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08:26 domenica 23 novembre 2025
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.
I farmaci dimagranti come l’Ozempic si starebbero dimostrando efficaci anche contro le dipendenze da alcol e droghe La ricerca è ancora agli inizi, ma sono già molti i medici che segnalano che questi farmaci stanno aiutando i pazienti anche contro le dipendenze.
Kevin Spacey ha raccontato di essere senza fissa dimora, di vivere in alberghi e Airbnb e che per guadagnare deve fare spettacoli nelle discoteche a Cipro L'ultima esibizione l'ha fatta nella discoteca Monte Caputo di Limisso, biglietto d'ingresso fino a 1200 euro.
Isabella Rossellini ha detto che oggi non è mai abbastanza vecchia per i ruoli da vecchia, dopo anni in cui le dicevano che non era abbastanza giovane per i ruoli da giovane In un reel su Instagram l'attrice ha ribadito ancora una volta che il cinema ha un grave problema con l'età delle donne. 
Da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, le donazioni per Gaza si sono quasi azzerate Diverse organizzazioni umanitarie, sia molto piccole che le più grandi, riportano cali del 30 per cento, anche del 50, in alcuni casi interruzioni totali.
Lorenzo Bertelli, il figlio di Miuccia Prada, sarà il nuovo presidente di Versace Lo ha rivelato nell'ultimo episodio del podcast di Bloomberg, Quello che i soldi non dicono.
Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.

Tanya Jones, storia di una stylist

12 Aprile 2011

Sei nata a Tel Aviv nel 1980. Di Tel Aviv ricordo i tramonti fumosi su l’orizzonte infuocato, le nuvole grigie stracciate dagli aerei militari di ritorno dalle missioni ai confini, elicotteri a volo rado sulle teste indifferenti di ragazzi e ragazze dai corpi perfetti, intenti a praticare qualche sport da spiaggia portato a un livello di sviluppo inimmaginabile. Ricordo anche l’afa soffocante, le ragazze col fucile a tracolla e lo zainetto di Winnie the Pooh. Durante il mio viaggio ho conosciuto diverse persone, ma nessun israeliano, quando ci ho provato sono stato trattato con una certa durezza.
Per questo ti intervisto, io di moda non so niente. Voglio imparare una storia e colmare un vuoto.
Mi fai vedere le foto della tua famiglia, la maggior parte le ha scattate tuo padre, si vedono pezzi della casa dove sei cresciuta a Jaffa, l’antico porto arabo sulle cui spiagge è sorta in poco più di un secolo Tel Aviv. Muri sbrecciati, piante rampicanti e una bambina bianca come la neve. Quando nomini tuo padre il tuo volto viene invaso da un senso di malinconica gioia, la bocca e gli occhi sorridono ma qualcosa impedisce loro di brillare.
Mi indichi una foto in cui siete travestiti e mi dici che era carnevale, ma ho l’impressione che per voi due fosse una cosa normale. Tua madre è una stilista, ha lavorato per decenni con Cavalli, tu sei una stylist, lavori nel suo stesso ambiente, ma è di tuo
padre che mi vuoi parlare. Avanti, allora. Mi dici che si chiama Tim, viene dalle midlands inglesi, che è protestante/non praticante, me lo dici per farmi capire che non si è trasferito in Israele per questioni religiose. Ti chiedo il perché e tu mi rispondi che dopo aver studiato sociologia a Londra ha sentito il bisogno di vivere un’esperienza comunitaria in un kibbutz.
Erano gli anni ’70 e come molti era un idealista. Nel kibbutz viveva con gli altri, lavorava i campi, condivideva il cibo con tutti nell’enorme sala da pranzo, camminava a piedi nudi senza mediazioni sulla terra che coltivava, si preoccupava degli altri, prendeva decisioni sulla loro vita nelle riunioni del kibbutz, i figli degli altri erano suoi.
Il suo kibbutz si chiamava Moshav Neviot, era a Nueiba, nella penisola del Sinai che a quei tempi, dopo la guerra dei sei giorni, era territorio israeliano. Il kibbutz, ovviamente, non esiste più. Ma allora era un posto ricco di vita e affamato di futuro. Fu a una festa organizzata al suo interno che i tuoi genitori si conobbero.
Tuo padre era stato accompagnato da una bionda che nel giro di qualche minuto si era dileguata. Rimasto solo, ha visto questa tipa dall’altro lato della stanza che indossava un afro rosso e gli faceva l’occhiolino. Non era ancora abituato alla spudoratezza delle donne israeliane, gli ci volle un’ora prima di decidersi a farsi avanti. Ma quando lo ha fatto tutto cambiò. La sera stessa lasciò il kibbutz e il deserto del Sinai e tornò a Tel Aviv con lei.
Ci pensi un attimo, poi mi dici ridendo che tua madre non stava ammiccando, aveva dimenticato gli occhiali e faceva fatica a vedere.
Nasciamo da eventi casuali, da incomprensioni, da atti di coraggio che vengono da lontano e si compiono proprio in quel momento. Accolgo con un sorriso il mito fondativo della tua famiglia, la sua grammatica rituale, ormai stabile e codificata (estratto dal numero 0 di Studio)

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