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Catalogo dei tipi da quarantena

I nostalgici, gli agambeniani, quelli che vogliono restare a casa anche dopo la fine del lockdown e gli altri: un tentativo di bilancio di due mesi difficili.

di Valeria Montebello

Foto Getty.

C’è chi si tuffa dalle scogliere e chi vuole stare tranquillo al sole a leggere un libro. Chi dopo quasi due mesi ai domiciliari venderebbe i figli per uscire e chi vuole restare a casa fino a settembre. Queste due macrocategorie umane, durante la quarantena, si sono moltiplicate in altre microcategorie. Nella giungla in cattività dei tipi da quarantena spiccano per insistenza gli epidemiologi da divano. Collezionano diagrammi e li spammano sui social e in tutti i gruppi Whatsapp. Fra un istogramma a barre contigue e l’altro aggiungono interpretazioni non richieste come “Nonostante la curva stia decrescendo è ancora presto, amici, per dichiararci salvi, faccina preoccupata + emoji pesca”, oppure “governo non dà i i numeri giusti”.

I sindacalisti da sedia Ikea sono alla ricerca dell’errore di battitura nel Dpcm da settimane. Per ogni cosa, dal prezzo delle mascherine ai termini usati da Conte, hanno voglia di scrivere thread sui loro social. Uno scroll di lamenti che inizia e finisce sempre con qualcosa di passivo-aggressivo tipo “Ma non voglio fare polemica eh”. La sottocategoria meno raffinata di questa rassegna poliziesca è quella degli sbirri da balcone che si appostano per scrivere sulla loro bacheca un romanzo rosa a puntate: il vicino è uscito da tre ore e ancora non è rientrato, dove sarà, dall’amante? Non si limitano a geolocalizzare dalla finestra, lo fanno anche sui social. Posti una foto dell’anno scorso al mare senza specificare il giorno in cui è stata scattata e ti arrivano una serie di messaggi di mamme che ti rimproverano per la tua irresponsabilità. Se sorridi fischiettando mentre vai a fare la spesa, invece di congratularsi per il tono del tuo umore, ti guardano male.

Hanno qualche punto di contatto con i patriottici, per cui la pandemia è diventata pretesto per esporre bandiere e cantare l’inno di Mameli tutti i giorni alla stessa ora. Giorno dopo giorno, però, sempre meno – è proprio difficile restare patriottici nel 2020. Per loro la quarantena è stata una trincea: hanno combattuto per difendere i valori della nazione contro un nemico invisibile. Ma anche contro la parte più oscura di loro stessi che gli suggeriva, ad ogni concerto dal balcone, di andare a panificare.

Nonostante ci siano ancora frange di popolo italiano penitente, sempre meno persone hanno intenzione di restare a casa durante la fase due. Solo i fan del rehab prevedono scenari con contagi di ritorno e si chiedono “Dove dobbiamo andare? A riprendere il virus? così rischiamo di fare un mese fuori e poi tornare dentro per altri tre, in un loop infinito”. Gli unicorni dotati di pensiero magico sono convinti che basti vedere una sola persona al giorno per non essere contagiati. Tanto esco solo a prendere il pacco e chiacchiero mezz’ora con il corriere, mi sposto un po’ la mascherina altrimenti non sente bene le mie teorie sul Covid19. Anche i nostalgici sono confusi dalle loro emozioni, gli manca la vita di prima ma pure la vita in quarantena che stanno per lasciare, gli manca già il pane fatto in casa ma anche essere palpati sulla metro, gli manca la parrucchiera ma non ci tengono a rimettersi addosso abiti con zip e bottoni.

I liberali nostrani la pensano come BoJo pre-terapia intensiva ma senza enfasi, sono la sua versione etica, quindi trovano altri modi per dichiarare che l’economia è l’unica cosa importante. Dopo aver restaurato tutti i loro profili social iniziando da Linkedin e Twitter (gli interessa solo il libero mercato, la frivolezza è bandita) portano avanti l’economia ordinando sex toys su Amazon che non useranno mai. I BoJo type, gli originali, quelli che dicono (dicevano?) “dovete imparare a perdere i vostri cari” come se dicessero “dovete imparare a mettere l’eyeliner senza sbavare”, sono yuppie over 40 che vogliono riaprire tutto dal secondo giorno. Anzi, niente doveva essere chiuso. È tutta un’esagerazione melodrammatica, il tasso di mortalità reale è diverso dal tasso di mortalità percepito, basta leggere i dati. E, di nuovo, muoiono solo gli over 60 quindi let’s party.

Ci sono poi gli ISTI, cioè complottisti e negazionisti che si meriterebbero di stare insieme, nello stesso appartamento. Ora che non possono complottare su scie chimiche, mozzarelle blu e Fedez rettiliano complottano sul virus da laboratorio. I più coraggiosi (rischiano il linciaggio) continuano a sostenere che è solo un’influenza. La sinistra kulturale non può accettare queste posizioni deliranti però bisogna pensare ai lavoratori del mondo dello spettacolo. È tutto un “Il teatro? la danza? l’arte? il cinema? L’industria culturale sta morendo e voi state lì a guardare. Assassini”. C’è un virus mortale ancora sconosciuto che sta uccidendo una generazione e mezza, il fatto che vi abbiano cancellato un booktour può essere superato.

Il lamento è universale. Nel girone dei lamentosi ci sono anche quelli che desiderano la donna d’altri: il piano di rientro spagnolo è perfetto, i cinesi sono dei geni, i coreani pure. Gli svedesi sono il popolo eletto, l’Europa del sud dovrebbe imparare come si sta al mondo da loro, lo dice il New York Times in un reportage di cinque pagine. Nessuno, però, si lamenta più dei leghisti della porta accanto: “Basta!!! Dobbiamo far cadere il governo!1!1”. Ci provano sempre, in piena estate come in piena pandemia. Anche se la terra fosse occupata dagli alieni ci proverebbero. Conta la perseveranza.

Conte o è il Re e tutto quello che dice è legge con coro di donne di tutte le età che spasimano per lui. O è Satana, un Conte Kim Jong. Le categorie più filosofiche del bestiario si fanno una guerra all’ultima citazione motivazionale. Da una parte ci sono gli agambeniani, quelli che si sentono costretti in uno stato di eccezione non sapendo nemmeno di cosa si tratti e traducono il pensiero del filosofo con frasi da millennial ubriachi “L’unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa”. Contro gli agambeninani lottano gli asceti sotto il segno della decrescita. Durante la quarantena hanno capito il senso della vita, gioiscono se gli animali si riprendono le città, vogliono restare a casa fino a gennaio “Tanto mollo il lavoro e vado a vendere braccialetti intrecciati in una spiaggia a Bora Bora”. Menzione speciale per gli olistici che contengono universi e hanno pensato almeno una volta tutte queste cose senza impazzire. Ma la vera domanda da farsi, qualsiasi cosa stiate pensando, dal setting per la prossima thirst trap all’idea di un appuntamento post reclusione, è: ci si può davvero fidare dei propri giudizi in quarantena?