Attualità

Un avamposto del pallone

Il calcio a Gibilterra: il 7 settembre debutta ufficialmente nelle qualificazioni Uefa la nazionale di calcio delle colonne d'Ercole. Un po' di storia, di controversie, di dati e di interviste.

di Emanuele Giulianelli

Nell’antichità il Mons Calpe era considerato l’estremo confine occidentale del mondo allora conosciuto. Una delle due famigerate colonne d’Ercole, sulla cui collocazione geografica tanto si è discusso ipotizzandone anche una coppia a oriente sul Mar Nero, era proprio la Rocca di Gibilterra, posta di fronte ad Abyla (oggi Ceuta), che chiude il Mediterraneo e spalanca le porte sull’Atlantico. Oggi Gibilterra è l’ultima frontiera del calcio europeo: geograficamente, ma anche e soprattutto a livello cronologico.

Nonostante la Gibraltar Football Association sia nata nel 1895, infatti, il suo riconoscimento ufficiale da parte degli organismi calcistici europei e la sua affiliazione all’UEFA risalgono al maggio 2013. Ci sono voluti decenni di guerre a colpi di carte bollate, contro la riluttanza da parte della Federazione spagnola, prima che Gibilterra entrasse ufficialmente a far parte della grande famiglia del calcio europeo: targa numero 54, come recita il logo federale rivisto e corretto per festeggiare l’evento di portata storica. Come storici sono i motivi che hanno portato a questo ritardo secolare. Nella primavera del 1713 si pose fine alla cosiddetta guerra di successione spagnola con la firma del Trattato di Utrecht: tra le tante conseguenze della ratifica c’era l’attribuzione della proprietà della Rocca di Gibilterra alla corona inglese in perpetuo. Proprio su queste parole si è basata, successivamente, la disputa tra Spagna e Regno Unito, poiché gli iberici non consideravano la cessione di proprietà assimilabile a una perdita di sovranità, continuando, perciò, a reclamarla. Ancora oggi, nonostante secoli di accordi, discussioni e posizioni politiche concilianti, compresa la prima visita ufficiale di un ministro spagnolo dall’atto della cessione nel 2009, il termine sovranità non viene volutamente discusso da entrambe le parti.

A Gibilterra dal 1895 si disputa regolarmente il campionato, la Gibraltar Premier Division e la nazionale ha preso parte, nel corso degli anni, alle più importanti competizioni riservate a compagini non ufficialmente riconosciute.

Gibilterra è comunque riconosciuta a livello internazionale come dipendenza d’oltremare del Regno Unito, e proprio i soldati inglesi portarono il calcio sulla Rocca alla fine del diciannovesimo secolo. E fino al 2013, come detto, il calcio gibilterriano non ha potuto partecipare a competizioni ufficiali. Questo non significa che non ci sia stata attività, nazionale e internazionale: a Gibilterra, infatti, dal 1895 si disputa regolarmente il campionato, la Gibraltar Premier Division e la nazionale ha preso parte, nel corso degli anni, alle più importanti competizioni riservate a compagini non ufficialmente riconosciute. Nel 1995 Gibilterra ospita la seconda edizione degli Island Games, riservati alle isole, e arriva in finale, perdendo per 1-0 contro l’Isola di Wight; nel 2007 arriva la conquista del trofeo, in finale contro Rodi. Il 24 maggio 2013, dopo una disputa iniziata nel 1999, arriva il pronunciamento del Congresso Uefa di Londra che ratifica l’ammissione di Gibilterra, con i soli voti contrari di Spagna e Bielorussia. Con trentamila abitanti Gibilterra diventa il più piccolo membro dell’associazione.

Jordan Perez è il portiere della nazionale gibilterriana; a 17 anni Jordan inizia a giocare con la maglia dei Lincoln Red Imps: il sogno che lo accompagna da allora e che ancora si porta dentro è quello di diventare un calciatore professionista. Nel frattempo lavora per tre anni come guardia carceraria e poi diventa pompiere. La sua vicenda spiega meglio di tanti trattati di storia o di politica internazionale quanto sia stato difficile per Gibilterra trovare il suo spazio nel calcio europeo: il portiere viene chiamato, nell’estate del 2009, ad allenarsi con i professionisti irlandesi dello Shamrock Rovers con la prospettiva di un ingaggio. L’occasione per mettersi in luce è un’amichevole di lusso contro il Real Madrid del nuovo acquisto Cristiano Ronaldo, al suo debutto con i blancos. Negli accordi del provino è stabilito che Perez disputi almeno 20’ dell’amichevole; ma la sera prima della partita l’allenatore gli comunica che non scenderà in campo: la motivazione ufficiale è che il Madrid non vuole che giochi un non professionista. Chiaramente il motivo è un altro: Jordan Perez è gibilterriano e affrontarlo in campo significherebbe riconoscere la sua nazionalità, in qualche modo legittimarlo. Il motivo per cui la Spagna ha osteggiato sempre Gibilterra nella sua battaglia calcistica è il timore che il placet alla loro partecipazioni alle competizioni europee potesse servire da precedente alle rivendicazioni simili dei Paesi Baschi.

Comunque sia andata, oggi Perez vanta 5 presenze ufficiali con Gibilterra e ha difeso i pali della sua Nazionale sin dalla prima partita disputata sotto la bandiera dell’Uefa il 19 novembre 2013 a Faro, in Portogallo, contro la Slovacchia. Il risultato sorprendente di 0-0 ottenuto in quell’occasione ha mostrato al continente intero come i giocatori della Rocca non fossero dei semplici volenterosi dopolavoristi ma dei calciatori pronti a vendere cara la pelle per il loro Paese. E indossando quella maglia hanno ottenuto già anche la prima vittoria, il 4 giugno quest’anno: sempre a Faro, Gibilterra ha superato per 1-0 Malta. Autore del gol che rimarrà negli annali di statistica è stato Kyle Casciaro, centrocampista classe 1977 in forza, come Perez, ai Lincoln Red Imps. «Quando ho visto Joseph Chipolina saltare in alto su un rilancio dei maltesi» racconta Kyle «sapevo che avrebbe conquistato il pallone: perciò sono scattato oltre la difesa per tirare al volo. Per me è stato un vero onore realizzare quel gol: risultati come quello ci sono d’aiuto per capire come affrontare squadre di livello e come mettere in atto i nostri piani tattici».

«Accettai l’incarico ponendo una condizione soltanto: i giocatori si sarebbero dovuti allenare come professionisti. Solo così il nostro gioco sarebbe potuto diventare a livello delle grandi squadre».

Le strategie di gioco di Gibilterra, che Jordan Perez descrive come un mix tra la tecnica spagnola e la concretezza inglese, sono in mano al commissario tecnico Allen Bula, nato sulla Rocca 49 anni fa: «Nel 2010 lavoravo in Slovacchia, al Kosice. La Federazione del mio Paese mi chiamò per chiedermi se me la sentissi di collaborare con loro, mantenendo entrambi gli incarichi. Devo ancora dire grazie alla dirigenza del Kosice che mi autorizzò a volare avanti e indietro per aiutare Gibilterra. Accettai l’incarico ponendo una condizione soltanto: i giocatori si sarebbero dovuti allenare come professionisti. Solo così il nostro gioco sarebbe potuto diventare a livello delle grandi squadre: volevo arrivare in Europa già pronto, non prepararmi una volta ammesso. E così è stato». Il 7 settembre Allen Bula avrà l’occasione di mostrare a tutti i risultati del lavoro svolto in questi anni: Gibilterra esordirà nelle qualificazioni a Euro 2016 affrontando la Polonia. Il girone D comprende anche Irlanda, Scozia, Georgia e, soprattutto, la Germania campione del mondo. «Sarà il coronamento della mia carriera» ha detto Jordan Perez. L’obiettivo di Bula nella sua campagna d’Europa è chiaro: «Un giorno dissi che voglio raggiungere gli spareggi tra le terze classificate. Non ho cambiato idea». Gli fa eco Perez che, anzi, alza l’asticella: «Vogliamo ottenere ciò che vogliono tutte le altre partecipanti alle qualificazioni: arrivare alla fase finale di Euro 2016. Devi sempre puntare in alto e avere fiducia nei tuoi compagni».

La possibilità per la nazionale di disputare match ufficiali non è il solo risultato figlio dell’ammissione nella Uefa: da quest’anno, infatti, le squadre di club di Gibilterra disputano la Champions League e l’Europa League. Il Lincoln Red Imps è uscito a testa alta dal primo turno preliminare della massima competizione continentale, pareggiando in casa 1-1 contro i faroesi dell’HB Tórshavn e perdendo per 5-2 al ritorno. Autore del primo gol in Champions di un club gibilterrino è stato Joseph Chipolina, già uomo-assist per Kyle Casciaro contro Malta. Avendo il Lincoln conquistato anche la Rock Cup, la coppa nazionale, l’unico posto in Europa League assegnato a Gibilterra è stato preso dai finalisti del College Cosmos, subito eliminati nel preliminare dal Vaduz, squadra del Liechtenstein.

«Il calcio a Gibilterra» spiega Allen Bula «sta cambiando molto rapidamente. C’è un notevole contributo che sta arrivando dai giocatori stranieri, alcuni dei quali di grosso calibro, che finalmente vengono a giocare nei nostri club, aggiungendo valore ai nostri talenti locali. Sono convinto che nel prossimo futuro il campionato di Gibilterra diventerà davvero competitivo». La struttura della competizione nazionale è semplice: la Premier League è disputata da 8 squadre, la Division 2 da 12. Esistono anche il campionato riservato alle riserve e quello femminile.

Il livello è ancora non professionistico, ma la situazione sta molto cambiando anche in questo senso da un anno a questa parte. Dall’ammissione nella Uefa, i club hanno deciso di non lasciare più liberi i giocatori una volta a settimana per gli allenamenti con la nazionale: la prospettiva di poter arrivare in Champions League o in Europa League è attraente e, quindi, le squadre tengono i giocatori ad allenarsi 7 giorni su 7. “«In un certo senso» continua Bula «questa decisione ha ostacolato il mio lavoro di selezionatore per la Nazionale, già non semplice visto che ho il più piccolo bacino d’Europa in cui pescare: ai club ora va tutta l’attenzione nel mantenere i giocatori in forma e nella prevenzione degli infortuni».

Il nuovo Europa Point Stadium, capace di 10000 posti, sarà pronto per il 2016: nel frattempo Gibilterra disputerà le partite delle qualificazioni europee in Portogallo, all’Estadio Algarve di Faro.

Il prossimo passo, per Gibilterra, sarà inevitabilmente il professionismo: per coltivare le forti ambizioni, inusuali per una nazionale appena affacciatasi sul grande palcoscenico e rappresentativa di un popolo di trentamila persone, il campionato deve attirare sempre più giocatori importanti che alzino il tasso tecnico dei club e, di conseguenza, degli altri giocatori. Questo richiederà forti investimenti; ma a Gibilterra non hanno paura di puntare forte sul calcio: lo dimostrano gli sforzi messi in atto per costruire nel Paese uno stadio che possa ospitare partite secondo i regolamenti Uefa. Il glorioso Victoria Stadium, infatti, che sorge vicino all’aeroporto, può ospitare solo 5000 persone, mentre lo standard richiesto è di 8000. Il nuovo Europa Point Stadium, capace di 10000 posti, sarà pronto per il 2016: nel frattempo Gibilterra disputerà le partite delle qualificazioni europee in Portogallo, all’Estadio Algarve di Faro.

«Giocare in Europa» dice ancora Bula «aiuterà lo sviluppo del calcio a Gibilterra. Ma senza una struttura di livello per giocatori delle nazionali di tutte le età non abbiamo possibilità di crescita futura. Dobbiamo urgentemente mettere in piedi un piano di 10 anni in cui l’allenatore della nazionale diventi supervisore della filosofia calcistica di tutte le nazionali e degli allenamenti». La ricetta c’è: per assaggiarla bisogna attendere il 7 settembre. Anche se per la portata principale c’è ancora tempo: il 14 novembre si va in Germania ad affrontare i Campioni del mondo.

 

Nell’immagine in evidenza, una veduta di Gibilterra. Luis Davilla/Cover/Getty Images