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21:34 lunedì 14 luglio 2025
L’annuncio dell’arrivo a Venezia di Emily in Paris lo ha dato Luca Zaia Il Presidente della Regione Veneto ha bruciato Netflix sul tempo con un post su Instagram, confermando che “Emily in Venice” verrà girato ad agosto in Laguna.
Ancora una volta, l’attore Stellan Skarsgård ha voluto ricordare il fatto che Ingmar Bergman era un ammiratore di Hitler «È l’unica persona che conosco ad aver pianto quando è morto Hitler», ha detto. Non è la prima volta che Skarsgård racconta questo lato del regista.
Superman non ha salvato solo la Terra ma anche Warner Bros. La performance al botteghino dell'Uomo d'acciaio è stata migliore delle aspettative, salvando lo studio dalla crisi nera del 2024. 
Cosa si dice del nuovo sequel di Trainspotting, Men in Love Pare sia molto lungo, abbastanza nostalgico e con dei passaggi notevoli in cui Irvine Welsh si dimostra ancora in forma.
I Talebani hanno fatto un assurdo video promozionale per invitare i turisti americani a fare le vacanze in Afghanistan Il video con la sua surreale ironia su ostaggi rapiti e kalashnikov, mira a proporre il paese come meta di un “turismo avventuroso”.
Justin Bieber ha pubblicato un nuovo album senza dire niente a nessuno Si intitola Swag e arriva, a sorpresa, quattro anni dopo il suo ultimo disco, anni segnati da scandali e momenti difficili.
Damon Albarn ha ammesso che la guerra del Britpop alla fine l’hanno vinta gli Oasis Il frontman dei Blur concede la vittoria agli storici rivali ai fratelli Gallagher nell’estate della loro reunion.
La nuova stagione di Scrubs si farà e ci sarà anche la reunion del cast originale Se ne parlava da tempo ma ora è ufficiale: nuova stagione in produzione, con il ritorno del trio di protagonisti.

Non è più come prima

TRAPPIST-1, i pianeti extra-solari abitabili e le altre entusiasmanti scoperte: come cambierebbe la nostra percezione della realtà se sapessimo di non essere soli?

23 Febbraio 2017

“Niente sarà più come prima” e “Dove sono tutti?” sono queste due frasi-mantra ad essermi venute in mente all’annuncio della scoperta del sistema di pianeti intorno alla stella TRAPPIST-1. Ovvero: quello che si è ripetuto dopo l’Undici settembre per settimane, mesi, anni, che riguardava il modo “nuovo” in cui le persone, o gli occidentali, avrebbero da quel momento percepito il mondo; e il cosiddetto Paradosso di Fermi che condensa con una battuta tutti i dubbi sulle possibilità di vita biologica e civiltà nell’universo: se queste civiltà esistono, perché non si sono mai manifestate?

È un momento di grande entusiasmo per le ricerche spaziali e cosmologiche. Un’epoca paragonabile soltanto a quello della corsa allo spazio, che corrisponde ovviamente all’aumentato grado di conoscenza tecnologica, ma forse anche a uno spirito diverso, meno terreno. Si fa sempre più strada, anche nelle menti più razionali, l’idea che non sappiamo abbastanza, che ci sia qualcosa sopra le nostre teste – l’eternamente simbolico cielo – che ignoriamo. Quella forma di dogmatismo scientifico con cui siamo stati educati, che si potrebbe riassumere in “le cose stanno così”, si sta vagamente erodendo e per paradosso proprio grazie all’impulso esplorativo della scienza. Solo negli ultimi mesi siamo venuti a conoscenza di teorie e scoperte vertiginose che hanno molto a che fare con la nostra limitata percezione della realtà. La teoria dell’universo olografico, il cosiddetto “simulation argument”, la megastruttura stellare, e i sempre più frequenti pianeti extra-solari avvistati qua e là nella galassia. Sarebbe consolante ovviamente mettere a sistema ogni intuizione, ma non siamo ancora a questo punto ed è come se oggi, anche solo rispetto a qualche anno fa, fossimo di fronte a un paesaggio in ci sono più zone d’ombra che di luce. Come se la ricerca scientifica ci desse in questo momento soltanto un maggior grado di consapevolezza che quello che non sappiamo è ancora enorme, troppo per sentirci tanto diversi da un uomo del Medioevo.

Quello che non sappiamo. Ma se, invece, sapessimo? È questa la speculazione che più mi suggestiona tutte le volte che una nuova scoperta irrompe sullo schermo del mio telefono. E ieri in particolare nel leggere quella che la Nasa ha definito «una scoperta record». Sette pianeti che orbitano intorno a una stella, di cui almeno tre nella fascia abitabile, pianeti che a quanto pare hanno una faccia sempre rivolta verso il loro sole e l’altra sempre al buio e il cui anno dura soltanto pochi giorni. L’ipotesi scontata è che, considerata la velocità a cui stiamo andando, è possibile, se non probabile, che nel giro di una o due generazioni scopriremo che, in effetti, esistono pianeti dove c’è vita o addirittura una civiltà. Poi ci vorrà del tempo, chissà quanto, per stabilire un contatto. Ma intanto potremo rispondere alla domanda che ci siamo sempre posti.

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In “Storie della tua vita” il racconto di Ted Chiang da cui è stato tratto Arrival, e che ho letto recentemente ispirato dalla visione del film, viene descritto lo scenario più umano e anche verosimile che mi sia capitato di leggere nell’ipotesi di un contatto. Una linguista riesce a stabilire una forma di comunicazione con una specie aliena. La sua vita ne esce profondamente cambiata, anche se tutto quello che vediamo ha le sembianze di una vita normale: interni borghesi, case di campagna, bambini che fanno i compiti, separazioni. Eppure qualcosa è cambiato. Radicalmente.

Ieri, davanti ai titoli dei siti, mi piaceva fermarmi con l’immaginazione ancora prima. Cosa succederebbe alle nostre vite, alla nostra percezione della realtà, se solo sapessimo senza stabilire alcun tipo di contatto che esiste una vita intelligente su un altro pianeta? Cambierebbe qualcosa? Quanto i nostri comportamenti individuali e collettivi ne uscirebbero modificati? Esiste nella storia della civiltà umana un evento paragonabile a questo? La scoperta dell’America o la confutazione definitiva della teoria della Terra piatta? Probabilmente continueremo a vivere nello stesso modo, a lavorare, a divertirci, ad amare, a deprimerci per gli stessi motivi; allo stesso tempo quell’idea come una presenza invisibile cambierebbe per sempre le strutture del pensiero e la nostra civiltà.

Foto Getty Images.
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