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18:43 lunedì 22 dicembre 2025
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.
Il ministero della Giustizia americano ha fatto prima sparire e poi ricomparire una foto di Trump con Epstein Il Department of Justice sostiene che tutto è stato fatto per «proteggere delle potenziali vittime di Epstein» ritratte nella foto.
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.

Sick of Myself, ammalarsi di se stessi

Il film di Kristoffer Borgli, in questi giorni al cinema, è una parabola che mescola dark humor e body horror per descrivere i mostri che siamo diventati.

13 Ottobre 2023

Quanto è diventato noioso sottolineare per la miliardesima volta quanto i social ci hanno reso egocentrici, narcisisti, egoisti, imbarazzanti, patetici e spietati? Tanto, tantissimo. Sarà anche per questo che il mezzo che riesce meglio a riflettere la nostra mostrificazione è il cinema. Non prediche, ma parabole. Show, don’t tell, si diceva una volta a chi voleva fare lo scrittore. Sick of Myself, una specie di versione norvegese, delirante, body horror e contemporanea di Time di Kim-Ki duk è un film del 2022 di Kristoffer Borgli, arrivato nei cinema italiani nello stesso periodo in cui su Mubi è arrivato il delizioso Rotting in the Sun di Sebastián Silva, che col film condivide sia le vibe satiriche e grottesche (comedy thriller, li chiamano: sono angoscianti ma fanno anche ridere) che la scelta di conferire a un medicinale il ruolo più importante del film: in Sick of Myself è il Lidexol, un ansiolitico russo che ha come controindicazione una misteriosa e gravissima malattia della pelle (per sponsorizzare il film gli è stato creato un finto sito, e un finto profilo Instagram) in Rotting in the Sun è il Pentobarbital, un veleno che invece esiste veramente e viene usato sia per il suicidio assistito che per la pena di morte.

Presentato in concorso nella sezione Un Certain Regard all’ultimo Festival del cinema di Cannes, Sick of Myself  è piaciuto così tanto agli americani che il nuovo film di Borgli, regista 38enne, sarà stato prodotto da Ari Aster, verrà distribuito da A24 e avrà come protagonista Nicolas Cage (si chiama Dream Scenario e nei cinema americani uscirà a novembre, da noi chissà). E in effetti Sick of Myself (Syk Pike, in originale norvegese) è un gioiello di regia, sceneggiatura e montaggio (tutti di Borgli, che ha iniziato con i video musicali). Ma sembra anche un prodotto creato apposta per circolare sui feed Instagram e TikTok delle sad girl: vedi l’immagine scelta per la comunicazione, con la protagonista che fuma su una sedia a rotelle, occhiali da sole, testa completamente bendata come se si fosse sottoposta a un’invasiva operazione di chirurgia estetica.

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Non è così: Signe (Kristine Kujath Thorp) ha una strana malattia che si è provocata da sola, assumendo un farmaco acquistato illegalmente che ha come effetto collaterale degli intensi e irreversibili sfoghi cutanei, soprattutto sul viso. Il perché di questo suo gesto apparentemente masochista è ciò che definisce la sua personalità, una personalità molto simile a quella del suo fidanzato Thomas, un artista visivo le cui opere d’arte sono fatte con mobili di design rubati. Se all’inizio del film la coppia appare sbilanciata, con Thomas che si gode il successo ottenuto grazie alle sue doti di scammer dell’arte contemporanea e Signe barista che vive nella sua ombra, riuscendo a rubare un po’ d’attenzione soltanto fingendosi gravemente allergica alla frutta secca, le cose presto cambiano. Dopo un po’ di tentativi semi-falliti di trovare il modo per emergere tra le loro conoscenze in comune – compreso il vantarsi di aver salvato la vita a una donna morsa da un cane – Signe capisce che forse quello che sa fare, quello in cui eccelle, è la malattia. Una scelta che, metaforicamente, apre una parentesi enorme: come succede su TikTok, dove molti adolescenti si auto-diagnosticano disturbi mentali (ne parlavamo qui), a chi vuole diventare famoso ma non sa fare niente non resta che stare male. Stare male pubblicamente e artisticamente.

Perché il piano funzioni alla perfezione, Signe decide di ammalarsi davvero ma di una malattia misteriosa, così da essere sicura di attirare l’attenzione non solo degli amici architetti e giornalisti ma di un pubblico decisamente più ampio. Il problema è che la malattia della pelle da lei selezionata, una malattia che sarebbe dovuta apparire esteticamente non troppo disturbante, anzi, perfino carina secondo i canoni estetici odierni, presto si trasforma in qualcosa di decisamente non fotogenico né instagrammabile. Tra le descrizioni body-horror dell’evolversi della malattia cutanea (qualcuno ha citato La mosca di Cronenberg) e l’acutissima, riuscitissima, super realistica satira del mondo dell’arte contemporanea e della moda (qui invece bisogna pensare a Östlund), che raggiunge l’apice nelle scene in cui Signe viene scelta per girare lo spot di Regardless, un brand inclusivo che sostiene di promuovere la diversity, emergono le scene in cui la protagonista, come ogni narcisista che si rispetti, fantastica su due cose: il suo funerale (mentre fa sesso con Thomas) e i suoi successi, da quando finisce sulla copertina di Dazed a quando il suo memoir, dal titolo Sick of Myself, diventa un bestseller.

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