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La storia dimenticata del sugo futurista ispirato a Marinetti

01 Febbraio 2023

Tra le numerose e variegate contraddizioni della vita di Filippo Marinetti c’è quella di essere stato allo stesso tempo uno dei più accaniti odiatori della pasta mai esistiti e uno dei pochi uomini che possono vantarsi di avere un sugo per la pasta battezzato in loro onore. Come raccontato da Atlas Obscura (che ha pubblicato anche la ricetta originale e completa), nel 1932 la rivista culinaria La cucina italiana assegnò il premio di Migliore sugo per la pasta al sugo Marinetti, salsa a base di pomodoro, acciughe, carciofi, prosciutto e pistacchi frutto dell’inventiva culinaria di Amedeo Pettini, ex cuoco della famiglia reale, tra i più noti critici gastronomici dell’epoca e anche redattore della Cucina italiana, che per lo stupore di tutti decise di battezzare così la sua creazione. Forse lo fece perché tra i giurati che insignirono il sugo Marinetti del titolo di miglior condimento per la pasta c’era lo stesso Marinetti, che si presentò in ritardo rispetto all’inizio della competizione e pretese di assaggiare tutte le salse accompagnate da riso oppure zuppa (nonostante lo sponsor del concorso fosse un pastificio, il Puritas, che ai partecipanti forniva pure la pasta da condire), tanto si era appassionato alla sua crociata contro la pasta.

Marinetti aveva articolato questo suo odio per la pasta in uno scritto pubblicato nel dicembre del 1930 proprio su La cucina italiana: titolo, ovviamente, “Manifesto della cucina futurista”. Qui, il padre del futurismo descriveva la pasta come «un’assurda religione gastronomica italiana», arrivando a chiederne il divieto di produzione, commercializzazione e consumo. A quanto pare, Marinetti aveva maturato questa sua convinzione dopo aver parlato con un «professore napoletano molto intelligente», che gli aveva spiegato come quell’alimento fosse causa di problemi al pancreas e al fegato, oltre che responsabile di tutte le note mancanze del carattere italiano: «pigrizia, pessimismo, tendenza alla nostalgia e al neutralismo». Alla battaglia di Marinetti si unirono presto moltissimi artisti e intellettuali, entusiasmo forse dovuto anche alla consapevolezza del fatto che Mussolini stava cercando di cambiare le abitudini alimentari degli italiani in modo da affrancare il Paese dalle importazioni di grano. Nei piani del dittatore, gli italiani sarebbero dovuti diventare grandi consumatori di riso e dimenticarsi del tutto il grano.

Nonostante l’appoggio che la classe dirigente italiana dell’epoca diede alla crociata anti-pasta di Marinetti – l’editore e fondatore della Cucina italiana era Umberto Notari, giornalista, scrittore, amico di Marinetti e soprattutto uomo molto ricco – in molti inorridirono di fronte all’idea di eliminarla dalla dieta italiana. A L’Aquila, moltissime donne firmarono una lettera di protesta per «difendere l’onore della pasta». Il sindaco di Napoli disse pubblicamente che secondo lui «gli angeli in Paradiso mangiano soltanto vermicelli al pomodoro». La rivista La settimana modenese paragonò Marinetti e i suoi sodali futuristi alla pasta scotta: bolliti, insomma. Alla fine, la pasta è rimasta e il Futurismo è passato, forse anche a causa dell’alternativa proposta da Marinetti: nel suo mondo ideale, gli italiani avrebbero tratto tutti i necessari nutrienti dall’assunzione di pillole, occupando lo spazio prima preso dagli inutili tre pasti quotidiani con performance artistiche. Chi avesse voluto continuare a cucinare, avrebbe dovuto dedicarsi ai piatti degni dell’uomo nuovo futurista. Per esempio: salame cotto nel caffè e nell’acqua di colonia. Da consumare rigorosamente senza forchetta e coltello, altri oggetti dell’odio di Marinetti.

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