giovane e il momento dell’arresto. Il filmato è stato pubblicato dalla magistratura dopo una richiesta di accesso agli atti da parte di diversi media statunitensi.
Nel filmato si vede un McDonald’s affollato, con clienti in fila e personale al bancone. I due agenti entrano, si avvicinano a Mangione, gli rivolgono poche parole e gli comunicano l’arresto. Nelle immagini si vede Mangione che non reagisce, alza le mani e si lascia ammanettare mentre alcuni presenti si allontanano. L’audio registra scambi brevi: la comunicazione del nome, la richiesta dei documenti, Mangione che fornisce false generalità (Mark Rosario), i poliziotti che gli chiedono di vedere un documento d’identità e che lo invitano a seguirli verso l’uscita. L’intervento dura pochi minuti e mantiene un tono “procedurale”, in linea con la prima ricostruzione fornita dalla polizia su tempi e modalità della cattura. La difesa punta a usare il video e i dettagli delle testimonianze per contestare la legittimità di parte degli atti e ottenere l’esclusione di alcuni elementi probatori, riducendo le prove che l’accusa può presentare davanti alla giuria.
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Secondo gli avvocati di Mangione, infatti, i poliziotti non avrebbero letto correttamente i diritti costituzionali del loro assistito prima di procedere all’arresto, i cosiddetti Miranda Rights, una formula che tutti abbiamo sentito almeno una volta al cinema o in tv: «You have the right to remain silent. Anything you say can and will be used against you in a court of law» etc. Nella procedura penale statunitense, una parziale o scorretta esposizione dei Miranda rights a una persona che viene arrestata può portare a delle serie conseguenze in fase di indagine o di processo. La più grave di questa è l’impossibilità, per l’accusa, di usare nel processo tutto quello che il sospettato/imputato ha detto negli interrogatori fatti mentre era in arresto. È proprio questo il risultato che la difesa di Mangione spera di ottenere e, se ci riuscisse, l’impianto accusatorio verrebbe fortemente indebolito.
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