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16:27 sabato 22 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.

Alessandro Michele è sempre Alessandro Michele, anche da Valentino

Era il debutto più atteso della stagione e il direttore creativo ha fatto quello che sa fare meglio: sé stesso.

30 Settembre 2024

Mentre raccontava la sua collezione ai giornalisti dopo lo show, Alessandro Michele ha detto di essere entrato nella «casa di Valentino» consapevole del fatto che fosse piena di «cose difficili da approcciare, preziose ma fragilissime» e che il suo compito fosse quello di prendersene cura. Proprio per quel motivo, la sfilata si è svolta in una sorta di magazzino/salone dove tutto era stato ricoperto da grandi teli bianchi, come succede durante un trasloco. I pavimenti, che hanno catturato subito l’attenzione degli utenti durante lo streaming, riproducevano l’effetto degli specchi rotti (un’installazione dell’artista italiano Alfredo Pirri), alla faccia della scaramanzia, così come il rumore dei vetri rotti si sentiva nel teaser della sfilata stessa, intitolata “Pavillon des Folies”.

Le lenzuola bianche ricoprivano sedie di varie fogge, ma anche tavolini, scale, sgabelli e pouf: tutto quello che si trova in una casa in cui è appena andato via qualcuno, e sta arrivando qualcun altro. «Non ho tanto trovato l’azienda, l’ufficio, ma un luogo che era più intimo, scelto da una persona per viverci», ha detto Michele, che ha parlato a lungo del legame che lo unisce al fondatore della Maison che oggi guida. Un legame che si fonda su una particolarità: entrambi vivono la moda, e tutti gli oggetti che ci stanno dentro, come un prolungamento di sé stessi, e della loro vita. «Valentino è un marchio in cui la vita del fondatore è incollata a ogni vestito», una sensazione che Michele racconta di aver provato chiaramente tutte le volte che ha visitato l’archivio dove, soffermandosi abbastanza, era possibile rievocare tutte le persone, gli eventi, i sentimenti che l’avevano attraversato.

Valentino Primavera Estate 2025. Photo courtesy of Valentino

Ad accompagnare l’incedere lento dei modelli c’era un brano particolare, “Passacaglia della vita”, un anonimo risalente alla fine del XII secolo – «Non sappiamo con certezza chi l’abbia scritta, e dove, e perché» ha spiegato Michele, che di questi misteri è grande collezionista – la cui strofa principale ci ricorda che «bisogna morire», parole che nella versione di Valentino si trasformano in «bisogna gioire» (qui il testo integrale). Parole ottimistiche che sono ripetute con troppa bizzarra insistenza per poter essere prese alla lettera, un po’ come tutto quello che Michele fa. Più che un inno alla vita in sé, “Pavillon des Folies” è allora forse più un auspicio, un invito ad accettare il fatto che la vita è breve («finitudine», la chiama il direttore creativo) e a viverla pienamente: un augurio, un nuovo inizio, una speranza e a suo modo una profezia di quelle si spera si avverino. È anche una dichiarazione d’intenti («Per me era importante fissare il timbro») per iniziare a delineare i contorni di un suo universo dentro questa grande casa affollata di oggetti, vestiti, ricordi, quadri anche ingombranti.

Anziché togliere, Michele però aggiunge, come gli è usuale, e chi oggi discute della troppa somiglianza della collezione con la passata esperienza da Gucci, dovrebbe prima riconoscere che un autore come lui fa sempre sé stesso, perché dovrebbe fare il contrario? In “Pavillon des Folies” si attraversano tre decenni – gli anni Sessanta, gli anni Settanta e i primi anni Ottanta – in cui Michele ha cercato quello che più gli apparteneva di Valentino o, meglio ancora, tutto quello che a suo parere era stato dimenticato e accantonato perché non perfettamente aderente all’idea, spesso monolitica, che abbiamo costruito del marchio. «Sono andato a cercare quelle cose per cui ti senti dire “sei fai questo fa vecchio”» ha scherzato, riferendosi a cose come i pantaloni alla turca, i cappelli con le piume, le perle, «Ma non è vero: abbiamo incasellato Valentino in quest’immagine di eleganza e di chic, che è assolutamente vera, ma lui è stato anche un rivoluzionario, un eccentrico, un uomo che ha vissuto la sua omosessualità in maniera libera, coraggiosa, in un’epoca in cui non era facile. Come per Yves Saint Laurent, le sue rivoluzioni sono diventate istituzioni, e forse le abbiamo date per scontate».

Valentino Primavera Estate 2025. Photo courtesy of Valentino

Valentino Primavera Estate 2025. Photo courtesy of Valentino

È il punto di vista dissonante quello che più ci è mancato di Michele: quella capacità di affermare la propria visione estetica offrendo a chi legge, a chi ascolta, a chi maneggia quegli oggetti, una storia che può dipanarsi su tanti livelli. L’insistenza è voluta, così come la ripetitività, che per Michele sono, ancora di più che nel 2015 quando debuttò da Gucci, fondamentali in un momento che lui stesso definisce difficile, «dove regna un minimalismo che è non è neanche vero minimalismo, perché quello è un argomento complesso da affrontare. Mi sembra quasi che ci sia una paura di vivere». Non è un caso che la parte più interessante della collezione sia quella dove gli anni Ottanta, con il loro edonismo kitsch, prendono il sopravvento: che Michele, magari accompagnato da altre incursioni come quella di Anthony Vaccarello da Saint Laurent nella parte meno scontata dell’archivio del brand, possa finalmente innestare l’inversione di tendenza di cui la moda ha bisogno?

La monumentale collezione, come monumentale era la pre-collezione che in questi giorni arriva in esclusiva nello store di Parigi, si muoveva tra lunghi abiti a balze, mini-dress con fiocchi, cappelli, con e senza piume, pellicce, completi maschili che si portano con le ballerine, gioielli multi funzionali e tanti, tanti pois (su Instagram, @insidethemood ha fatto una splendida ricerca sulle ispirazioni). «Dedico tutti questi pois, che personalmente non ho mai amato, al mio adoratissimo Davide Renne (collega di Michele da Gucci e per un breve periodo direttore creativo di Moschino, scomparso nel novembre 2023). Nei tanti anni in cui abbiamo lavorato insieme ho sempre bocciato l’idea di usare i pois ogni volta che Davide me la proponeva, ora invece ho imparato ad amarli, mi piacciono, ho capito che possono essere tante cose». Il primo show è più un augurio, dicevamo, e oggi non siamo più nel 2015: la strada per il nuovo Valentino è lunga, ma fa bene sapere che s’inizia con questa voglia di innamorarsi di tutto quello che non ci è mai piaciuto, di quello che abbiamo ignorato, di non aver paura di essere démodé – «Io amo le cose démodé» – né di cambiare idea. Nessuno come Michele ci ha convinti che è possibile farlo.

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