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Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.

Se l’estate fosse un film sarebbe un horror come The Ring

Il film che ha terrorizzato una generazione è la rappresentazione perfetta di quell'inquietudine strisciante che caratterizza la stagione estiva.

08 Agosto 2024

Lungi da me inserirmi nella diatriba tra team inverno e team estate, ammetto che durante questa stagione mi si intensifica un costante senso di angoscia, la sensazione che debba accadere qualcosa di brutto. Mi piace moltissimo andare al mare e in piscina, organizzare le scarpinate in montagna; amo i vestiti leggeri, la frutta estiva, la panzanella con pomodoro, la controra con la Settimana Enigmistica in mano. Eppure, allo stesso tempo, mi vengono in mente scene del crimine, annegamenti, intossicazioni da monossido di carbonio. Mi sento come Margot Robbie nel film di Barbie, quando le viene da pensare alla morte nel bel mezzo di un party in cui tutti ballano e si divertono. Col tempo ho imparato che il modo migliore per tenere a bada i pensieri intrusivi estivi è prenderli di petto: è il momento migliore per organizzare visite alle catacombe o ai cimiteri monumentali, leggere i libri di Stephen King, guardare certi horror che non guardo di solito neanche ad Halloween.

Al primo posto nella mia personale versione dark de “I bellissimi di Rete 4”, c’è The Ring, quello uscito nel 2002 con protagonista Naomi Watts, a sua volta remake di un horror giapponese uscito nel 1998 (Ring, di Hideo Nakata), che ho visto per la prima volta in un cinema all’aperto. Erano i primi anni Duemila, ogni sera di luglio si andava agli eventi organizzati dalla Pro Loco del paesino; io e un gruppo di amici del liceo ci sedemmo sulle sedie di plastica, distribuite per tutta la piazza a mo’ di platea, piuttosto spensierati anche se eccitati dalla visione di quel film, che si era guadagnato la fama d’essere “il più pauroso di sempre”, detronizzando anche The Blair Witch Project uscito qualche anno prima. La famosa scena di Samara che esce dalla televisione rantolando e muovendosi in quel modo strano, coi lunghi capelli neri a coprirle la faccia, ci terrorizzò. Finito il film, ci alzammo e ci avviamo verso il chiosco dei mojito nel silenzio più assoluto, consapevoli che Samara aveva appena traumatizzato una generazione e anche la nostra estate, costellata da lì in poi di scherzi telefonici e messaggi in segreteria che recitavano la famosa frase «Tra sette giorni morirai».

L’estetica di The Ring, basata su tutte le tonalità del blu desaturate, è una specie di negativo fotografico di Midsommar, altro film horror sull’inquietudine estiva, che invece rende esplicita la crudeltà di una luce perenne che satura tutti i colori. Il film è metafora di emozioni nascoste, angosce profonde, paure recondite visualizzate sotto forma di spezzoni di immagini montate in sequenza su una videocassetta, ansia tecnologica pre Black Mirror. Quella famosa videocassetta maledetta, che se la vedi poi dopo sette giorni morirai, è in effetti un susseguirsi di presagi di morte, di natura in decomposizione: insetti brulicanti, capre zoppe, alberi che vanno a fuoco, mosche che camminano sullo schermo, sinistre apparizione negli specchi, scogliere battute dalle onde. E poi la scena madre, quella che sembra essere un’eclissi solare e invece scopriamo essere il pozzo che si richiude sopra Samara, buttata lì dentro dalla madre, che qualche anno dopo ricorderà il caso di cronaca di Sarah Scazzi, scomparsa a fine agosto e ritrovata dentro un pozzo. D’altronde è d’estate che si verifica il picco di delitti, come aveva certificato non so quale ricerca, è d’estate che si leggono sui giornali di certi incidenti scenografici in cui perdono la vita persone ignare del loro destino: di bambini dimenticati in auto, di persone folgorate durante temporali improvvisi, di annegamenti nei parchi acquatici.

Sempre d’estate: il delitto di via Poma, quello di Chiara Poggi, quello di Viviana Parisi, la mamma che era improvvisamente e inspiegabilmente fuggita in macchina col suo bambino, e poi sono stati ritrovati entrambi morti, sotto un pilone vicino Caronia, in Sicilia, lo stesso paese dove si verificavano le autocombustioni, forse aliene. Samara mi era parsa come l’incarnazione di questa maledizione stagionale e dunque non mi ero affatto stupita quando nel 2019 era tornata di moda sotto forma di “challenge”, con gli adolescenti che si travestivano come lei per spaventare qualche passante notturno, rischiando magari il linciaggio se scoperti. Samara che esce dallo schermo della tv e ci rientra via prank social, proiettando quella stessa luce blu tipica degli schermi, incarnazione di un’angoscia postmoderna latente, inafferrabile, che arriva di colpo nel bel mezzo di una notte estiva, il momento giusto tra l’altro, per essere rapiti dagli alieni.

Ognuno di noi ha un libro, una canzone, un film che associa all’estate. “Cose d’agosto” è una raccolta di articoli in cui le autrici e gli autori di Rivista Studio raccontano questo loro feticcio estivo, che sia intellettuale o smaccatamente pop.

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