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22:09 lunedì 14 luglio 2025
L’annuncio dell’arrivo a Venezia di Emily in Paris lo ha dato Luca Zaia Il Presidente della Regione Veneto ha bruciato Netflix sul tempo con un post su Instagram, confermando che “Emily in Venice” verrà girato ad agosto in Laguna.
Ancora una volta, l’attore Stellan Skarsgård ha voluto ricordare il fatto che Ingmar Bergman era un ammiratore di Hitler «È l’unica persona che conosco ad aver pianto quando è morto Hitler», ha detto. Non è la prima volta che Skarsgård racconta questo lato del regista.
Superman non ha salvato solo la Terra ma anche Warner Bros. La performance al botteghino dell'Uomo d'acciaio è stata migliore delle aspettative, salvando lo studio dalla crisi nera del 2024. 
Cosa si dice del nuovo sequel di Trainspotting, Men in Love Pare sia molto lungo, abbastanza nostalgico e con dei passaggi notevoli in cui Irvine Welsh si dimostra ancora in forma.
I Talebani hanno fatto un assurdo video promozionale per invitare i turisti americani a fare le vacanze in Afghanistan Il video con la sua surreale ironia su ostaggi rapiti e kalashnikov, mira a proporre il paese come meta di un “turismo avventuroso”.
Justin Bieber ha pubblicato un nuovo album senza dire niente a nessuno Si intitola Swag e arriva, a sorpresa, quattro anni dopo il suo ultimo disco, anni segnati da scandali e momenti difficili.
Damon Albarn ha ammesso che la guerra del Britpop alla fine l’hanno vinta gli Oasis Il frontman dei Blur concede la vittoria agli storici rivali ai fratelli Gallagher nell’estate della loro reunion.
La nuova stagione di Scrubs si farà e ci sarà anche la reunion del cast originale Se ne parlava da tempo ma ora è ufficiale: nuova stagione in produzione, con il ritorno del trio di protagonisti.

Valentino e l’artificio di una sfilata

Lo show concepito da Pierpaolo Piccioli e Nick Knight è stato uno degli esperimenti più riusciti delle fashion week in formato digitale.

29 Luglio 2020

Mentre eravamo ancora in quarantena, l’eventualità delle fashion week digitali ha evidentemente forzato alcune interessanti riflessioni all’interno delle strategie dei marchi, che hanno portato agli esperimenti che abbiamo visto svolgersi nelle ultime settimane. Se Londra ha faticato più del solito a ritagliarsi uno spazio, i calendari di Parigi e Milano hanno invece offerto alcune prove molto convincenti, sebbene i risultati generali almeno un dubbio l’hanno chiarito, e cioè che le sfilate dal vivo sono decisamente difficili da sostituire. Stando a quanto riporta Business of Fashion, i risultati in fatto di engagement, come si chiama oggi la risposta a un contenuto sui social che misura il successo o l’insuccesso di tale contenuto, sono stati infatti piuttosto fiacchi per entrambe le manifestazioni, tolte alcune eccezioni.

Nonostante le risorse, le collaborazioni, i nuovi format, la maggior parte dei marchi ha registrato un calo significativo del proprio engagement rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, faticando così ad arrivare a un pubblico più ampio. Significa che in questi anni abbiamo tutti sbagliato a interrogarci sulla presunta fine di questo tipo di eventi? Non proprio, considerando come anche chi ha sfilato in presenza (Jacquemus e Dolce & Gabbana, ad esempio), tra polemiche e distanziamento sociale, non ha ottenuto lo stesso ritorno d’immagine di una “normale” settimana della moda. C’era poca voglia di seguire le cose di moda in un momento in cui una parte di mondo cerca di scrollarsi di dosso una pandemia e l’altra la combatte ancora attivamente? Può darsi. Quello che, semmai, le sfilate digitali hanno confermato è quanto sarà difficile, d’ora in poi, conquistarsi quello spazio di rilevanza mediatica e quanti fattori la costituiscono oggi, a patto che si decida di inseguirla.

 

È interessante, allora, guardare alle poche eccezioni, com’è stata la collezione di haute couture per l’Autunno Inverno 2020-2021 di Valentino, che sempre secondo Bof «ha ottenuto prestazioni migliori rispetto alla media complessiva della stagione, indicando che una presentazione avvincente può ancora avere un impatto, anche se è limitata al mondo digitale». La performance, intitolata Of Grace and Light, era il frutto di un dialogo avviato nei mesi di lockdown tra il direttore creativo Pierpaolo Piccioli e il fotografo, videomaker e vero precursore del digitale nella moda Nick Knight. Nel loro caso, l’impossibilità fisica a succedere ha stimolato alcune notevoli riflessioni sull’abito, che si sono incontrate e scontrate – il “sentimentalismo” di Piccioli, come lo chiama lui stesso, e la “freddezza”, forse meglio la precisione, dello sguardo digitale di Knight [su Rivista Studio alcune immagini e un video di backstage esclusivi, nda].

Le silhouette allungate all’inverosimile, che hanno dimostrato ancora una volta la capacità di Piccioli di portare all’estremo le capacità tecniche del suo atelier e le possibilità che l’alta moda può offrire a chi sa maneggiarla, raccontavano bene di quell’impossibilità: si trattava infatti di «abiti in cui è impossibile camminare», come ha spiegato lo stesso direttore creativo in varie interviste. Allo stesso tempo, riportavano al centro della discussione almeno due elementi fondamentali: quello della tecnologia come ispirazione e principio d’azione, e non solo come mezzo – non è casuale fosse coinvolto Knight, che con Alexander McQueen ha molto lavorato sull’innesto tra tecnologico e umano – e quello della moda come pura bellezza, puro escapismo, motore dimenticato di quella parte dell’industria, com’è la couture, che non ha niente di contemporaneo. Non è inclusiva, non è democratica, non si può leggere con gli occhiali del presente senza fraintenderla, eppure Piccioli e Knight hanno dimostrato che si può goderne lo stesso, una cosa che nel clima culturale di oggi è un mezzo miracolo.

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